News 06 Giu 2013

The Last of Us – La Recensione

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Cosa spinge i protagonisti di film, libri e videogiochi dall’ambientazione post-apocalittica a combattere fino allo stremo delle forze per un briciolo di speranza sempre più lontana? E se anche riuscissero a restare in vita, che vita sarebbe quella successiva ad un lento ripristino della normalità, che normalità non lo è più? E’ forse il gene della follia, talmente radicato in essi, ad evitare agli stessi sopravvissuti di piantarsi da sé una pallottola nel cranio? La religione, oppure la consapevole repulsione del modo in cui viene dipinto l’aldilà sin dalla notte dei tempi? Naughty Dog vuol provare a dare una risposta, immergendoci in una delle avventure più incredibili degli ultimi anni. Varrà la pena essere “gli ultimi“?

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Lo ameranno: i procacciatori di emozioni videoludiche, i passati, presenti e futuri possessori di una PS3
Lo odieranno: i facilmente (ed esageratamente) impressionabili
E’ simile a: giocare contemporaneamente Metal Gear Solid, Uncharted, Alan Wake e Bioshock Infinite, mentre Pasolini recita l’intero “Les Fleurs du mal

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The Last Of Us_3D_ENGTitolo: The Last of Us

Piattaforma: PS3

Genere: Survival/TPS/Action

Sviluppatore: Naughty Dog

Publisher: Sony Computer Entertainment

Giocatori: 1

Online: Presente

Lingua : Italiano (Testi/Parlato)

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L'unione fa la forza...lo scoprirete sin da subito.
L’unione fa la forza…lo scoprirete sin da subito.

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Dieci piccoli infetti

Prendete i soliti zombi. Rendeteli più famelici, più intelligenti, anche un po’ più umani…molto più umani. Anzi, scordatevi gli zombi: hanno saturato il mercato, e sono talmente “di casa” da essersi ormai ritagliati un posto nei cuori di numerosissimi preadolescenti. I ragazzi di Naughty Dog hanno bene in mente questo concetto, e del resto il loro scopo non sembra essere quello di tormentare i nostri sogni, né di indurci a dare un’ulteriore controllata a quelle stanze troppo buie che ci troviamo a visitare prima di andare a dormire: i “levrieri” dell’intrattenimento digitale, ormai ufficialmente in possesso della ricetta della Coca Cola videoludica, vogliono, anzi, pretendono di narrare una storia, triste ma lontana dalla rassegnazione, permettendo al giocatore di viverla nella maniera più comoda ed intensa possibile.

Ellie and Marlene

Il magistrale storytelling, sempre più un marchio di fabbrica della software house in questione, ruota attorno alla disarmante voglia di vivere dei due protagonisti, il burbero e vissuto Joel e la giovane e ribelle Ellie, insinuandosi dentro le nostre menti, contorcendole e donandogli vita propria, un po’ come i funghi parassiti dai quali tutto è (ri-)nato. Una volta conclusi i lavori su Uncharted 3 infatti, il team si è ritrovato nella condizione di dover cambiare aria e di offrire al buon Nathan Drake delle meritatissime ferie. L’incontro con i Cordyceps, l’anello di congiunzione tra la malvagità di Madre Natura ed uno zombie, accese la scintilla del genio che si conferma ancora una volta di casa in quel di Santa Monica, e The Last of Us si rivela essere nient’altro che la più soddisfacente ed ambiziosa risposta alla domanda: “Cosa potrebbe mai accadere se un simile parassita potesse dominare gli umani, alla stregua di un esercito di  pericolose formiche?”.

