The Last Remnant Remastered – Recensione

Sebbene la continua produzione di remaster stia un po’ inasprendo il pubblico, è innegabile che molte volte faccia piacere recuperare dei vecchi classici: vuoi perché non si ha più la vecchia console, o non si è acquistato il gioco all’epoca, oppure caso ancor più importante sono cadute le barriere dell’esclusiva ed è infine diventato accessibile anche a un’altra fetta di pubblico. Quest’ultimo è proprio il caso di The Last Remnant Remastered, che vede Square-Enix pescare nel parco titoli Xbox per riproporre il titolo su PS4 dopo il debutto su Steam qualche anno fa. La fama di questo peculiare JRPG non è fra le migliori, avendo collezionato a suo tempo pareri piuttosto discordanti. Il gioco non prevede alcuna scampagnata in giro per il mondo poiché ci si dirige verso dungeon o città semplicemente selezionandoli sulla mappa. Una scelta forse giustificata dagli ambienti piuttosto spogli e che il team di sviluppo ha provato a bilanciare con l’introduzione di un sistema di combattimento diverso da quanto visto fino a quel momento: pur mantenendo infatti la struttura a turni, il giocatore è chiamato a gestire non i singoli personaggi ma piccole brigate che agiranno come unicum dopo aver impartito loro uno specifico comando.

Questa soluzione ha diviso sia pubblico sia critica, eppure a riguardarla dieci anni dopo risulta qualcosa sì di particolare ma non ingiocabile come sembra sia passata. Non essendo un remake, The Last Remnant Remastered non rivede in alcun modo il gameplay né la narrazione: la storia rimane dunque identica, con il protagonista Rush Sykes in una forsennata ricerca della sorella rapita per motivi sconosciuti. Il gioco ruota in toto attorno a questo obiettivo, per completare il quale Rush dovrà svelare misteri inerenti ai Remnant, misteriosi e magici artefatti che hanno causato numerose guerre nel corso del tempo. Nel far questo il giovane incontrerà molti personaggi: alcuni di loro lo seguiranno nel corso dell’avventura mentre altri ovviamente lo ostacoleranno.

La particolarità di The Last Remnant Remastered è che, al contrario di tanti JRPG, sebbene Rush sia il protagonista della storia non ne è comunque il focus. Figlio di una coppia di ricercatori di Remnant e in missione per salvare la sorella rapita, fa parte di una rara narrazione che non coinvolge genitori morti o amnesia di sorta per alimentarsi e anzi, se Rush non fosse così intrinsecamente legato al potere dei Remnant che gli concede abilità straordinarie in battaglia coprirebbe un ruolo ben più secondario. La lente d’ingrandimento è invece posta su David Nassau, reggente della città-stato di Athlum che si destreggia in mezzo a continui intrighi politici per rendere la propria terra una vera e propria nazione indipendente. The Last Remnant Remastered non ci mette alla guida di un gruppetto di mocciosi desiderosi di cambiare le sorti del mondo, no: avremo il controllo dei personaggi più disparati, da mercenari fino a incantatori di alto lignaggio e persino dello stesso David assieme ai propri fedelissimi soldati, e come avrete già capito saranno pochi i personaggi effettivamente inerenti alla storia – la maggior parte si metterà alle dipendenze di Rush in base alla quantità di denaro che vorremo investire. Esatto, le gilde dopotutto servono proprio a questo e prosperano anche grazie alle nostre necessità.

Come abbiamo accennato, quando arriva il momento di lottare per le vostre vite non impartirete comandi alle singole unità che compongono la vostra squadra. Saranno le Unioni a indicarvi il tipo di mosse che possono eseguire in base a come sono composte e agiranno poi come un gruppo coeso, una meccanica che raramente ci è capitato di vedere in un JRPG a patto di non chiamarsi Criminal Girls. Cosa comporta tutto questo, in pratica? Un esempio esplicativo è che includere un incantatore nella vostra Unione poiché in grado di far esplodere le unità nemiche con una semplice magia, non significa che avrete sempre a disposizione quel comando – molto dipende dai PA ma anche il numero di combattenti dello stesso tipo all’interno di un’Unione influenza gli attacchi disponibili.

All’inizio può sembrare frustrante ma con la pratica si arriva lentamente a capire come far sì che il sistema operi secondo le nostre esigenze, soprattutto quando si tratta di tenere in piedi la squadra: in quanto Unione, infatti, i personaggi dispongono di un’unica barra dei punti vita condivisa fra tutti, esaurita la quale il gruppo è sconfitto. Fortunatamente l’eventuale dipartita di Rush non porta a un immediato game over ma vi accorgerete presto come anche solo la mancanza di un’Unione porti uno squilibrio non indifferente nelle battaglie, soprattutto se per aumentare in fretta il vostro livello deciderete di affrontare più orde nello stesso tempo.

Proprio in merito a questo si pone l’elemento forse più complesso di The Last Remnant Remastered, soprattutto per i neofiti: il Battle Rank (BR), in italiano tradotto in modo piuttosto fuorviante semplicemente come livello. Rispetto ai RPG tradizionali dove all’aumentare del livello del personaggio corrisponde un aumento delle sue statistiche, nel titolo in questione il Battle Rank corrisponde a una misura delle prestazioni sul campo di battaglia che aumenta la difficoltà dei nemici incontrati portando a scontri sempre più complessi mano a mano che lo incrementerete. Esistono due tipi di BR, uno visibile dal menu o alla fine di ogni scontro e un altro invece nascosto che viene determinato per ciascuna Unione dai singoli membri che la compongono – dunque è soggetto a continue variazioni.

