Se state leggendo queste righe, molto probabilmente, le lande desolate a nord di Tamriel dovreste conoscerle abbastanza bene. Questo perché o cinque anni or sono avete già incontrato la stirpe del Sangue di Drago in un’avventura epica ed indimenticabile, di cui vi abbiamo già raccontato qualcosa in queste pagine, o perché nell’ultima settimana avete provveduto a colmare una delle lacune rolistiche più importanti della vostra carriera, fidandovi della nomea di un franchise come quello di The Elder Scrolls. Del resto, dello Skyrim “di nuova generazione“, in una fase dell’Industria dove la rimasterizzazione delle grandi opere passate pare essere diventata la norma, si sapeva già da molto tempo: così come per il sempreverde Bioshock o il memorabile filone Arkham di Batman, difficile non immaginare una tirata a lustro del capolavoro di casa Bethesda, apparso la bellezza di cinque anni fa su PC, Xbox 360 e PS3 e, da allora, costantemente aggiornato nella versione PC con una serie infinita di mod, alcune delle quali capaci di migliorare vertiginosamente l’operato dello stesso sviluppatore.
Skyrim: Special Edition appartiene dunque al filone di remastered “new-gen” volte a donare una seconda giovinezza al titolo originale sfruttando la prestanza dell’hardware corrente. Un discorso che può avere senso su PS4 e Xbox One, considerando l’evidente passo avanti siglato nell’ultimo passaggio del testimone, ma che ancora una volta rischia di lasciare qualche dubbio su PC, laddove la potenza tecnologica non ha mai rappresentato un problema da cinque anni a questa parte – considerata, lo ribadiamo ancora una volta, la presenza di alcune mod al limite dell’incredibile apparse già da qualche anno nei forum dedicati. Questo il motivo alla base della nostra scelta di recensire il titolo nella versione PlayStation 4: al netto della presenza dei tre enormi DLC di Skyrim (Dawnguard , Heartfire e Dragonborn), capaci di estendere vertiginosamente un’esperienza di gioco già di per sé longeva, l’ammiraglia Sony ci ha permesso di analizzare più da vicino le “millantate” novità di questa Special Edition di lusso, riassumibili essenzialmente in una rinnovata veste grafica, una miglior componente tecnologica globale e, non ultima, la tanto attesa introduzione delle mod. Com’è andata? Beh, abbiamo dovuto correre parecchio nelle terre di Skyrim per farci un’idea grossomodo definitiva – riuscendo a pubblicare questa recensione in tempi ragionevoli: e, al netto di qualche immancabile bug e qualche scelta opinabile, il risultato ci ha convinto. Il famigerato Grido di Skyrim: Special Edition, insomma, riesce ancora a farci tremare a distanza di anni.
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Partiamo da un velocissimo ripasso delle basi di The Elder Scrolls V: Skyrim, rivolto essenzialmente a quei pochi giocatori all’oscuro delle dinamiche dell’RPG di casa Bethesda – che, qualora interessati dall’argomento, troveranno ogni cosa spiegata nel dettaglio nella nostra recensione. Gli avvenimenti narrati in Skyrim si collocano in una linea temporale successiva di grossomodo due secoli rispetto a quella di Oblivion, in una terra (la gelida provincia settentrionale di Tamriel) sull’orlo del tracollo in seguito all’inasprimento di una guerra civile. Da una parte abbiamo gli Imperiali, presunti signori delle terre di Skyrim, vittime dell’omicidio del proprio Imperatore per mano dei Manto della Tempesta, fazione di secessionisti in costante crescita che mira all’indipendenza della regione e alla destituzione dello stesso casato imperiale: due poli in lotta selvaggia, fautori di una parabola di morte, battaglie e sfide serrate che si è abbattuta sui villaggi dell’intero regno. Un regno instabile, ricco di insidie e di potenziali tradimenti, al cui interno si muove il nostro alter ego: un eroe senza nome dalle origini sconosciute, che da un’esecuzione scampata per il rotto della cuffia all’ingresso si incammina in un lungo viaggio per entrare nella leggenda delle terre di Skyrim. Sempre se la Morte, evenienza non così rara in quel di Tamriel, non lo accoglierà prima tra le sue gelide braccia.
Da un punto di vista di meccaniche di gioco, Skyrim riesce a mantenersi fedele al solco tracciato dalla ventennale saga di The Elder Scrolls, differenziandosi tuttavia in modo evidente per quanto concerne la componente rolistica più pura. Il marchio di fabbrica TES è evidente nello spazio di azioni e possibilità offerte al giocatore, che si ritrova immerso in una pletora di missioni principali e side quest in grado di incollarlo allo schermo per decine di ore. Dal crafting all’alchimia, dalla magia all’appartenenza a Gilde speciali (con i pochi onori e i numerosi oneri che ne derivano), Skyrim è un continuo viaggio in una mappa di dimensioni generose alla ricerca di un artefatto, un nemico, una persona con cui dialogare. Un andare e tornare, insomma, ricco di insidie e di nuove scoperte, che permettono di posare le proprie mani su nuove armi, pozioni miracolose o quant’altro questo gargantuesco universo fantasy abbia da offrire: e di cose da scoprire, ancora oggi a cinque anni di distanza, ne sono rimaste parecchie. Il tutto, ovviamente, è corroborato da una componente rolistica solida e collaudata, che abbandona i tradizionali – ed abusati – Punti Esperienza di Oblivion in favore di un sistema di crescita più dinamico ed intelligente, legando l’acquisizione dell’esperienza in una specifica azione all’esecuzione dell’azione stessa.
