The Hex – Recensione

Pony Island di Daniel Mullins era pura anarchia videoludica, caotico, random, oscuro. Tutte caratteristiche valide anche per questo nuovo progetto, The Hex, che però è più vorticoso, nei suoi repentini cambi di ritmo, che caotico: scorre via molto più ordinatamente, e questo è un bene, perché dimostra la maturità acquisita dal canadese a distanza di soli 2 anni dall’exploit, osannato da alcuni, non compreso né apprezzato da altri, e risulta più godibile a chi le sperimentazioni del debutto non erano proprio andate giù.

È un gioco, forse, più canonico, ma per nulla ordinario, in cui narrazione e gameplay non solo sono di pari importanza e dignità, ma anzi, si trascinano avanti l’un l’altro, un’impresa che, in un’industry di open world tutti uguali, non riesce proprio a tutti. Ma è solo uno dei motivi per cui dovreste dargli una possibilità, nonostante un comparto grafico tutto fuorché gradevole, e qualche lieve inciampo nel bilanciamento della difficoltà, quando l’anima ludica prende troppo il sopravvento.

È una di quelle piccole gemme grezze di cui il mercato è, fortunatamente, sempre più pieno, e vale la pena parlarne proprio perché non è semplice trovare spazio in una giungla sempre più affollata.

Già dall’incipt si notano le prime invasioni di campo in qualcosa che trascende il semplice raccontare una storia: siamo nella Six Pint Inn, vecchia e buia, e fuori c’è una tempesta. Lo squillo di un telefono rompe un silenzio quasi surreale: da una parte c’è l’anziano proprietario, che non ha paura di parlarci direttamente, infrangendo la quarta parete; dall’altra, una soffiata anonima ci lascia intendere che in quel luogo verrà commesso un omicidio. Starà a noi scoprire chi è il colpevole tra gli astanti, ma basta dare una rapida occhiata per notare che ognuno di loro ha palesemente una storia da raccontare, e non deve essere particolarmente divertente. Sono tutti lì ad affogare i loro dispiaceri nell’alcool, a rimuginare su un glorioso passato vissuto da protagonisti di videogiochi creati su misura per loro, dal platform 2D al GDR, passando per gli strategici e i picchiaduro.

The Hex ci sprona a riviverle quelle storie, esplorando l’albergo (come in un punta e clicca) attraverso flashback che ci offrono qualche dettaglio in più su ciò che ha condotto quei 6 personaggi verso il declino e l’addio ai riflettori, rivivendo le loro gesta attraverso altrettanti gameplay tutti diversi tra loro. C’è Super Weasel Kid che non ne vuole proprio sapere di saltare da una piattaforma all’altra nell’ennesimo, noioso sequel preteso dal publisher, c’è il nerboruto Bryce, un cuoco, che su pretesa degli avidi investitori si ritrova suo malgrado protagonista di un picchiaduro, dove i suoi muscoli tornano più utili che nei cloni di Cooking Mama in cui veniva coinvolto, e anche Lazarus, prode condottiero di un RPG riciclato in uno shooter a base di alieni.

The Hex è un altro centro ad opera di Daniel Mulins, perché sorprende il giocatore con trovate sempre fresche, non solo dal punto di vista narrativo, ma anche ludico

Sono molto semplici e asciutti come gameplay, e ogni storia porta via circa un’ora, quindi non avrete bisogno di acclimatarvi alle nuove meccaniche, ma lungi dall’essere stati trattati in maniera superficiale: ogni “metagioco” è assolutamente godibile, e garantisce un ritmo e una freschezza davvero unici. Ma la vera perla sono le chicche disseminate qua e là, le citazioni, le continue rotture della quarta parete, e le critiche a certe pratiche dell’industria videoludica, alla tossicità delle community (tra recensioni Steam e chat di Twitch che diventeranno parte integrante del gioco), inserite in maniera organica e coerente nel racconto, in quello che a conti fatti sembra più una riflessione su certe scorrettezze del mercato che una semplice storia che intende valicare i confini auto-imposti dall’autore.

Graficamente, lo potete appurare voi stessi, non è un granché: lo stile sporco e sgraziato non riesce ad averlo proprio quel fascino retro con cui tante produzioni indie si sono ritrovate addosso tramite mirate soluzioni artistiche, e lo stesso vale per tutte le differenti ambientazioni in cui prendono luogo i videogiochi di cui i personaggi erano protagonisti, pregevoli per varietà, ma non troppo per fattura. E c’è anche qualche macchinosità di troppo in alcuni gameplay (come lo shooter spaziale) tra comandi poco precisi e un tasso di difficoltà che appare esagerato, vista la necessità di portare avanti storie, e non puro e semplice gioco, mediato però da una sovrabbondanza di checkpoint. Ma passa tutto in secondo piano quando l’ennesima trovata del buon Daniel comparirà su schermo e vi lascerà semplicemente di sasso.

Conclusioni

The Hex è un altro centro ad opera di Daniel Mulins, perché sorprende il giocatore con trovate sempre fresche, non solo dal punto di vista narrativo, ma anche ludico, grazie ai gameplay unici e specifici per ognuno dei personaggi coinvolti in questo particolare giallo, che parte da un omicidio e, ricostruendo la storia di ogni comprimario, riflette sulle storture dell’industria.

Ma è anche un racconto interessante, dai dialoghi ben scritti, dall’atmosfera curata e calibrata come si deve, tra momenti più ironici e rilassati, e altri più cupi e tesi. E poco importa che non sia chissà quale splendore da vedere, e che qualche momento risulti più frustrante degli altri: fregatevene, fidatevi, e lasciatevi rapire dai misteri della Six Pint Inn.

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