Il faticoso peregrinare dei due eroi li porterà nel cuore pulsante degli States, ormai alla mercé di rimasugli di umanità, forze militari in costante allerta e sopravvissuti, con i quali avremo a che fare nel bene, ma sopratutto nel male, in più di un’occasione. Periferie e sobborghi saranno il teatro di una mitragliatrice mai stanca di sparare emozioni e colpi di scena, brividi e senso di insicurezza, un teatro nel quale il “noi” del titolo, il giocatore e i due protagonisti, dovrà agire come un’unica entità e senza prender fiato. I proiettili sapientemente caricati da Naughty Dog andrebbero però vissuti, piuttosto che recensiti ed analizzati, in quanto le parole, come mai prima d’ora, sarebbero delle volgari percosse sul volto degli avidi giocatori assetati di arte ludica: piuttosto che parlarvi delle Luci, degli individui che come satelliti ruotano intorno ai nostri Marte e Venere e li influenzano, o del perché le fastidiose “escort mission” di un tempo stiano guadagnando una dignità sulla quale nessuno avrebbe mai scommesso un penny, preferiamo lasciarvi col il fiato sospeso ed un dubbio: e se vi dicessimo che è tutto nato da un documentario della BBC, e che questi “funghetti” possano realmente compiere qualcosa di simile su degli ignari insetti, ma mai, almeno in teoria, su degli individui?

"Innocenza" non fa rima con "Pandemia"
“Innocenza” non fa rima con “Pandemia”

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Decadent, but NOT dying.

Ok, la trama è da Oscar. Le emozioni? A pacchi. Ma come faranno Joel ed Ellie a sopravvivere, a compiere la loro missione? In che modo il giocatore può unirsi a “loro“, intromettendosi in quel delicato rapporto ma diventandone al contempo il motore? Quello che sulla carta sembra essere un’accozzaglia di generi e meccaniche si dimostra invece essere un sublime ibrido ludico. Chi, se non Naughty Dog, poteva mescolare sapientemente e, soprattutto, coerentemente, elementi tratti da molteplici generi, come stealth, third-person shooter ed action, e condire il tutto con i Quick Time Event più emozionanti dell’ultima decade, oltre ad un elevato numero di situazioni in grado di rendere ancor più varia la nostra avventura? Se poi al tutto aggiungiamo libertà d’approccio, offerta dall’intrigante e “quasi” infallibile I.A., verosimiglianza fino allo sfinimento e la necessità di pianificare ogni singola mossa, è facile comprendere che ci si trovi al cospetto di un qualcosa al di fuori dei soliti canoni e cliché.

Gasmask punch

La potenza della narrazione vorrebbe e potrebbe spazzare via un qualsiasi debolissimo gameplay, ma quando lo scontro si rivela essere ad armi pari, è il giocatore stesso a fare la differenza. L’unico obiettivo “ufficiale” è la sopravvivenza, ma saremo “noi”, di volta in volta, a decidere come difenderla. Che siano i bui anfratti della periferia di Boston, o le Walking Dead-iane strade di Pittsburgh, ci sarà sempre qualcuno pronto a farci passare un brutto quarto d’ora, o peggio ancora, a rendere il nostro cranio una mal ridotta poltiglia. Umani o infetti, non importa, avremo moltissimi modi per superarli, con le buone o le cattive: in primis, potremo optare per della cara vecchia polvere da sparo. Tra pistole, revolver e fucili a pompa, un bel proiettile ben piantato in testa (o in ciò che ne rimane) fa sempre la sua porca figura, ma questo non è Uncharted: le pochissime munzioni a disposizione andranno usate con parsimonia, in quanto raramente verranno droppate dai nemici, e solo un’accurata perlustrazione delle splendide location, incluse le stanze più apparentemente inutili e distanti, ci porterà a ricaricare qualche colpo.

