Le fiabe esistono da secoli ma nonostante il loro simbolismo e linguaggio figurato si possano trovare piuttosto facilmente, è invece più raro che un videogioco scelga di mostrarsi sotto questa forma. Non ci riferiamo a quelle trasposizioni rose e fiori dai colori vividi che spesso entrano nelle nostre case sotto forma di cartoni animati: la situazione in questo caso è ben diversa, una vera e propria discesa nel macabro e nella disgrazia presentata attraverso l’estetica da vecchio libro delle fiabe, così accattivante che sembra quasi di sentire l’odore delle pagine.
Premettiamo che il gameplay non è sempre all’altezza di questa storia molto ben raccontata, portandosi anzi a volte in secondo piano, ma per chiunque sia rimasto affascinato dai suoi tratti d’inchiostro e dal mondo che portano in vita, o sia alla ricerca di un’esperienza più tranquilla, quieta, The Liar Princess and the Blind Prince è un gioco che merita uno spazio nella sua libreria. Il gioco si appoggia sulla sua estetica fiabesca fin dall’inizio. Un’introduzione lenta ed estrosa, volta a impostare il proprio mondo, la storia e i personaggi attraverso il racconto testuale: in una foresta abitata da mostri e dominata da una strega, nessun essere umano ardisce avventurarsi per timore di ciò che si nasconde nelle ombre, ma un giovane principe resta affascinato da una voce melodiosa che ogni notte gli scalda il cuore. Non sa che a cantare è un feroce lupo il quale, nonostante apprezzi il principe come suo pubblico, non vuole mostrargli la sua vera forma poiché umani e mostri sono da sempre nemici.
Una notte, tuttavia, il principe riesce a coglierlo di sorpresa e arrampicarsi sul promontorio dal quale canta: terrorizzato che possa scoprire la sua identità, il lupo lo aggredisce ferendolo al volto con gli artigli e privandolo così della vista.
Il giovane viene soccorso ma a causa del suo volto sfregiato, la famiglia lo rinchiude poi in una torre. Divorato dai sensi di colpa, il lupo inizialmente cerca di scoprire cosa gli sia successo e una volta appresa la sua condizione, accetta un patto con la strega della foresta per assumere una forma umana (nello specifico, di una principessa) e guidare così il principe da lei affinché lo curi. Mano nella mano, i due si avventurano quindi verso l’ignoto e noi con loro, in cerca del lieto fine che ogni fiaba porta con sé. Assieme alla sua morale.
Certo, stiamo comunque parlando di un videogioco e come tale intervalla queste sezioni narrative con il gameplay vero e proprio. Controlliamo la principessa che, con la semplice pressione di un tasto, può tornare a essere un lupo: bilanciare queste due forme è la chiave per consentire al principe di superare in sicurezza le trappole, i meccanismi e persino i nemici che popolano la foresta. Da esseri umani sono prede facili ed estremamente vulnerabili ma laddove il giovane non può sopperire a questa sua debolezza, la principessa ha la facoltà di mutare e lasciarlo momentaneamente indietro per andare in avanscoperta e farsi un’idea dei dintorni. Questo perché alla fine sarà costretta a riassumere sembianze umane per prendere il principe per mano e accompagnarlo verso la meta, dandogli al contempo suggerimenti su come procedere. Si alternano dunque situazioni equivoche che strappano più di un sorriso a momenti invece di veri tumulti esistenziali.
The Liar Princess and the Blind Prince è un’esperienza lenta e ponderata
Dall’altro lato, tornando alla forma lupina si è pressoché invincibili: i mostri capaci di uccidere un umano in un singolo colpo non possono nemmeno toccarci, mentre a noi bastano pochi colpi d’artiglio per avere la meglio. Il lupo è anche in grado di saltare più in alto e il suo peso maggiore permette la risoluzione di determinati enigmi. Col tempo si imparano i pro e i contro di entrambe le forme e si intuisce come gestire meglio queste trasformazioni per superare qualunque ostacolo ci separi dalla strega. Pur apprezzando la meccanica, è stato il modo in cui il gioco ha introdotto più elementi legati a questo aspetto a renderlo divertente.
The Liar Princess and the Blind Prince è un’esperienza lenta e ponderata, e ogni nuova aggiunta aumenta sia la profondità del gameplay sia la confusione con il senso di misticismo e difficoltà che deriva dalle nebbiose profondità della foresta. Va però detto che nulla si sente mai davvero difficile e tutti i decessi o gli errori che ne derivano sono stati messi in sicurezza da frequenti checkpoint. Inoltre c’è la possibilità di saltare determinate sequenze se queste si rivelano troppo difficili. Non è un gioco ideale per chi cerca sfide più impegnative, preferendo concentrarsi più sulla narrazione intervallata da qualche enigma interamente focalizzato sulla logica.
Nel complesso, l’intero gioco è una missione di scorta. Il principe è per lo più sotto il nostro controllo, poiché tenendo premuto un pulsante possiamo tenerlo al nostro fianco mentre ci muoviamo – sebbene a volte qualche leggera imprecisione in termini di reattività abbia portato a esiti spiacevoli. Bisogna però dare credito al gioco e dire che la sensazione di star solo accompagnando qualcuno senza particolari altri guizzi è pressoché impercettibile, grazie anche al ruolo cruciale che lo stesso principe copre nell’attraversamento della foresta. Di tanto in tanto è fastidioso andare in avanscoperta, tornare indietro per prendere la mano al nostro menomato compagno e poi scortarlo lungo una strada percorsa appena pochi secondi prima, ma è quello che serve per condividere davvero un viaggio insieme.
Pur avendolo giocato su PlayStation 4, non abbiamo dubbi che The Liar Princess and the Blind Prince sia un titolo perfetto da aggiungere alla libreria soprattutto di Nintendo Switch: la sua splendida estetica visiva e il ritmo compassato ne fanno il gioco ideale da godersi avvolti dalle coperte e illuminati solo da un abat-jour. Questa storia della buonanotte dalle tinte buie non si risparmia nel toccare temi cupi: li indossa con orgoglio, facendo emergere il titolo tra i suoi contemporanei. Anche se il gameplay non soddisfa esattamente i punti salienti della sua narrativa e stile, vale comunque la pena perdersi al suo interno. |
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