The Last Case of Benedict Fox – Recensione

Annunciato alla gamescom dello scorso anno, The Last Case of Benedict Fox è uno di quei titoli che ha suscitato parecchio interesse nei videogiocatori, soprattutto negli amanti dei metroidvania e degli scenari squisitamente “lovecraftiani”. E anche se, ed è inutile negarlo, molteplici produzioni si ispirano alle opere di Lovecraft, sembra che noi videogiocatori non ne abbiamo mai abbastanza. Soprattutto se si avverte quel senso di originalità che potrebbe far davvero la differenza.

Ma quello che poi la fa davvero, al di là di un comparto artistico veramente notevole, è il gameplay, che nel caso di The Last Case of Benedict mostra il fianco in più di un’occasione per via di hitbox non sempre perfette e di un sistema di combattimento poco reattivo.

Il titolo di Plot Twist mescola alla formula esplorativa dei metroidvania una bella porzione di enigmi tutti da risolvere, di cui alcuni davvero molto ostici. L’idea alla base è molto interessante, peccato che la nostra investigazione non sia stata delle più rosee.

Dove eravamo rimasti? Siamo nel 1925 a Boston e, senza tanti preamboli sul passato del nostro protagonista, ci ritroveremo in una vera e propria Mansion, una di quelle che urlano al mistero appena ci si addentra. E da buoni investigatori del mistero e dell’occulto dovremo iniziare a lavorare al nostro “ultimo caso”: l’omicidio di nostro padre e della sua seconda moglie.

E si sa, ogni investigatore dell’occulto ha sempre un aiuto, un’entità sovrannaturale (e dai tratti mostruosi) meglio definita con l’appellativo di “Compagno”. Questo demone tentacolare ci aiuterà nel corso di tutta la nostra avventura e, come vedremo, sarà fondamentale per il proseguimento dell’investigazione.

Il nostro caso ci proietterà in una sorta di inferno, creato dalla mente dei cadaveri che abbiamo appena rinvenuto. I temi affrontati sono molto delicati e abbiamo gradito il messaggio di avvertenza a schermo degli sviluppatori rivolto alle persone estremamente sensibili ai temi trattati. Crediamo che ogni videogioco dalle tinte horror o con caratteristiche sovrannaturali dovrebbero includere questo tipo di avvertenza.

Un metroidvania con fondali suggestivi e atmosfere agghiaccianti

Una volta approdati in questo limbo (chiamato proprio così) dovremo divincolarci tra i vari cunicoli mentre scopriremo il passato del nostro caro deceduto, trovando altresì degli indizi per risolvere i vari enigmi nella villa, che funge da sorta di hub principale.

Ogni viaggio ci metterà dinnanzi a nuovi misteri, a oggetti appartenuti alle povere vittime e preziosi ricordi. Ogni “tassello” o indizio che troveremo nel limbo ci darà modo di affrontare diversi enigmi, fondamentali per la prosecuzione del nostro impegnativo caso.

Questi ultimi sono basati principalmente sulla simbologia generale e numeri, e alcuni si riveleranno talmente ostici che metteranno a dura prova la vostra pazienza. Ma per fortuna, i ragazzi di Plot Twist hanno trovato una quadra anche per coloro che non hanno voglia o che semplicemente non amano risolvere i puzzle game. In questo caso basterà abbassare semplicemente la difficoltà dei rompicapi nel menù di gioco e, dietro la pressione di un semplice tasto, tutto sarà automaticamente risolto. Tuttavia il nostro consiglio è quello di giocare The Last Case of Benedict Fox alla difficoltà standard, ovvero così come è stato pensato dagli sviluppatori.

Tra gli altri aiuti sono attivi anche quelli relativi all’esplorazione (che non ci faranno perdere all’interno dei vari cunicoli) e al combattimento, per renderlo più permissivo e meno stressante. Ma il vero stress non è certo dato dalla marcata difficoltà (anche se a volte sarete messi a dura prova) ma dalla realizzazione a tratti incerta del combat system e da hitbox imprecise con degli input non sempre riconosciuti.

