The Legend of Zelda: Symphony of the Goddesses - Roma - GameSoul.it
Editoriale 16 Nov 2015

Roma-Hyrule sola andata

Report della tappa romana del tour The Legend of Zelda: Symphony of the Goddesses

Metallari, jazzisti, techno-addicted: non c’è oltranzismo che tenga al cospetto di una colonna sonora ben fatta, di quelle in grado di scavare nell’animo più burbero ed impenetrabile, indipendentemente dall’apprezzamento o meno di quella che per tanti, troppi, è musica “noiosa”, “da vecchi”, quando di mezzo ci sono un violino o un clarinetto. Quelle dei film ci accompagnano per un lasso temporale molto breve, due ore circa, una goccia nell’oceano della vita. Quelle dei libri, nella nostra mente, ce le portiamo forse in eterno. Quelle dei videogiochi ci entrano sotto la pelle e in alcuni casi particolarmente eclatanti, non ce le scrolliamo più di dosso, e non importa il numero di strumenti, la qualità del bit-rate o la pulizia del suono: anche una scarna melodia riprodotta da una console a 16-bit, nella mente del giocatore, può sembrare un coro celestiale.

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Videogiochi leggendari hanno spesso inciso il loro nome nella memoria collettiva grazie a brani, a cornici melodiche indimenticabili, tributate, nel migliore dei casi, con un freddo disco: la maturità del medium videoludico ha però portato con sé la proliferazione di vere e proprie manifestazioni musicali, con tanto di tour, intere orchestre avulse ai “soliti” Mozart e co., e video confezionai ad hoc che ripercorrono i momenti salienti della saga d’appartenenza, una scrematura di frammenti e sensazioni forse ingiusta, dovendo fare una cernita del meglio del meglio. Si tratta di vere e proprie celebrazioni, di raduni collettivi di appassionati che, ancor più che in un classico concerto, sembrano essere uniti da una forza interiore, in questo caso una Triforza: giovani, giovani troppo cresciuti, pargoli e famiglie, che cantano e fischiettano in ricordo dei pomeriggi passanti con un joystick in mano.

The Legend of Zelda: Symphony of the Goddesses è anche questo: un vero e proprio rito, un’immersione completa e totale nel mondo di Hyrule, un viaggio di sola andata sulle ali delle creazioni del maestro Koji Kondo, eseguito da 90 orchestrali diretti da Amy Andersson. Dopo la tappa milanese di aprile, è il turno della Capitale, con somma gioia e sorpresa degli appassionati un po’ delusi dall’esclusiva territoriale (apparente e momentanea) dell’evento precedente. Un bis gradito in questo tour mondiale fatto di emozioni e sold-out da Parigi a New York, dalla Spagna all’Irlanda.

L’importanza dell’occasione viene ribadita dai video-messaggi di tre figure chiave della genesi di questa saga così amata e fondamentale nel panorama videoludico, ovvero Miyamoto-san (che non ha bisogno di presentazioni), Eiji Aonuma, che dal 98 segue la gestazione di ogni produzione della serie, e il già citato Koji Kondo, fucina di melodie e temi non solo protagonisti di questa serata, ma anche della stragrande maggioranza delle produzioni Nintendo. Le loro parole cariche di emozione e genuinità stridono un po’ con l’alone di marketing che un simile show porta dietro (e il messaggio promozionale iniziale senza troppi convenevoli dedicato all’ultimo capitolo, Tri Force Heroes, rappresenta forse l’unico momento di disincanto), ma i loro interventi (completamente in giapponese con soli sottotitoli in inglese, con sommo disappunto di buona parte del pubblico non anglofono) impreziosiscono ulteriormente l’esperienza, tra commenti e riflessioni, anche sull’importanza del ruolo che la musica ha sempre rivestito in The Legend of Zelda, essendo parte dello stesso gameplay.

