I libri di storia insegnano: non solo la politica controlla il mondo più di quanto non facciano violenza o uso delle armi, ma sono in particolare i sotterfugi, i giochi di potere messi in atto nell’ombra, a decidere gli equilibri geopolitici di più Paesi. Alla luce del giorno strette di mano e falsi sorrisi, alle spalle lame e veleno – spesso sotto forma di parole sussurrate all’orecchio giusto, non sempre occorre sporcarsi le mani in prima persona. Tutto, insomma, pur di proteggere i propri cittadini… e soprattutto se stessi. The Council, il gioco sviluppato da Big Bad Wolf e pubblicato da Focus Home Interactive, esplora proprio queste dinamiche sul filo del rasoio, questi delicati rapporti che potrebbero portare all’ascesa e al declino di una nazione persino nel corso di una singola notte. Dall’ascesa di Telltale Games, al netto della produzione di titoli indimenticabili, si è sempre più ingigantita una crepa che infine ha portato al fallimento della società stessa: la carenza di gameplay e di conseguenza, nonostante la possibile varietà delle storie raccontate, una formula ripetitiva che di gioco in gioco ha lentamente perso il suo mordente.
L’esperienza risultava in un continuo rimbalzare da dialogo a dialogo, con ben poca azione nel mezzo e sempre demandata a una blanda esplorazione. Si può quasi azzardare che l’introduzione dell’avventura episodica abbia anzi impoverito quella punta e clicca nel suo complesso, semplificandola al limite dell’ingenuo: con una narrazione distribuita goccia dopo goccia e una serie di decisioni poste su binari molto rigidi che spesso deviavano appena solo per ricollegarsi alle conseguenze principali, è onesto ammettere che videogiochi del calibro di The Walking Dead, Tales of the Borderlands, Game of Thrones e altri siano associabili a visual novel un po’ più articolate che non ad avventure stimolanti e brillanti come i buoni vecchi Monkey Island o Grim Fandango, per citarne due molto famosi. Proprio qui entra in scena The Council, che si pone l’obiettivo di riprendere un senso di sfida divenuto meno influente nel tempo.
Affrontando la necessità di giochi d’avventura ben scritti e soprattutto strutturati con una certa complessità di fondo, The Council fa tutto tranne che prendere il giocatore per uno stupido: il suo delicato connubio di temi geopolitici seri, occultismo e una certa indulgenza verso la storia dell’arte si combinano per dare vita a un gioco che va a stuzzicare la vostra materia grigia, anziché lasciarla ammuffire. L’ambientazione è piuttosto particolare: è il tardo diciottesimo secolo, Louis De Richet e sua madre Sarah sono membri dell’Ordine Dorato, una società segreta i cui membri sono persone influenti provenienti da tutto il mondo, del quale vogliono guidare il destino. Sarah viene invitata da Lord Mortimer sulla sua isola per disquisire di un tema estremamente riservato, ma a un certo punto la donna scompare e toccherà a Louis recarsi sul posto per scoprire il motivo della sua sparizione e, se necessario, prendere parte al concilio che si riunirà di lì a poco. Questo costringe il giovane aristocratico nel mezzo di una cospirazione globale ordita con l’intento di plasmare la storia per come la conosciamo, mentre forze sconosciute tramano sullo sfondo. Un concept narrativo indubbiamente di portata elevata ma, data la raffinatezza con cui è costruito The Council, non si rivela fuori dalla portata degli sviluppatori.
Come Louis affronterà la delicata situazione dipende soltanto da voi. A differenza di altri titoli sullo stesso filone, The Council non è quell’esperienza à la TellTale descritta in precedenza, ci sono anche elementi RPG che anzitutto determinano la natura del protagonista: potete scegliere fra Diplomatico, Occultista e Detective, ciascuna delle quali avrà una forte influenza sia sulle vostre interazioni con gli altri personaggi sia sulle indagini vere e proprie, costellate di enigmi che potrebbero o meno rivelarsi a voi in base ai vostri talenti. La scelta conta molto, perché sebbene non vi sia precluso l’apprendimento di abilità non relative alla vostra classe, è però vero che il costo in punti abilità sarà maggiore rispetto invece ad attitudini più “naturali”. Un diplomatico sarà portato alla conoscenza della politica, dell’etichetta e delle altre lingue, oltre ad avere un talento nel deviare il discorso per convincere gli altri delle proprie opinioni; l’occultista d’altro canto predilige la manipolazione degli altri attraverso l’inganno e i sotterfugi, oltre a coltivare una passione per le scienze e naturalmente le arti oscure; infine, il detective si fa strada verso la verità usando nient’altro che la sua mente, ponendo dunque le giuste domande, psicanalizzando l’interlocutore, mettendolo alle strette con la sua ferrea logica senza però disdegnare una certa prestanza fisica – una via di mezzo, insomma, tra lo Sherlock Holmes di Benedict Cumberbatch e quello portato al cinema da Robert Downey Jr.