Il succitato fattore verosimiglianza entrerà però in azione, rovinando la festa ai provetti Rambo: oltre ad una ricarica lenta e spesso faticosa, il buon Joel, complice la tensione e l’inesperienza, non avrà la mano ferma del “solito” reduce di guerra. A renderci meno complicata la permanenza in questo splendido inferno ci penseranno gli integratori, sparsi un po’ ovunque, che ci permetteranno di potenziare alcune utili abilità, e i tavoli da lavoro, grazie ai quali potremo migliorare i nostri ferri (velocità di ricarica, cadenza di fuoco et similia) grazie ad attrezzi e a parti di armi che troveremo, anche in questo caso, solo esplorando e setacciando ogni singolo cassetto. Optare per un approccio così plateale e rumoroso, attirerà ovviamente su di noi le attenzioni delle orde di nemici che spesso ci ritroveremo ad affrontare, oltre ad essere psicologicamente stressante: mancare un bersaglio equivarrà ad un prezioso proiettile sprecato, e alla possibilità di ricevere danni o morire al semplice contatto.

UEC approachGli infetti che troveremo infatti, in base alla permanenza del parassita dentro di loro, saranno di vario tipo: i Runner, freschi di malattia, ci attaccheranno in gruppo, ma saranno i più semplici da abbattere, in quanto basteranno pugni e calci (affidati al tasto Quadrato) per metterli K.O., in emozionanti quanto frenetiche combo influenzate dall’ambiente circostante; se attaccati alle spalle, potremo inoltre strangolarli, evitando di allertare i loro simili nelle vicinanze e ripulendo la strada come il più astuto dei Solid Snake. La seconda tipologia di nemico più comune sarà invece quella dei Clicker, il cui verso riecheggerà nei vostri sogni per molte, molte notti, complice la possibilità, almeno agli inizi, di decretare il Game Over semplicemente afferrandovi…fino a che non comprenderete l’utilità dei coltelli. Oltre ad aprire alcune porte piene di succosi oggetti, vi salveranno la vita in più di un’occasione: peccato che, al contrario di quelli proposti dal compianto Chef Tony, non siano indistruttibili.

Ad ovviare una possibile “emergenza lame” ci pensa uno snellissimo quanto efficace crafting system: asciutto e senza troppi fronzoli, vi permetterà di creare in maniera estremamente intuitiva strumenti utilissimi, a partire dai medkit (che per essere utilizzati richiederanno del preziosissimo tempo durante il quale resterete in balia dei nemici), fino alle molotov e a delle squisitamente letali mazze ferrate, rudimentali quanto basta ma dannatamente preziose, soprattutto in presenza di poco graditi quartetti. Il tutto gestito da uno degli inventari più macchinosi del secolo, ma che, paradossalmente, rende la potenza emotiva di The Last of Us ancora più intensa. Ogni secondo perso a ricaricare, a cambiare arma, o a curarci è scandito da un battito del nostro cuore e da gocce di sudore, con la segreta speranza che nessuno sia nei paraggi per massacrarci.

Repairing turbine

Personalmente ho però trovato l’approccio stealth quello maggiormente riuscito ed empatico, nonostante una pecca in grado di spezzare la splendida atmosfera offerta dal team: in ogni dove troveremo bottiglie e mattoni, che potranno essere lanciati in punti strategici e poter così distrarre i nemici, i quali reagiranno coerentemente lasciandoci libero il campo per poter sgattaiolare alle loro spalle, o per preparargli una sgradita sorpresa. Peccato però che, almeno a difficoltà “normale”, la sublime I.A. zoppichi in alcune sporadiche sequenze, non notando il buon Joel o, peggio ancora, ignorando totalmente la presenza di Ellie o degli accompagnatori occasionali che si daranno il cambio al nostro fianco, spezzando, come detto, l’atrofizzante sensazione del dover far silenzio (anche “in real life“) affinchè l’umano nei paraggi non ci noti, o restando immobili, sperando che il Clicker di turno, senza occhi e naso, non percepisca la nostra presenza…per non parlare delle volte in cui ci ritroveremo ad interrompere concitate chiacchierate con un preciso strangolamento, senza che l’interlocutore ancora in vita si accorga di qualcosa.