The Legend of Zelda: Symphony of the Goddesses - Roma - GameSoul.it
The Legend of Zelda: Symphony of the Goddesses – Roma – GameSoul.it

Vi tolgo subito un primo dubbio: no, non c’era nessuna ocarina sul palco, con dispiacere mio e di altri presenti. In compenso (e più seriamente), mi sento di premiare l’approccio scelto, ovvero quello di strutturare il tutto come una vera e propria sinfonia divisa in 4 movimenti, dedicati quasi interamente alla “seconda giovinezza” della saga: medley tematici, e intermezzi ed overture con protagonisti i temi più noti ed amati. Al contrario infatti di quanto visto e sentito in Distant Worlds, unico tipo di manifestazione (incentrata su Final Fantasy) col quale posso fare un raffronto (avendo assistito al concerto dello scorso giugno in quel di Los Angeles, organizzato in occasione dell’E3), non c’è stato un focus sui singoli brani, un approccio che permette sicuramente di godersi per intero tra le canzoni più apprezzate, costringendo però al contempo a fare una cernita e a tener fuori, per forza di cose, gemme meno note, o peggio, capolavori eseguiti fino allo sfinimento.

20151115_191140Tramite il medley, e un sapiente lavoro di amalgama che ha coinvolto tanto lo spettro sonoro quanto quello visivo, grazie a video di accompagnamento che ben sottolineavano e riportavano su schermo la controparte ludica del frammento musicale in esecuzione (sia essa una sequenza video o di puro gameplay), il risultato finale è stato un compendio assolutamente riuscito, coerente nonostante i rapidi balzi temporali, ma soprattutto, emozionante, un turbine di ricordi, sensazioni ed atmosfere che, tra sussulti e cambi repentini, è riuscito a dipingere nei cuori degli spettatori capitolo di gioco, ma anche di vita, condensando il tutto in sole due ore di concerto. Parti soavi scandite dalla sola arpa, voci celestiali, momenti riflessivi e pacifici immersi in odi alla natura e al mondo, e altri ben più carichi di tensione, quelli con protagonista il crudele Ganondorf nelle sue varie forme ed apparizioni, o uno dei tanti boss tributati, seguiti cupamente dall’oscura frenesia dei violini. Ma anche sequenze marinaresche, con quel Wind Waker immerso nel blu dell’oceano, suggestioni tribali, raffiche ritmiche, e flauti, che con decisa dolcezza hanno sostituito meritevolmente la magica ocarina di Link.

Due atti, un’esecuzione a tratti magistrale (quantomeno nel primo atto, dove nel secondo si è riscontrata qualche sbavatura), gli immancabili bis, gli istrionici comportamenti del direttore d’orchestra, l’americana Amy Andersson, gli applausi sperticati, i “Grazie!” del pubblico dopo un ritorno in scena prevedibile, ma inaspettato. Un’esperienza non perfetta (nessuna presentazione dei singoli brani/movimenti, nemmeno una parola in italiano sul concerto in generale o tra i sottotitoli dei video-messaggi), una scaletta che non riesce a coprire l’intera saga, e che tiene un po’ in disparte alcune gemme (Skyward Sword è stato tributato forse un po’ troppo frettolosamente e superficialmente), ma The Legend of Zelda: Symphony of the Goddesses è, come detto, uno splendido compendio, un concentrato di emozioni e ricordi, una raccolta di momenti impossibili da dimenticare, una serata di musica e magia, non necessariamente per i soli fan della prima ora (nonostante l’età media non fosse palesemente proprio bassa). Ma anche una festa, tra cosplayer (pochini) e famiglie, in uno splendido Auditorium Conciliazione non troppo gremito, ma che per circa due ore si è trasformato in un pezzo di Hyrule, con tanto di manti erbosi e leggende ancestrali, avvolto com’era dalla Triforza.

Per saperne di più: http://zelda-symphony.com/

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Programma:

~ACT I~

  • Overture

~INTERLUDES~

  • Gerudo Valley
  • Boss Battle Medley
  • Suite from Majora’s Mask
  • A Link Between Worlds

~THE SYMPHONY~

  • Prelude ~ The Creation of Hyrule
  • Movement I ~ Ocarina of Time
  • Movement II ~ The Wind Waker

~ACT II~

  • Intermezzo ~ Great Fairy’s Fountain
  • Movement III ~ Twilight Princess
  • Movement IV ~ Time of the Falling Rain
  • Finale

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