Dunque, come faremo a difenderci dalle varie creature demoniche all’interno del limbo? In primis ci affideremo alla nostra baionetta, una lama molto affilata che ci permetterà di scagliare precisi fendenti nelle carni delle bestie dietro pressione di un singolo tasto. Gli attacchi che andranno a segno ricaricheranno la pistola lanciarazzi che farà un danno importante una volta esploso.

E il nostro compagno? Non solo ci aiuterà a difenderci ma potrà compiere delle imprese mai viste, come attirare un nemico per permettere a Benedict di eseguire un potente attacco corpo a corpo. Non solo: evolvendosi, il nostro mostruoso “amico” potrà farci raggiungere anche luoghi inesplorati negli inferi.

The Last Case of Benedict Fox presenta un gameplay legnoso e delle hitbox approssimative

E questa evoluzione sarà possibile solo tramite i tatuaggi, ottenibili raccogliendo una giusta quantità di inchiostro dai vari cattivoni. Ma bisogna fare attenzione, se non fisseremo l’inchiosto nei vari check point (ovvero gli ancoraggi per tornare alla villa), in caso di morte tutto quello che abbiamo ottenuto andrà perduto. Tuttavia avremo una sola possibilità per recuperarlo e, se falliremo, lo stesso tornerà in mano ai demoni: tutto questo non vi ricorda qualcosa?

Il problema delle hitbox imprecise ci può portare a diversi game over, e questo vuol dire perdere tutto il nostro “bottino” per motivi che non dipendono dalle nostre capacità. Al di là di tutto, anche la fluidità generale non ci è sembrata delle migliori. Non perderemo però i frammenti di ricordi, legati anche agli oggetti storia, che ci conferiscono una certa valuta per acquistare oggetti di equipaggiamento, tra cui aumento dell’energia e altri vantaggi.

In soldoni, The Last Case of Benedict Fox è un vero e proprio metroidvania 2,5D, con fondali suggestivi e dall’atmosfera agghiacciante pensati per farci vivere un’esperienza dai tratti angoscianti. Le mappe che andremo a scoprire sono tutte collegate e dovremo accederci in più tempi per scoprire sempre nuovi indizi al fine di risolvere tutti gli enigmi. Le fasi platform non ci hanno pienamente convinto: il salto da una piattaforma all’altra non è sempre perfetto e il doppio salto a volte non viene riconosciuto dal nostro controller.

Se da un lato possiamo vivere un’esperienza (di poco più di 10 ore) parecchio suggestiva, dall’altro quello che di buono è stato fatto viene appannato da un gameplay legnoso e pressioni di tasti non riconosciute: questo vuol dire un game over facile.

Graficamente parlando è davvero gradevole e il doppiaggio in inglese è particolarmente riuscito (soprattutto nelle tonalità inquietanti del nostro compagno). Anche a livello di localizzazione dei sottotitoli il lavoro è risultato parecchio appagante.

Conclusioni

The Last Case of Benedict Fox non è quel titolo che porta in gloria il genere videoludico legato al maestoso universo delle opere di H. P. Lovecraft. Ad essere onesti, poco si respira di quelle atmosfere, ma il racconto messo in piedi dai ragazzi di Plot Twist è abbastanza funzionale, a parte un finale che ci ha lasciato qualche riserva.

Questo metroidvania, realizzato squisitamente a mano, purtroppo presenta un gameplay legnoso e delle hitbox approssimative che possono generare più di qualche frustrazione. Interessanti gli enigmi che faranno gola ai videogiocatori più devoti, che dovranno altresì spremersi le meningi in più di un’occasione.

The Last Case of Benedict Fox aveva un grande potenziale su carta che poteva sicuramente regalare qualche soddisfazione in più. Tuttavia, nel momento in cui scriviamo, il titolo è disponibile su Xbox Game Pass: un piccolo viaggio nel limbo potrebbe risultare comunque interessante.

Xbox Game Pass Ultimate è disponibile da GameStop.

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