Avete presente quelle tech demo pensate per mostrare le prodezze della Realtà Virtuale, cucite su misura per questo o quel visore, questa o quella piattaforma, create con il solo scopo di lasciare di sasso tanto il giocatore più appassionato quanto, soprattutto, l’amico totalmente a digiuno di videogiochi? Beh, state tranquilli: Skyrim VR non ha nulla a che vedere con tutto ciò, e per fortuna. Non è un’esperienza “da una botta e via”, né tanto meno un primo, sbalorditivo approccio ad un modo tutto nuovo di videogiocare.
Che è un modo gentile per dire che se avete appena acquistato il vostro PlayStation VR (al momento è esclusiva PS4, in attesa dell’approdo su PC – rigorosamente con HTC Vive), fareste bene a stargli alla larga, almeno per ora. Non perché sia fatto male, tutt’altro: superato il primo impatto abbastanza devastante dal punto di vista fisico e presa confidenza con i tentacolari controlli e i suoi limiti, è stato davvero difficile e triste doversi togliere quell’ingombrante casco e tornare all’insulsa e grigia realtà, priva di draghi, Draugr e potenti incantesimi.
È che, un po’ per via della console che non riesce a stare pienamente dietro alla VR, un po’ per il fatto che lo Skyrim in cui questa versione (l’ennesima, concedetecelo, dopo averlo rigiocato anche su Nintendo Switch di recente) ci immerge anima e corpo è lo stesso consumato 6 lunghi anni fa (uscito prima ancora che sbucassero fuori i primi grezzi prototipi di Oculus Rift e quindi lontano dall’adottare certe soluzioni di design studiate per agevolare una già complessa e faticosa ed estenuante partita), le probabilità di ritrovarsi con un macigno sulla testa e lo stomaco scombussolato come un rifugio post-atomico rimasto a malapena in piedi dopo il contatto con un fat boy (scusate, quello è un altro gioco di Bethesda) sono altissime quanto la Gola del Mondo stessa.
E che figura ci fa un invincibile Dovahkiin con la testa china sulla tazza del WC, in preda ad una chinetosi killer?
Già che ci siamo, togliamoci un po’ tutti i sassolini dalla scarpa. Partendo dal comparto grafico, afflitto da evidenti problemi di pop-up, almeno all’esterno, dove l’effetto meraviglia la fa da padrone in qualsiasi momento, nonostante tutto: nonostante l’aliasing, la rozzezza delle texture e degli elementi presenti nelle ambientazioni, o intere foreste che appaiono e scompaiono alla semplice rotazione della testa, a cui è associato il cursore, qualora decideste di vivere Skyrim VR impugnando il DualShock 4 (pienamente supportato), che userete anche per interagire con qualsiasi elemento al vostro cospetto, dagli NPC a casse, barili e oggetti in bella vista, da raccattare regolarmente o rubacchiare, possibilmente lontano da occhi indiscreti. C’è poi del sempiterno clipping persino con gli elementi dell’HUD, rivisto per l’occasione per essere quanto più asciutto e funzionale (dovendo vivere un’epica avventura nelle gelide lande del Nord con i propri occhi), che trapassano davvero poco elegantemente alberi e statue e muri, e lo stesso vale per qualsiasi cosa impugneremo, scudi, asce e mani nude cariche di incantesimi da castare inclusi.
A spezzare ulteriormente la magia ci pensano le controparti digitali dei due Move (uno non basta, purtroppo, e scordatevi il Navigator – con annessa levetta analogica), doveste decidere di passare ai sensori di movimento, indubbiamente più immediati e coinvolgenti dei semplici grilletti di un classico controller, che compaiono sia nei menu che in fase d’esplorazione: utile, sia chiaro, perché con tutti quei tasti extra è facile fare confusione e sguainare la spada in un avamposto pieno di guardie, ma che c’azzeccano con i tempi di Titus Mede II quelle strane “bacchette”? E vogliamo parlare dell’audio 3D? Altro guastafeste che, quando proviamo ad affacciarci da una finestra (riuscendoci!) o, e sembra strano a dirsi ma è una novità, a sporgerci da dietro un riparo, non ci permette di immergerci a dovere, non riuscendo ad individuare la fonte di voci e rumori. E delle schermate nere durante i riposi/attese o quando si aprono i menu, ma solo in alcuni casi?