Il concept narrativo di The Council punta molto in alto
Le abilità possono essere acquisite in vari modi: avendo successo nelle conversazioni, risolvendo enigmi, trovando libri da cui apprendere e più in generale come saprete gestire determinate situazioni – nel bene quanto nel male. Salirete inoltre di livello nel corso del gioco, fattore che vi permetterà di ottenere ulteriori punti abilità. All’inizio le vostre conoscenze saranno limitate alla classe selezionata e di conseguenza potreste trovarvi precluse molte strade, ma progredendo nell’avventura avrete la possibilità di costruire meglio il vostro personaggio in base alle preferenze o alle sensazioni su quali talenti vi saranno più utili per proseguire: di fatto non si pone mai in essere uno squilibrio di forze, rendendo ogni scelta valida subito o nell’immediato futuro. Per esempio la mia decisione di ricadere sulla diplomazia mi ha permesso un maggiore successo nelle relazioni interpersonali ma ha di contro ostacolato la possibilità di raggirare individui meno inclini alla mia parlantina fluida, o ricavare dettagli importanti dall’analisi di determinati elementi di tipo scientifico/occulto. The Council sarà ben felice di rimarcare le occasioni perse, tuttavia non lasciatevi prendere dalla frustrazione perché per una porta sbarrata potrebbero aprirsene altre due dove e quando meno ve lo sareste aspettati.
Sfruttare le vostre abilità è di primaria importanza perché, al di là di qualche confronto minore con i servitori del maniero di Mortimer, i vostri principali avversari saranno personalità di un certo rilievo e quindi poco inclini a determinati raggiri: parliamo di un cardinale, Napoleone, George Washington, una nobildonna inglese, un cancelliere tedesco e diversi altri, ognuno con i propri segreti e la ferrea volontà a mantenerli tali. Fondamentale è la conoscenza di queste persone, soprattutto delle loro forze e debolezze che determineranno o meno il successo della vostre conversazioni: se la politica rappresenta una vera e propria immunità per un uomo come Napoleone, è ragionevole però supporre che un giovane comandante esperto della guerra abbia poca dimestichezza con l’etichetta e sia più propenso a cedere terreno di fronte a uno sfoggio che non gli è congeniale. Questo delicato equilibrio può rivelarsi ai vostri occhi in diverse forme, tra le quali è contemplato anche l’errore; se doveste cioè scegliere senza sapere una risposta che va a scontrarsi con l’immunità di un personaggio ne verrete messi a conoscenza e questo tratto verrà definitivamente sbloccato nelle scheda relativa. Oppure potreste consumare un determinato oggetto per garantirvi un vantaggio temporaneo, o ancora indagare tramite documenti e conversazioni con gli altri ospiti per essere pronti a ogni evenienza. The Council lascia ben poco al caso, mettendovi di fronte a situazioni di reale incertezza se non siete in possesso delle dovute informazioni e spingendovi a correre un rischio che potrebbe avere un’equa possibilità di successo o fallimento.
Gestire i rapporti interpersonali è estremamente importante perché determinano quanto gli altri personaggi siano disposti ad aiutarvi e di conseguenza ampliano il vostro ventaglio di possibilità, ma anche perché è facilissimo deteriorarli. Qualunque conversazione di rilievo diventerà un Confronto, ovvero una sfida all’ultima battuta nel corso della quale – a seconda dell’interlocutore – avrete un numero esiguo di sbagli a disposizione: se avete giocato a Life is Strange: Before the Storm riconoscerete in questi momenti una versione più seria della Sfide d’Insolenza che hanno spesso visto Chloe protagonista. La posta in gioco e la quantità variabile di errori rendono i Confronti situazioni di pura tensione durante le quali potreste trovarvi sul filo del rasoio, migliorando un sistema di conversazione già di per sé più interessante rispetto ad altri proposti in altrettanti giochi. Non è raro trovarsi a pianificare ogni singola risposta dopo essere rimasti a corto di possibilità, oltretutto la somiglianza fra loro di alcune scelte complica ulteriormente la vostra scelta; non pensate infatti che ci sia sempre una risposta alla quale affidarsi in toto, le sfumature sono molteplici e si faranno più insidiose se non avete un quadro completo dell’interlocutore, ma è pur vero che non sarete lasciati allo sbaraglio nei vostri dilemmi.
