La nona edizione dei The Game Awards si è conclusa, ad un orario sempre molto consono al pubblico europeo, per usare un pizzico di ironia. Lo show di Geoff Keighley ha come di consueto dato in pasto al pubblico una grande quantità di annunci, spottoni pubblicitari e, nel mezzo, le premiazioni per i migliori giochi dell’anno. Mai come quest’anno però, la sensazione è che il presentatore canadese avesse finalmente capito la lezione, creando uno show più breve e meno diluito. Una dichiarazione d’intenti che si è confermata assolutamente reale, questa notte, offrendoci del grande intrattenimento in circa 3 ore scarse.
La verità è che i The Game Awards sarebbero durati ancora meno, se il buon Cristopher Judge non avesse deciso di esprimere a monosillabi la sua gratitudine per il premio ricevuto. Il buon Judge è un gigante buono, ed è stato bello vederlo così grato del premio ricevuto. Ha ha fatto anche molto sorridere la sensazione generale che si stesse perdendo un po’ in chiacchiere. Il buon Al Pacino deve aver sentito più di tutti la fatica del momento, visto che è rimasto in piedi per quasi 20 minuti.
Ma i The Game Awards sono anche questo, uno show fatto di persone che, nonostante la scaletta, mostrano la loro natura davanti alle telecamere. In un’industria sempre più ricca di eventi preconfezionati, con poco spazio per l’improvvisazione, lo show di Geoff si è rivelato un piacevole toccasana. È successo alla consegna del premio “Innovation in Accessibility” dato a God of War Ragnarok, o al divertente siparietto di Josef Fares, che non manda più a quel paese gli Oscar ma non può fare a meno di essere sé stesso. Va bene così, anche perché il ruolo di sovversivo della serata è toccato a un ragazzo sconosciuto, che ha blaterato qualche strano appello a Bill Clinton, dopo la premiazione di Elden Ring come gioco dell’anno, facendosi poi arrestare. Incredibili, questi The Game Awards.
Ad essere incredibile è stata anche la quantità di progetti interessanti che sono stati mostrati. Death Stranding 2 ha monopolizzato l’attenzione di tutti, con un immaginario assolutamente coinvolgente e affascinante. Hideo Kojima è tornato, è felice Geoff e lo siamo anche noi. Ma non si vive di solo Kojima, e fortunatamente non sono mancati tantissimi annunci, anche da team più piccoli. Hades 2 di Supergiant Games ha sorpreso tutti, così come il nuovo gioco dei creatori di Celeste, Earthblade. O anche Judas, il ritorno sulle scene del leggendario Ken Levine, l’autore di Bioshock. È stato anche il tempo delle conferme, con le date d’uscita di Diablo IV, Street Fighter 6 e Final Fantasy XVI. Tutti previsti per giugno, tra l’altro, che qualcuno aiuti i nostri portafogli.
In questi The Game Awards è sicuramente da premiare l’aver mostrato il futuro prossimo dei videogiochi, e non quello fittizio ed intangibile a cui questi show ci hanno ormai abituato, con qualche ovvia e necessaria eccezione ovviamente. Tra i progetti piuttosto in vista, anche se dalla collocazione temporale incerta, come per Tekken 8 o l’esaltante Armored Core VI di From Software. Geoff e il suo show ci hanno aiutato a tracciare in modo ancora più chiaro l’esaltante 2023 che ci aspetta, con pochissimi trailer in CG e quanto più gameplay possibile. Una macchina dell’hype che per una volta è riuscita ad essere intellettualmente onesta, mostrandosi per ciò che è e sarà, e non idealizzandosi con hype trailer che non raccontano nulla. Ad ogni modo, per vostra curiosità e completezza, vi linkiamo un articolo in cui trovate tutti gli annunci.
È chiaro che uno show del genere non è plausibile ogni anno, visti i tempi di sviluppo mediamente richiesti in quest’industria, e la difficoltà di riuscire ad unire sotto lo stesso ombrello delle tempistiche comunicative spesso molto diverse da azienda a azienda. Poco importa però, quest’anno i The Game Awards sono riusciti nell’intento, trovando un inaspettato equilibrio, anche con i tanto odiati intermezzi pubblicitari.
La nota veramente dolente restano semmai le premiazioni, spesso costrette in intermezzi molto brevi, sfuggenti nel loro voler celebrare i creatori dei nostri videogiochi preferiti (a proposito, qui trovate tutti i vincitori). La scaletta non perdona, questo è chiaro, e si dà precedenza alle premiazioni più importanti. Ciò detto, fa comunque specie vedere il director di Marvel Snap prendere il suo premio urlante e poi correre via come un novello Sonic. Sulle premiazioni in sé, non stupisce il grande successo di God of War Ragnarok di Sony Santa Monica. Il titolo ha un valore produttivo altissimo, e spesso eccelle sotto tantissimi punti di vista.
Ad essere rappresentato, anche come vincitore, in molte di queste categorie è il videogioco più popolare. Quello più chiacchierato, sia da critica che da pubblico, che monopolizza la discussione social e diventa unico rappresentante del medium o di una categoria. Anche al di là dei meriti oggettivi dei singoli titoli in esame, ciò che manca alle premiazioni dei The Game Awards è un po’ di varietà. Per poter rappresentare al meglio il medium la popolarità non dovrebbe diventare un metro di giudizio implicito. Discorso valido per God of War Ragnarok, Elden Ring e Stray.
Titoli come Immortality, Tunic, Sifu, e altri meritavano un riconoscimento per l’eccellenza che rappresentano nelle loro rispettive categorie. Che si tratti di Game of the Year, o del miglior debutto Indie, ciò non toglie che tutti i titoli presenti in lizza rappresentano un’industria creativa, non sempre schiava di logiche commerciali. Non sono di certo qui a fare il fanboy, e il rispetto verso tutti i creativi premiati stanotte è cristallino e sottinteso. Resta però l’amaro in bocca, per il modo in cui i The Game Awards, e la giuria annessa, hanno strutturato queste premiazioni e il modo in cui queste vengono condotte. Avevo già parlato della questione in questo articolo, se avete voglia di approfondire.
Ci si vede al prossimo anno, insomma, che si preannuncia assolutamente carico di titoli memorabili, e ci vedrà sicuramente ancora una volta con questa annosa questione. Al di là di ciò, è stato piacevole per una volta dopo anni vedere i The Game Awards in ottima forma, con un equilibrio difficilmente replicabile ma che mi auguro sia di lezione per le edizioni che verranno.
E voi, cosa ne pensate di questa edizione dei The Game Awards? Ditecelo nel nostro gruppo Facebook!
[wp-tiles post_type=’post’ posts_per_page=5 orderby=’date’ order=’DESC’]
Commenti