The King's Bird

The King’s Bird – Recensione

The King’s Bird mi ha rapito da subito, sin dal suo recente annuncio, principalmente per il suo stile artistico delizioso, tra la soave atmosfera e i delicati salti della protagonista, di cui si intravede solo una sagoma, agile e veloce, che salta da un muro all’altro, da una piattaforma all’altra, sorretta da una scia bianca che ne accompagna ogni planata.

Il primo impatto mi ha tratto in inganno, e per più motivi, in primis perché sembrava una di quelle esperienze incentrate più sulla forma e l’estetica che sulla sostanza squisitamente ludica. E invece no: The King’s Bird è dannatamente difficile, e richiede riflessi, oltre a tanta, tantissima pazienza. È difficile al punto da dimenticarsi del delicato accompagnamento musicale, della criptica quanto eterea narrazione, dei fondali così belli, colorati e ricchi di dettagli, e pensare solamente a raggiungere indenni il prossimo checkpoint, uno dei (fortunatamente) tanti pali della luce disseminati lungo i livelli.

È però difficile anche al punto di smorzare tutto l’iniziale entusiasmo, purtroppo, ma anche, al contempo, di impedirmi di staccare le mani dal pad, in una sorta di sadico e morboso rapporto a cui, da amante di soulslike et similia, sono “tristemente” abituato.

The King's Bird

Ma andiamo con ordine. La trama, come detto, è estremamente ermetica: non ci sono dialoghi, o meglio, non sono scritti nella nostra lingua. Le prime due figure che si incontrano, la protagonista e il presunto, severo padre, comunicano infatti a suon di musica, e qualche altro sottile dettaglio viene trasmesso al giocatore attraverso dipinti sui muri. Dopo aver provato ad allontanarci dal palazzo in cui risiede la protagonista, ci si rende conto di non poter fuggire a causa di una gigantesca barriera che le impedisce di proseguire, ma il contatto con una misteriosa sfera di energia ci offre un potere speciale, quello di librarci nell’aria come un uccello.

Superato un breve tutorial, criptico anch’esso, e dei livelli liberamente esplorabili, si comincia con quelli veri e propri, suddivisi in mini-aree contenti dei portali, da sbloccare progressivamente seguendo l’ordine prestabilito dagli sviluppatori, avanzando da una macro-area all’altra. Già da ora si nota però un primo problema di The King’s Bird: salvo la paletta grafica e qualche dettaglio in sottofondo, le aree si somigliano (esteticamente) un po’ tutte tra loro, e come se non bastasse, il gameplay offerto è sempre lo stesso.

La ripetitività ludica (e in parte estetica) di The King’s Bird rischia di stufare dopo poco

Il succo è infatti quello di raggiungere il portale presente alla fine degli stessi, raccogliendo – ma sono opzionali – i collezionabili sparsi negli angoli più scomodi possibile, e, ovviamente, sopravvivendo a rovi di spine via via più grandi e minacciosi, e baratri. Fine.

Si avanza saltando, correndo e planando (con i grilletti), sfruttando quanto più possibile lo slancio, che, via via, bisognerà procurarsi prendendo la rincorsa o cercando di seguire la struttura dei livelli senza mai fermarsi, mettendo così alla prova i propri riflessi, ma per quanto maniacale sia la cura con cui il team ha assemblato i livelli, disponendo piattaforme e insidie ovunque, basta davvero poco per annoiarsi, complice anche la somiglianza visiva dei livelli e uno stile artistico che, per quanto affascinante, risulta ripetitivo dopo poco.

The King's Bird

Il tasso di sfida, come anticipato, è davvero elevato, ma ecco che l’altro grande problema di The King’s Bird fa capolino: pretende dal giocatore una precisione inumana, con dei comandi precisi al millimetro (con il volo regolato dalle levette e la potenza del salto influenzata dalla pressione effettuata dal giocatore), ma che, soprattutto in quelle sezioni in cui i checkpoint scarseggiano, non fanno altro che innervosire. Il trial & error è all’ordine del giorno, ma non fa altro che appesantire un’esperienza di gioco già compromessa dalla ripetitività delle situazioni proposte e dall’elemento visivo, che per quanto splendido, stanca facilmente.

Il tasso di sfida è davvero elevato, anche perché il gioco pretende una precisione inumana

E ci si mette anche dell’inutile backtracking a costringere a ripetere a ritroso una sezione già superata, magari per puro caso, e dei livelli da affrontare senza planata, ancor più complessi e frustranti, a rovinare ulteriormente la festa. Ho dovuto ripetere alcune sezioni decine di volte, trovandole a volte ingiuste, e senza mai provare quella tipica soddisfazione che i giochi più ardui offrono come compenso per i sadici che si mettono alla prova. Al contempo però, la fluidità dei movimenti della protagonista e il senso di libertà trasmesso dalla planata sono riusciti a rapirmi, facendomi vivere un contrasto interno agrodolce, ma nulla più. E quell’incantesimo attivato dallo splendido stile artistico e da quel tasso di sfida così elettrizzante, si è via via affievolito, dopo l’ennesimo retry e collezionabile ignorato. Una volta presa confidenza con le sue spietate meccaniche, The King’s Bird diventa domabile e mansueto, ma è la ripetitività finisce con lo smorzare lo stimolo a proseguire.

Conclusioni

The King’s Bird sa di occasione sprecata: un platform indubbiamente affascinante, visivamente delizioso e dal tasso di sfida molto più arduo di quel che le sue atmosfere eteree lascino immaginare, che non è da bocciare in toto, ma tra l’esagerata precisione richiesta nel superare i suoi salti, i suoi baratri e le sue insidie, e una ripetitività (sia visiva che ludica) che stanca facilmente, noia e frustrazione finiscono col chiedere il riscatto.

Se vi manca la difficoltà folle di Ori and the Blind Forest e la sua grafica unica, il platform di Serenity Forge potrebbe fare al caso vostro, ma dovrete mettere in conto tanta, tanta pazienza: io vi ho avvisato.

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