The Last Remnant Remastered è estremamente tattico e complesso

Stando a queste informazioni, il grinding sarebbe effettivamente sconsigliato in The Last Remnant Remastered in favore piuttosto di scontri singoli con nemici particolarmente potenti oppure contro più orde possibili. Ciò perché il Battle Rank e le singole statistiche dei personaggi non salgono assieme: l’aumento di queste ultime è infatti dovuto all’uso attivo, o ripetuto se si tratta di Arti, che se ne fa. Significa dunque che partendo lancia in resta con un grinding tipico dei comuni RPG finirete quasi sicuramente con un Battle Rank squilibrato rispetto alle vostre effettive statistiche, trovandovi a boccheggiare a ogni combattimento. In questo senso, il punto cruciale dello sviluppo dei personaggi si base in parte sui titoli della serie SaGa: l’utilizzo attivo di determinate statistiche ne determina l’incremento e quello ripetuto delle abilità non solo ne aumenta l’efficienza ma risulterà in un’effettiva evoluzione delle stesse.

È trascorso un decennio dal debutto di The Last Remnant e non si possono negare i passi avanti mossi con le diverse edizioni: per dirla senza mezzi termini, l’originale su Xbox 360 era orrendo sotto molti aspetti perché, pubblicato prima che la console consentisse l’installazione di giochi sul disco rigido, offriva una performance dimenticabile. Tempi di caricamento lunghissimi, animazioni lente e diversi altri problemi di prestazioni hanno reso questo titolo un’ardua impresa; il primo miglioramento lo si avrà con l’implementazione della Modalità Turbo nella versione PC, il cui apporto in termini di revisione completa è valso al gioco un passo avanti nelle recensioni grazie a una serie di migliorie che sono poi approdate anche nella versione PlayStation 4, rappresentando ancora la vera e propria novità di The Last Remnant Remastered.

Di fatto fra PC e PS4 non si notano differenze a livello contenutistico, sono audio e grafica a rappresentare la versa diversificazione. Al contrario dell’edizione PC, stranamente quella PS4 non offre il dual audio costringendo chiunque voglia godersi l’esperienza in giapponese a cambiare la lingua del sistema dalle impostazioni della console, ma ovviamente questo significa trovarsi cambiati anche i testi – inutile, se non avete dimestichezza con la lingua; non è ben chiaro il motivo dietro la scelta di togliere il dual audio e sicuramente non farà la gioia dei puristi, che molto spesso hanno criticato gli adattamenti inglese bollandoli come poco incisivi.

La versione PS4 di The Last Remnant Remastered offre prestazioni equivalenti a configurazioni medio-alte su PC

Anche dal punto di vista grafico, sebbene si noti un leggero miglioramento rispetto alla già valida versione PC, non c’è lo stesso tipo di impostazioni: persino su PlayStation 4 Pro mancano le opzioni per modificare la risoluzione, il frame-rate, la qualità delle texture o banalmente impostazioni comuni su computer come le ombre. Siamo dunque di fronte a quel concetto di “one size fits all” che rende The Last Remnant Remastered su PS4 equivalente a prestazioni medio-alte su PC. Permane l’effetto pop-in tipico dei titoli sviluppati in Unreal Engine ma si verifica soltanto nel momento in cui si carica una zona per la prima volta, evitando di ripetersi quando si passa dalle battaglie al campo aperto e viceversa. Per la maggior parte, The Last Remnant Remastered mantiene alto il frame-rate su PS4 Pro sebbene non sembri avvicinarsi al 4K60, tranne quando la Modalità Turbo è attiva (e anche lì potrebbe essere solo un’illusione dettata dalle animazioni più veloci).

Permane ancora un po’ di letterbox durante i dialoghi della storia ma, a parte questo, la maggior parte delle texture e dei modelli dei personaggi sembra persino migliore della versione PC. The Last Remnant Remastered non fa molto per mostrare di essere un remaster completo; la versione PS4 è però a tutt’oggi l’edizione definitiva (in parte a causa dell’eliminazione della versione PC da Steam). Non è tanto ambizioso quanto il precedente lavoro di Square-Enix con Star Ocean 4, ma si impegna quanto basta per far funzionare un JRPG sperimentale riproposto con nuova versione dell’Unreal Engine.

Conclusioni

A The Last Remnant Remastered si possono imputare tutti i difetti del suo tempo ma bisogna ricordare che nasce da un tentativo di sperimentazione in grado di offrire spunti interessanti: certo, la complessità del Battle Rank e dunque del sistema di combattimento avrebbe necessitato una spiegazione più dettagliata soprattutto nei confronti di chi si approccia per la prima volta al genere JRPG, ma per i giocatori più navigati rappresenta una sfida interessante e un modo per guardare a questa tipologia di videogiochi con occhi nuovi.

Ci sentiamo di raccomandarlo agli appassionati in virtù del suo coraggio nel tentare qualcosa di innovativo (per l’epoca, s’intende, sebbene anche ora non ci siano molti titoli simili in circolazione) e del fatto che, una volta assimilato, è effettivamente divertente e appagante. Potrete sentire Rush esclamare “Let’s kick some A” fino alla nausea, eppure ogni volta vi troverete coinvolti nella pianificazione delle singole battaglie, perché l’imprevisto è sempre dietro l’angolo.

Alla fine The Last Remnant Remastered prende quanto di buono fatto con la versione PC e vi aggiunge alcune migliorie dal punto di vista grafico per attrarre tanto una nuova generazione di videogiocatori, quanto chi della vecchia guardia non ha avuto occasione di provarlo.

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