La morte (o i 1000 modi per non sporcarsi le mani) sarà però soltanto uno dei molteplici tasselli che compongono questo ambizioso puzzle: Ellie non sarà una mera zavorra, tra dialoghi, deduzioni e battute, e la sua presenza ci offrirà decine e decine di enigmi ambientali, rendendoci inoltre protagonisti di pseudo-minigames mascherati da imprese necessarie a traghettare la narrazione: che sia una sequenza di tasti da premere per permetterle di raggiungere luoghi sopraelevati, una scala da spostare in un punto preciso o un qualche ingegnoso stratagemma che sarà necessario escogitare, a causa del suo terrore di nuotare, sarà davvero impossibile annoiarsi, consolidando un rapporto burrascoso che crescerà e si evolverà lungo il susseguirsi degli eventi, anche grazie a questi gesti concreti.

Se avete il timore di sporcarvi le mani, questa perla non fa per voi...
Se avete il timore di sporcarvi le mani, questa perla non fa per voi…

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Disperata truculenza

Pensavate che Uncharted 3 fosse l’insormontabile apice tecnico raggiunto dalla PS3, ormai in direzione pensionamento? Aspettate a contattare l‘I.N.P.S. Scrivere questa recensione con la valigia quasi pronta per Los Angeles al mio fianco ha, non a caso, un qualcosa di “onirico“: tra soli 4 giorni Sony e Microsoft confermeranno al mondo che l’old-gen è morta, e che le loro attuali console sono ormai dei macinini. The Last of Us raggiungerà invece gli scaffali al termine dell’E3, a baldoria finita e riflettori spenti, pronto ad urlare al mondo che l’ancora attivissima ammiraglia, ex-monolite nero ed ora snellissima e prestante fuoriclasse, sembra ancora avere moltissimo da dire.

Ellie by the window

Certo, la perfezione è lungi dall’essere stata raggiunta: tra lievi cali di frame-rate, sporadici fenomeni di tearing e delle textures non sempre convincenti, l’impressione è che l’acceleratore sia stato premuto con troppa parsimonia. La sensazione di trovarsi comunque al cospetto di un capolavoro viene però alimentata da una maestosa, disarmante, incredibile e maniacale cura per i dettagli, degna di finire negli annali videoludici, se solo esistessero. I volti trasudano umanità da tutti i pori (soprattutto nelle splendide cutscenes), i corpi dei protagonisti si muovono sinuosamente ed in maniera realistica, con tanto di armi verosimilmente riposte sullo zaino o dietro i pantaloni, le location emanano disperazione da ogni poro, e sembra proprio di girovagare in un enorme plastico, sul quale il ghigno compiaciuto degli sviluppatori, in veste di deus-ex-machina, regna sovrano e ammira in silenzio le nostre azioni.

Cadaveri in decomposizione avanzata, mobili distrutti, quartieri disabitati, auto inutilizzabili: ogni singolo oggetto è stato maniacalmente posizionato per illuderci, per rendere il nostro viaggio ancor più vivo ed umano, seppur di umanità ve n’è davvero poca. Sono però i contrasti giorno/notte, buio/luce, a dare il colpo di grazia definitivo alle nostre sinapsi: le morbose location chiuse e sotterranee, illuminate unicamente dalla nostra torcia portatile (con un realismo e una gestione delle ombre sbalorditivi), verranno accompagnate da brividi e sussulti, mentre il crepuscolo in superficie riscalderà i cuori, ormai pietrificati, dell’insolito “trio” (i due protagonisti e il giocatore), dei sopravvissuti.

E poi foreste, imponenti palazzi pericolanti, la pioggia con la fisica più convincente mai vista: il team si è davvero sbizzarrito a catapultarci nel cuore degli States, lasciandoci immedesimare nei panni di Joel ed Ellie con disarmante semplicità, complice il superlativo comparto audio, tra l’ottima localizzazione in italiano (con un doppiaggio di prim’ordine), soundtrack sommessamente redneck ed azzeccatissima, quanto decadente, “rumori” utili a localizzare i nemici, ma non per questo meno terrorizzanti, ed una cura generale davvero incredibile, con un audio influenzato da condizioni ambientali ed ostacoli fisici. Alcune incertezze legate all’equalizzazione tra le voci e il background, insieme agli intoppi grafici, non penalizzano quello che si rivela comunque il Number 1 dei comparti tecnici, almeno in ambito console. Un lavoro magistrale che corona una delle opere di punta di questo 2013 e dell’intero catalogo PS3.