Il Grido di Skyrim: Special Edition riesce a farci tremare a distanza di anni.
Giusto per intenderci: il nostro obiettivo è diventare dei maestri dello scudo e dell’attacco con arma a mano singola? Basterà parare e menar fendenti di spada o ascia con assidua frequenza per assistere alla crescita della statistica associata. Lo stesso meccanismo si applica per aumentare la maestria con arco e frecce, con la magia, per guadagnare padronanza con armi bimani o addirittura con lo scasso. L’esperienza ottenuta in questo modo confluisce in un collettore univoco identificabile col livello globale del personaggio: ad ogni aumento di livello sarà possibile “expare” uno dei tre attributi principali (salute, vigore o magicka) e, parallelamente, muoversi all’interno dello skill tree associato a ciascuna delle azioni principali eseguibili in game – migliorandone ulteriormente specifici parametri, a seconda della skill prescelta. Pur non muovendosi di un solo centimetro da questo schema razionale, Skyrim: Special Edition si dimostra accessibile e giocabile da chiunque, anche ai giocatori meno avvezzi alle tematiche rolistiche – che proprio in questo schema troveranno una struttura ludica meno rigida che in passato. Sotto questa luce Skyrim invecchia in modo positivo in questi cinque anni, forte di un fascino e di un’atmosfera unici e coinvolgenti oggi come allora: la maestosità delle ambientazioni, il mistero che si annida in picchi elevatissimi o negli abissi delle caverne, il piacere di recuperare artefatti millenari dai poteri mistici dopo essersi fatti strada in dungeon pieni di trappole e mostri letali. Tutte sensazioni positive che permangono al proprio posto, fermo restante come l’evoluzione del gioco di ruolo occidentale sia tuttavia indubbia nell’ultimo quinquennio e, proprio per questo, il paragone con opere successive (The Witcher, tanto per calare la briscola al primo giro) rischi di essere svantaggioso per il titolo Bethesda.
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Parlando più da vicino di contenuti, della presenza di Dawnguard, Heartfire e Dragonborn vi abbiamo già informato una manciata di righe fa: accessibile da subito dal menu principale, il trittico di DLC di Skyrim non solo va ad aumentare il coefficiente di longevità di Skyrim: Special Edition, che già di suo è ben al di sopra della media generazionale, ma arricchisce l’esperienza complessiva con nuove armi, equipaggiamenti e abilità magiche da sperimentare nelle numerose missioni aggiuntive presenti, ovviamente ricche di nuove terribili creature desiderose di sbarrarci la strada. La parte da leone, tuttavia, spetta al tanto atteso supporto console delle mod, uno dei punti di forza maggiori del titolo originale nella versione PC e oggi, finalmente, disponibile entro certi limiti anche ai possessori di PS4 e Xbox One. Una volta registrato il proprio account sui server Bethesda, il giocatore avrà accesso ai set di mod attualmente uploadati dagli utenti più creativi: l’utenza Microsoft, al momento, è senza dubbio quella più fortunata, forte di circa un centinaio di possibili varianti con cui divertirsi e “modificare” l’esperienza originale di gioco. Discorso drasticamente diverso su PlayStation 4, dove il vincolo sul volume dei dati imposto dallo sviluppatore si traduce, almeno per ora, nella presenza di una ventina abbondante di mod diverse. Inutile anche solo citare il PC in questa statistica, laddove il contatore salirebbe in modo imbarazzante.
Per quanto concerne il comparto tecnologico, il quadro dipinto dallo sviluppatore statunitense offre un soggetto interessante, seppur non esente da difetti. Skyrim: Special Edition gira a 1080p con un frame rate ancorato ai tradizionali 30 al secondo: considerando la stabilità di quest’ultimo anche nelle situazioni più delicate, dove la carica poligonale su schermo inizia ad essere ragguardevole, la scelta effettuata da Bethesda può solo che essere condivisa. Potremmo obiettare l’assenza dei fatidici 60 fps, tallone d’Achille di numerose remastered raramente raggiunto nonostante la bontà del materiale originale: diciamo che in un titolo come Skyrim, tutto tranne che frenetico nonostante la forte componente combat, la loro assenza lascia il tempo che trova, non pesando in alcun modo nell’economia della partita. Leggermente più fastidioso, a distanza di cinque anni, è osservare la staticità dei modelli dei personaggi: pur trattandosi di una “caratteristica” contro cui i fedeli di TES si scontrano da tempo, un leggero ammodernamento delle loro animazioni, troppo rigide e datate già nel 2011, avrebbe sicuramente giovato all’impatto generale. Per questa volta tocca accontentarsi di un leggerissimo revamp grafico, che garantisce una maggior pulizia dei modelli e una maggior cura del relativo dettaglio: il risultato finale, tuttavia, appare ancora leggermente anacronistico e parziale, specie se paragonato all’ammodernamento, stavolta evidente, delle ambientazioni.
