SUDA51, nome d’arte per Gōichi Suda, è probabilmente fra i game designer più estrosi, per non dire folli, del panorama videoludico. Chi lo conosce, avrà amato giochi come Shadows of the Damned, Killer 7, Lollipop Chainsaw, Killer is Dead e via discorrendo, il suo portfolio è ben nutrito. Tra tantissimi videogiochi uno diverso dall’altro, fa capolino anche una visual novel datata ben prima dei titoli appena citati, 1999: stiamo parlando di The Silver Case, un crime noir che a suo tempo non salì alle cronache e fu recuperato soltanto in seguito, grazie al lavoro di Suda con Killer 7. Assieme al suo seguito, è tornato nella versione Nintendo Switch intitolato The Silver Case 2425.
A ben guardare, non sorprende che The Silver Case fosse passato in sordina, perché sovvertiva abbastanza uno degli aspetti fondamentali di una visual novel: essere esteticamente appetibile. Quel gioco non lo era, la grafica era probabilmente l’ultima delle preoccupazioni e certo sorprende pensare che un prodotto pensato per catturare l’attenzione anche grazie a un comparto artistico piacevole non si curasse affatto di questo aspetto. Ciò detto, se avete imparato a conoscere SUDA51 negli anni, allora no, la cosa non dovrebbe stupire. Stiamo parlando di una figura sopra le righe, al cui estro è spesso difficile stare dietro e che non ha assolutamente vie di mezzo: o lo si ama, o lo si odia – nel senso che non si apprezzano i suoi videogiochi.
The Silver Case in particolare, e il suo seguito The 25th Ward: The Silver Case, si sono rivelati essere giochi di difficile digestione non solo per l’utilizzo di un inglese non banale e spesso ridondante, che non aiutava nella comprensione di una narrazione incredibilmente criptica, a volte resa dispersiva dagli stessi dialoghi tra i personaggi. In genere siamo restii a considerare la mancata localizzazione un malus ma è anche vero che dipende da quale gioco stiamo analizzando: una visual novel rientra tra i casi spinosi, quelli capaci di alzare un muro tra loro e un giocatore che non mastica molto bene la lingua. I due titoli summenzionati, in particolare, avrebbero beneficiato di una traduzione per essere fruiti anche dai meno esperti, perché la conoscenza richiesta dell’inglese è un po’ più sopra la media, complice anche una trama fin troppo intricata e difficile da seguire.
Del resto le vicende narrate, più legate tra loro di quanto si pensi nonostante gli anni (in game e non) che le separano, ruotano attorno ruotano attorno alle follie di un serial killer chiamato Kamui Uehara: in The Silver Case si indaga personalmente su di lui, diventato leggendario per il suo coinvolgimento durante il cosiddetto “Caso Argentato”, vent’anni prima degli eventi correnti, in cui uccise una serie di funzionari governativi senza che nessuno abbia mai capito chi, o che cosa, fosse Uehara. Nel presente, una serie di misteriosi omicidi seriali affligge la città e gli investigatori dell’unità del reparto 24 dell’Heinous Crimes Unit ha gli occhi puntati proprio su Kamui Uehara. Che sia davvero tornato?
The Silver Case 2425 è un porting ridotto ai minimi termini
In The 25th Ward: The Silver Case, ambientato cinque anni dopo l’originale e con un nuovo 25° reparto sorto nell’area della baia di Kanto, una serie di eventi apparentemente casuali scaturiti dalla misteriosa morte di una donna vedrà il coinvolgimento di volti più o meno noti, tra cui il detective Morishima Tokio. Il quadro che emerge mettendo insieme tutti gli indizi è quantomeno inquietante ma non vi diremo altro per non rovinarvi la storia qualora voleste sperimentarla in prima persona.
The Silver Case e The 25th Ward: The Silver Case sono stati rispettivamente recensiti qualche anno fa, il primo nella sua edizione rimasterizzata e il secondo invece come gioco ex novo. Per questo motivo, la recensione di The Silver Case 2425 non si soffermerà sui due giochi in particolare (potete leggere una disamina più approfondita negli articoli linkati) quanto su cos’abbia portato di nuovo l’edizione Nintendo Switch rispetto alle precedenti – al di là dell’ovvia portabilità.
In realtà c’è poco o nulla da aggiungere più di quanto non sia stato già detto nelle precedenti recensioni. Il pacchetto ripropone l’impostazione HD già proposta su PlayStation 4 e PC, questa volta in chiave portatile che è poi l’unica novità di spessore: le visual novel sono generalmente giochi che fanno della portabilità il loro cavallo di battaglia e The Silver Case 2425 non fa eccezione. Certo, ci sono l’aumento della risoluzione, i nuovi artwork, caratteri, texture ed effetti sonori da considerare ma si tratta comunque di migliorie che non vanno a spalleggiare granché un’esperienza graficamente ancora povera, in cui l’attività principale sarà leggere righe su righe di testo cercando di dare un senso a quello che stiamo vivendo.
A sfavore di questa riedizione per Nintendo Switch giocano la mancata localizzazione in italiano, che come già detto sarebbe da valutare per le visual novel ma in particolare per questa, e il prezzo: raramente ci esponiamo sulla questione ma, a fronte di un porting ridotto davvero ai minimi termini, la spesa richiesta ci sembra davvero eccessiva pur trattandosi di due giochi. Soprattutto perché chi ha già avuto modo di immergersi nel visionario crime noir di SUDA51 non ha alcun motivo di acquistarlo nuovamente, a meno di non voler approfittare della portabilità. Si tratta però di due storie che vissute una volta bastano per sempre.
The Silver Case 2425 è una visual novel strana e angosciante, che chiede un certo impegno per essere seguita e compresa. Il gameplay è ridotto all’osso, saranno i testi a fare la maggior parte del lavoro e a voi non resterà che seguirli – o provarci, considerata la necessità di un inglese sopra la media che verrà comunque messa alla prova. Atmosfera e personaggi funzionano, se si riesce a coglierli, il ritmo è discreto e per chi conosce l’autore non è difficile coglierne l’essenza nel corso di entrambe le esperienze. Va detto che, se già ne siete consapevoli, allora avrete anche avuto modo di giocare The Silver Case e The 25th Ward: The Silver Case a loro tempo. La remaster per Nintendo Switch è molto minimale e dalla sua dimostra di avere solo il vantaggio della portabilità: per il resto, la mancata localizzazione in italiano e il prezzo non la favoriscono. |
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