Decadenza, poesia...c'è tutto.
Decadenza, poesia…c’è tutto.

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Trial & Error

L’andazzo dei giochi completabili in un pomeriggio sembra lontano anni luce dal DNA di The Last of Us: tra decine e decine di tentativi, morti e forti dubbi sul come proseguire, raggiungere le 15 ore a difficoltà “Normale” non sarà un miraggio: un numero di ore decisamente più alto della media, ma che riesce a concludere il suo ciclo vitale senza mai annoiare. Come da tradizione Naughty Dog, il completamento del titolo offrirà numerosi extra da sbloccare, a partire dai bozzetti fino a costumi e persino filtri per donare nuove tonalità al tutto. Come se non bastasse, tonnellate di note, biglietti, mappe e quant’altro andranno ad arricchire la già di per sé succulenta trama: il reperimento di alcuni specifici oggetti, apparentemente inutili, si riveleranno in realtà spunto di dialogo tra i protagonisti, rendendo l’esperienza generale ancor più appagante.

Il nostro consiglio è quindi quello di non comportarvi da “Runner”, ma di gustarvi ogni singolo dettaglio, ogni scorcio, ogni scartoffia, per un’immersione completa ad impagabile. Non ci è stato purtroppo possibile testare l’online: la copia recensione era priva del Network Pass, e non ci è stato neanche possibile acquistarne uno. Aggiorneremo questa recensione con le nostre impressioni sul comparto multiplayer non appena verranno aperti i server e ci sarà quindi possibile testarlo.

Il Sole scalda i cuori dei sopravvissuti
Il Sole scalda i cuori dei sopravvissuti

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In conclusione…

bollino-topDevo essere sincero: la lista dei titoli attesi con trepidazione, rivelatisi poi dei clamorosi buchi nell’acqua, è in continuo aumento. La fame di nuove tecnologie, così come la stanchezza dovuta ai 6/7 anni di ciclo vitale della “old-gen“, sfiancherebbero il più intrepido e caparbio dei developer, e l’usato sicuro, il ripescaggio delle IP e l’incurante sfruttamento delle stesse sembra ormai un trend irrinunciabile.

E poi c’è Naughty Dog: credevate che dopo l’exploit di Uncharted si fosse adagiata sugli allori? O che avrebbe rispettato il suo ciclico modus operandi generazionale, con un solo brand per piattaforma, timidamente lanciato sul mercato, confermandone il successo con un secondo capitolo e dando il colpo di grazia, consacrandolo con un terzo atto? The Last of Us trasuda voglia di sperimentare, di ammaliare, di sorprendere, ed in ognuno di questi casi eccelle, lasciando che il team salga in cattedra e offra delle lezioni di game design di prima scelta, con una classe unica e ormai riconoscibile.

Non solo perché la trama è quanto di più emozionante e coinvolgente si trovi in circolazione, né per il sublime gameplay, così intuitivo nella sua macchinosità e in flirt continuo con la verosimiglianza e la ricerca dell’imitazione spasmodica della realtà, valore quest’ultimo che lo accomuna al sontuoso comparto tecnico, non privo di sbavature ma così curato da provocare forti mal di testa, nel caso in cui si voglia fare un censimento dei ghiotti dettagli riprodotti.

La giostra emozionale sulla quale questo vero gioiello vi catapulterà, tra tensione, conforto e paranoia, si rivelerà essere una vera e propria palestra di vita, in previsione di un’ipotetica apocalisse zombie/infetti: garantito.

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