Le capacità di Louis non sono infatti l’unico discrimine nelle conversazioni. Dovrete gestire sapientemente sia gli oggetti sia i punti azione – questi ultimi in particolare fanno una grande differenza nel modo di giocare permettendovi di selezionare risposte mirate e seguono una logica molto semplice: più è sviluppata una qualunque delle vostre abilità, meno punti azione vi serviranno per portare avanti determinati dialoghi o compiere specifiche azioni, fino anche a essere completamente gratuiti. Il trucco, nonché la vera difficoltà, sta nello spendere con oculatezza i vari punti azione perché non si ripristineranno fino alla fine del capitolo a meno di non uscire vincitore in determinate situazioni o usare uno dei summenzionati oggetti di cui potete disporre in quantità limitate; senza contare poi la possibile assuefazione, che vi assegnerà un malus in grado di inficiare le vostre interazioni. Non sarà peraltro l’unico da cui potete essere afflitti nel corso del gioco.
The Council è un avvincente thriller in costume
Al di là delle conversazioni, ci sono anche molti enigmi che spesso richiedono di esplorare l’ambiente attorno a voi per raccogliere le informazioni necessarie alla loro risoluzione; queste prove ruotano attorno a qualsiasi argomento, dalla storia – come ad esempio sapere la cronologia delle Crociate – alla religione, fino ai miti greci per finire con il buon vecchio lavoro investigativo. La varietà impedisce a queste fasi di ristagnare in una pericolosa ripetitività e scandisce bene il ritmo del gioco.
Nel complesso dunque siamo di fronte a un buon titolo, con una storia avvincente quanto basta per mantenere le cose interessanti fino alla fine. Come ogni gioco, però, nemmeno The Council è perfetto: uno dei principali difetti è la sceneggiatura del primo episodio, quello che di fatto ha il compito essenziale di catturare il giocatore. Dire che è scritta male sarebbe un’esagerazione, è più corretto dire che rimane sottotono per gran parte dello svolgimento, salvo rialzarsi nelle battute finali e dare il via a una narrazione che migliora poi passo passo, episodio dopo episodio. Chi invece non riesce mai a compiere il salto di qualità definitivo è proprio Louis, presentandosi a volte incoerente: dovrebbe essere un francese piuttosto altolocato del diciottesimo secolo ma alterna dialoghi adatti al contesto con espressioni più moderne che sebbene possano passare inosservate, a volte privano certe sequenze del loro spirito. Si aggiungono poi alcune difficoltà sul piano tecnico, con modellazioni e animazioni dei personaggi un po’ rozze ma sulle quali è comunque possibile passare sopra grazie al coinvolgimento offerto dalla storia, e un doppiaggio che invece è più difficile ignorare: non sempre si dimostra all’altezza, sottolineando sì i diversi accenti e tuttavia mancando di una particolare incisività.
Nessuno di questi difetti rompe l’esperienza al punto da renderla ingiocabile, anzi si può dire che non lo rompono affatto dimostrandosi piuttosto sintomi legati a una prima esperienza – ricordiamo che The Council è il titolo d’esordio di Big Bad Wolf – anziché veri e propri errori. Sono scusabili, in particolare se pensiamo che al di là del comprensibile fastidio c’è molto altro per cui il gioco riesce a farsi perdonare: la narrazione, ad esempio, che nonostante un’introduzione non esattamente sfavillante si trasforma lentamente in un avvincente thriller in costume dove le vostre scelte contano ben più di quanto sia stato mostrato altrove. Già a partire dal secondo episodio gli scenari cambiano drasticamente anche in virtù di una decisione all’apparenza minore, aumentando in modo considerevole il replay value: l’ingresso di Louis in una realtà fatta di intrighi e cospirazioni non va proprio del tutto liscio, ma è uno di quegli inviti che vale la pena di accettare. |
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