Difficile uscire immuni dalle lusinghe di Skyrim: Special Edition
Che esse fossero le protagoniste assolute di Skyrim, a ben vedere, non è affatto un segreto: l’atmosfera epica, intrisa di quel fantasy affascinante e sospeso nel tempo, viene ulteriormente messa in risalto dal lavoro del developer, che aumenta la draw distance a dismisura (regalando in questo modo panorami evocativi che si spingono oltre l’orizzonte), arricchisce la vegetazione delle lande di Tamriel con un livello di dettaglio ben più che ragionevole e, cosa non da poco, rende il tutto ancor più pittorico con una realizzazione più sofisticata degli agenti atmosferici. A questo si aggiunge l’introduzione di nuovi shader per la realizzazione delle superfici irregolari, la nuova gestione dei corsi d’acqua (nettamente più realistica in termini sia fisici che di illuminazione), l’utilizzo di effetti particellari e volumetrici che corroborano le scene più epiche, rendendole più concrete nella resa visiva. Non sarà così raro ritrovarsi a fissare il panorama nel mezzo di una missione, ad osservare come le colline verdeggianti diventino via via più spoglie mentre si avvicinano all’orizzonte, per poi confondersi con le nuvole in lontananza, dove il gelo e la neve fanno da padroni: il colpo d’occhio è estasiante, e sfrutta a dovere l’hardware di nuova generazione delle ammiraglie Sony e Microsoft. Nulla da dire infine sull’impianto sonoro, che si conferma in linea con quanto già sperimentato cinque anni or sono: il Fus Ro Dah potrà anche essere compresso, ma fa sempre la propria porca figura.
C’è poco da fare: chiunque sia rimasto affascinato nel lontano 2011 da TES V: Skyrim, difficilmente uscirà immune dalle lusinghe di questo Skyrim: Special Edition. I motivi, a ben vedere, sono più affettivi che contenutistici o tecnologici: la presenza dei 3 DLC nel pacchetto completo, per quanto sia pesante in termini di longevità, non è certo in grado di far propendere da sola l’ago della bilancia verso l’acquisto. Allo stesso modo, l’introduzione delle mod su console, per quanto interessante e “nuova” possa essere per i non seguaci della Master Race, appare ancora limitata e acerba, specie su PS4, se paragonata al mare magnum maestoso della controparte PC. Quello che colpisce di Skyrim a cinque anni di distanza è la sua epicità, quella capacità di evocare sensazioni maestose e memorabili che accompagnano l’ascesa del nostro alter ego da papabile decapitato in un villaggio sperduto di Tamriel a leggendario appartenente della Stirpe dei Draghi. E lo fa grazie al suo level design, un universo open world complesso, poliedrico, variegato, riproposto per l’occasione con una nuova veste in full HD capace di aggiungere dettagli, impreziosire scorci interessanti, rendere tutto ancora più attraente e affascinante. Ecco perché, in termini tecnologici, l’operato di Bethesda può dirsi riuscito solo in parte. Ok, l’ambientazione è sontuosa a dir poco, ma permangono una serie di difetti che, trattandosi di una versione rimasterizzata, avremmo gradito non vedere: personaggi immobili caratterizzati da animazioni legnose e stantie, bug e glitch in presenza massiva nonostante i cospicui aggiornamenti di codice sono esattamente al proprio posto, oggi come allora, su PS4/Xbox One come su PS3/Xbox 360. Nulla che, almeno nella nostra run, abbia condannato la nostra anima all’inferno con salvataggi corrotti o eventi non triggerati che precludevano la conclusione della missione: certo è che una maggior attenzione a queste sbavature, secondo il nostro modo di vedere, sarebbe stata doverosa – considerando anche il prezzo del pacchetto, non certo “budget” nonostante i contenuti presenti. Al netto di questo, l’operazione Amarcord di Bethesda può comunque dirsi ben riuscita. Difficilmente riuscirà a far breccia nel cuore dei possessori di PC, per i quali vale il dubbio lecito del “che c’è di nuovo rispetto a quanto già visto nell’ultimo lustro?“: ma per tutti i rimanenti giocatori da salotto, il ritorno a Skyrim e Tamriel potrebbe riservare delle piacevoli sorprese. Sia che si tratti del vostro primo viaggio in queste terre perigliose, sia che l’addestramento dei draghi non abbia più segreti per voi. |