The Procession to Calvary non è un gioco per tutti e non solo nella misura in cui è un’avventura grafica vecchio stampo, dalla struttura e dal gameplay assolutamente lineare, tremendamente old school. Sordo alla contemporanea ossessione per il politicamente corretto (che di questi tempi mette puntualmente i bastoni tra le ruote a certe espressioni del comico), Joe Richardson, già inviso ai perbenisti a tutti i costi per aver dato i natali a Four Last Things, si è esibito in un riuscito bis anelato dagli amanti del black humor, delle battute taglienti, di chi preferisce ritmi compassati e arguti enigmi, ad adrenaliniche sequenze action da superare indenni grazie alla propria abilità con il pad.
L’improbabile protagonista di questa epopea dalle tinte rinascimentali è una donna d’arme, una combattente che non vuole accettare l’idea di un pensionamento anticipato, ora che la guerra è finita e tutti i nemici sono stati sconfitti. Tutti meno uno, a ben vedere, estrema e forse ultima valvola di sfogo per la belligerante eroina, che pur di aggiungere una tacca alla sua cintura è disposta ad intraprendere un lungo viaggio pur di reclamare la testa di Heavenly Peter, ultimo villain ad essere sopravvissuto all’avanzata di una non meglio specificata armata mossa a difesa di valori e virtù moralmente ineccepibili.
Sarebbe un errore sperare di trovare in The Procession to Calvary un gameplay stratificato, figlio di meccaniche complesse ed enigmi protesi a stimolare il più possibile le capacità logiche e deduttive dell’utente.
Le qualità della creatura di Joe Richardson sono altrove. L’avventura, di per sé, è priva di variazioni sul sentiero prestabilito. Inoltre non si va mai più in là della raccolta di specifici oggetti, facilmente reperibili parlando con gli NPC che animano le ambientazioni, i quadri che attraverserete.
Gli appassionati di arte rinascimentale, difatti, saranno continuamente colti da spassosi déjà-vu. Scenari e personaggi stessi, protagonista compresa beninteso, sono l’irriverente frutto di un collage di opere più o meno note di pittori quali Rembrandt e Michelangelo. Nelle sincopate animazioni che danno vita agli NPC, negli accostamenti tra un quadro e l’altro, si scorge la stessa (geniale) impertinenza che ispirò Marcel Duchamp nella realizzazione di L.H.O.O.Q., la famosa Gioconda con i baffi.
Sebbene la longevità sia relativamente contenuta l’avventura non mostra il fianco a momenti poco ispirati
L’intento dell’autore, difatti, è di divertire l’utente con una narrazione ironica, demenziale, persino scorretta. C’è una certa influenza dei Monty Python, ma anche di fonti d’ispirazione più contemporanee come South Park o i Simpson. Lo sfondamento della quarta parete, per esempio, è la norma, così come i giochi di parole, caratteristica che potrebbe scoraggiare chi non è completamente a proprio agio con l’inglese, visto il frequente ricorso a termini gergali in un titolo che manca della localizzazione nella nostra lingua.
La protagonista, per raggiungere il suo obiettivo, potrà quindi analizzare porzioni dello scenario, parlare con i personaggi, sguainare la spada in situazioni circoscritte per risolvere in modi alternativi e sanguinolenti alcuni enigmi, eventualità che aprirà la strada ad uno dei diversi finali previsti da The Procession to Calvary.
Sebbene la longevità sia relativamente contenuta (parliamo di sei ore al massimo per trovarsi faccia a faccia con Heavenly Peter), l’avventura non mostra il fianco a momenti poco ispirati. I collage strappano continuamente risate, così come i numerosi dialoghi con i vari personaggi.
Non c’è alcuna intenzione di ricreare il contesto storico pur veicolato dai quadri tirati in ballo, né il plot procede con coerenti effetti di causa-effetto. L’unico intento di Joe Richardson era di divertire l’utente e da questo punto di vista la missione può ritenersi brillantemente compiuta.
The Procession to Calvary è un’avventura grafica che allieterà un ristrettissimo pubblico. Particolarissima, politicamente scorretta e caratterizzata da una comicità spesso nonsense, si fregia di un comparto artistico irriverente e a suo modo sorprendente. Più che un vero videogioco, ha le sembianze di un’opera interattiva votata alla comicità. L’interazione dell’utente è difatti limitatissima, così come il gameplay in generale, quanto mai effimero e sacrificato sull’altare delle esigenze di copione, un intreccio che pur presenta una manciata di snodi che conducono a differenti finali. Se conoscete bene l’inglese e se siete alla ricerca di uno spassosissimo passatempo, che magari solletichi la vostra passione per l’arte figurativa, The Procession to Calvarty saprà regalarvi diverse ore di sorprendente intrattenimento. |
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