Il problema principale è però il compromesso principe, e non quello puramente grafico (a cui tocca scendere a patti, giocoforza: vi ricordiamo i 6 anni di vecchiaia di Skyrim, e la necessità di PSVR di farlo girare, di fatto, su entrambi gli occhi), riguarda il sistema di controllo, in quanto le strade sono due: favorire la comodità e la precisione del DualShock 4, rinunciando al fomento duro e puro di impugnare, letteralmente, due armi, o due incantesimi, o un arco e una freccia, ma aumentando i fastidi annessi ai movimenti liberi (realizzabili anche con i Move, ma con la rotazione della telecamera – solo laterale – a scatti e non proprio consigliata per i deboli di stomaco). Oppure sacrificare parte di giocabilità, a costo anche di selezionare il livello di difficoltà più basso, così da poter gestire le orde di nemici a cui non sembra interessare il tipo di periferica da noi utilizzato (lo ribadiamo: è lo stesso identico Skyrim, completo, con tanto di DLC, niente sconti!) e di impazzire almeno per un po’ con il sistema di teletrasporto (basta puntare e premere un tasto per spostarsi, utile nell’esplorazione libera, ma abbastanza complesso da gestire nei dungeon più stretti, nel vivo di un combattimento), in cambio però di un’esperienza più tollerabile, anche dal punto di vista fisico, e soprattutto, più immersiva e coinvolgente che mai?
Già, perché è con i due Move (non obbligatori, sia chiaro) che scatta la scintilla con Skyrim VR: scoccare una freccia, scassinare una serratura con un grimaldello, afferrare un qualsiasi oggetto e scaraventarlo dall’altra parte della stanza, raccogliere il potere in due mani e scatenare tutta la propria potenza sul primo malcapitato, parare e menare fendenti con spade, o con asce, o con possenti mazze da impugnare con due mani, diventa tutto più bello e incredibile.
Ogni elemento già visto avrà un sapore tutto nuovo grazie alla Realtà Virtuale
I sensori sono precisi, seguono anche la rotazione delle mani (impugnando male il Move vi capiterà di leggere i comandi su schermo capovolti), ed esaminare gli oggetti è un’esperienza tanto semplice quanto mozzafiato, e per quanto la direzione dell’attacco non influenzerà il danno, il semplice fatto di poter massacrare i nemici con una foga tale da potersi slogare una spalla è, senza mezzi termini, una bomba. Soprattutto perché non stiamo parlando di una tech demo da 20 minuti e fine a se stessa, ma di uno dei GDR più vasti, longevi e imponenti degli ultimi anni, un’epopea ancora godibilissima a distanza di un lustro, eppure fresca e come mai vista prima grazie alla Realtà Virtuale.
Ogni scorcio già visto, ogni villaggio, ogni area iconica su cui avete speso decine di ore, avranno un sapore ben diverso da come ve lo ricordavate: ora siete letteralmente lì dentro, e ci penseranno solo i limiti elencati poco fa a ricordarvi che quella non è la realtà, ma che al di fuori di quella dimensione fittizia ci sono bollette, il traffico e un capo rompipalle ad attendervi, decisamente meno affabile dello jarl di Whiterun. E allora ben vengano quei limiti! La schizofrenica velocità dei Draugr, le mastodontiche dimensioni di un banalissimo Skeever, la vostra prima nevicata, sono tutti elementi che, ad un palmo dal naso, acquisiscono connotati, emozioni e reazioni completamente differenti dal vostro ultimo contatto. E a giovarne sono anche le sezioni più atmosferiche del gioco, quelle missioni di ricerca in dungeon sperduti, umidi e senza un filo di luce, con qualsiasi minaccia amplificata da ciò che compare su schermo, ma anche dalla macchinosità dei comandi che provano a scimmiottare la difficoltà che l’impugnare delle armi vere e proprie comporta.
Potrete averlo giocato e finito due, tre, dieci volte, ma uno Skyrim così non lo avete mai visto, né tanto meno vissuto, poco ma sicuro. La Realtà Virtuale porta una boccata d’aria fresca (anzi, gelida) ad un’esperienza già di per sé sontuosa e profonda, che ne viene fuori rinvigorita nonostante gli anni sul groppone. E nonostante tutta una serie di limiti evidenti e ben presenti, alcuni endemici della VR su PS4 (nettamente in difficoltà rispetto a quella su PC per ovvi motivi di natura tecnica), altri legati ad un mancato riadattamento di alcuni elementi e soluzioni di design che in un titolo così mastodontico avrebbe richiesto anni di lavoro e un investimento a fondo perduto, limiti che peraltro portano ad una inevitabile motion sickness, ancora più pesante e fastidiosa per gli stomaci meno forti, ma pur sempre attenuata dai numerosi accorgimenti, implementati dal team di sviluppo, che è possibile adottare. Motivo per cui, come accennato nell’introduzione, provate Skyrim VR solo dopo aver preso dimestichezza con la Realtà Virtuale, e aver assimilato e accettato i suoi pro e i suoi altrettanti contro. Con le giuste condizioni e forma mentis, difficilmente vi pentirete dell’acquisto. |