Mars: War Logs era un gran bel gioco. Non che il titolo d’esordio dei francesi di Spiders, ad oggi, rappresenti uno dei titoli più acclamati all’interno del panorama europeo, ma in quell’action GDR dalle meccaniche profonde e dalla narrazione sopraffina di potenziale ce n’era parecchio. Gameplay, sviluppo del personaggio, combattimenti e dinamiche ruolistiche tutto tranne che superficiali rappresentavano i pregi indiscutibili di un titolo che, nonostante i propri limiti, riusciva a ricreare alla perfezione quelle atmosfere cupe e asfissianti che tanto cinema quanto letteratura hanno da sempre usato per descrivere il pianeta Rosso.
Un leit motiv, quello marziano, che accompagna la nuova creatura dello studio parigino: dopo aver fatto il proverbiale “salto” con Bound by Flame, ufficiale consacrazione di Spiders tra gli “sviluppatori che contano” nonostante i limiti di un prodotto sì interessante ma ancora acerbo sotto diversi punti di vista, è finalmente giunto il tempo di ritornare in quel di Marte: una Marte forse ancora più dark e opprimente di quella che a suo tempo abbiamo imparato a conoscere, corrotta fino al proprio midollo ma, a sorpresa, enorme e ricca di zone da esplorare. Personaggi dagli scopi poco nobili, disparate razze aliene, una tradizione millenaria a cui è legata l’esistenza stessa del pianeta e poi loro, i Technomancer, l’anello di congiunzione tra il guerriero e il mago, a salvaguardare l’esistenza della vita a migliaia di chilometri dalla terra: un buon mix di ingredienti, per un titolo che non nasconde i propri modelli ispiratori e, alla fine della fiera, segna un ulteriore passo avanti nel curriculum dei ragazzi di Spiders.
Se da un lato è evidente che la fantasia non manca affatto tra le mura di casa Spiders, dall’altro è parimenti lampante come l’evoluzione dell’Action GDR abbia rappresentato una solida base di partenza per lo sviluppo di The Technomancer. Dall’ultimo Mass Effect a The Witcher 3, passando per mai troppo lodati classici, questo sequel spirituale di Mars: War Logs mira a creare momenti di memorabile epicità in salsa Sci-Fi, mettendo sul piatto della bilancia un equilibrio bilanciato di componenti GdR, tutto tranne che superficiali già dalle primissime battute di gioco, e di fasi combat dal potenziale non trascurabile, almeno sulla carta, basate sulla compresenza di tre stili differenti di lotta alternabili a proprio piacimento.
Partiamo proprio da questo aspetto, il combattimento. Nei panni di Zachariah, ufficiale Technomancer dalle umili origini ma promosso al ruolo di Tenente per le sue indiscutibili doti di tenacia, abilità e integrità, verremo introdotti nel corso del tutorial iniziale a quelli che sono i rudimenti del combattimento nel pianeta rosso.
Sulla carta, dunque, il combat system di The Technomancer sembra godere di una profondità ragguardevole e di una varietà di approccio, complessivamente, superiore alla media
Ogni Technomancer padroneggia tre distinti stili di combattimento: il primo, quello più tradizionale, è lo stile Guerriero, tecnica melee che prevede l’utilizzo di un bastone (o una mazza) di ferro lasciando spazio all’agilità del combattente, che può schivare con volteggi e capriole i fendenti avversari contrattaccando al momento opportuno. Al polo diametralmente opposto risiede lo stile Guardiano, ideale per i combattimenti contro i nemici più pericolosi, laddove esso prevede l’utilizzo di uno scudo – in termini offensivi e difensivi – a fianco della classica arma melee di metallo, ma più rigido e tattico – visto che la presenza dello scudo renderà impossibile a Zachariah schivare i colpi avversari. Chiude il trittico lo stile Furfante, la più imprevedibile (e soddisfacente in termini di gameplay) delle tipologie, che metterà a disposizione di Zach un coltello avvelenato e una pistola: una soluzione per certi versi azzardata, ma che permette al nostro alter ego di eliminare rapidamente i nemici più vicini con rapidi affondi, mantenendo a debita distanza eventuali fastidi sfruttando la propria bocca da fuoco.
A questi, inevitabile, si aggiunge una tecnica “passiva” che contraddistingue la classe dei Technomancer, la possibilità di elettrificare la propria arma aumentando sensibilmente l’entità del danno inferto. Sulla carta, dunque, il combat system di The Technomancer sembra godere di una profondità ragguardevole e di una varietà di approccio, complessivamente, superiore alla media: la possibilità di alternare da uno stile all’altro nel mezzo di un combattimento, inoltre, permette al giocatore di mantenere una condotta di gioco tattica e ragionata, passando da uno stile all’altro a seconda della criticità della situazione. Ciascuno stile, inutile dirlo, presenta uno skill tree proprio ove utilizzare i punti esperienza guadagnati nei combattimenti e dopo il completamento delle quest: non si tratta, almeno inizialmente, di un processo di crescita eccessivamente intuitivo, ma una volta a regime permetterà a chi gioca di perfezionare una tecnica piuttosto che un’altra, a seconda della predisposizione di ciascuno.
Tuttavia, la fase di combattimento non è esclusivamente rose e fiori. Tra le velleità del team di sviluppo, è impossibile non notare quella predisposizione a riproporre, almeno in parte, le meccaniche che hanno da sempre caratterizzato l’operato di Rocksteady nel nuovo franchise di Batman, il celebre Freeform Combat. Una predisposizione che, pad alla mano, si concretizza soltanto in (piccola) parte: manca la fluidità che contraddistingue la sorgente ispiratrice, mancanza resa ancora più evidente da un set di animazioni non sempre precisissimo e, in alcuni casi, un po’ troppo legnose e “brusche” da saltare subito all’occhio. Il combattimento di The Technomancer regala soddisfazioni, specie quando la telecamera rallenta a sottolineare una schivata dal tempismo perfetto, ma manca di raffinatezza o, in alcuni tratti, di quell’eleganza ravvisata in altre produzioni. Un difetto destinato a pesare in modo maggiore nel proseguimento del titolo, quando gli scontri si fanno via via più intensi e, di conseguenza, tali limiti divengono evidenti. La possibilità di lootare e di craftare armi speciali e componenti del nostro vestiario (abiti, elmetti, guanti, stivali e via dicendo), ciascuno caratterizzato da specifici valori di attacco, difesa e resistenza elementali, è sicuramente un incentivo alla sperimentazione e, parimenti, all’esplorazione delle lande di Marte alla ricerca del potenziamento perfetto: ma una gestione delle telecamere troppo ballerina nel corso della lotta e, in modo analogo, un sistema di lock troppe volte affidato al caso rendono spesso destabilizzante la lotta – con picchi di frustrazione nelle fasi conclusive.
Già dopo le prime tre o quattro ore di gioco le quest acquistano spessore, forti di un background narrativo particolarmente interessante
Discorso diverso per la componente ruolistica di The Technomancer, di ispirazione tradizionale e, non del tutto incolpevolmente, priva di acuti significativi o di introduzioni peculiari che vadano ad arricchire la personalità del titolo. La ricetta alla base del titolo di Spiders è comunque solida, articolata su una main quest che raggiunge comodamente le 20 ore di gioco e supera le 30, qualora – come è caldamente consigliato – si decida di avventurarsi nelle numerose missioni secondarie. La varietà della tipologia di missioni è encomiabile, anche se è proprio qui che gli effluvi di The Witcher, nonostante il drastico cambio di setting, si fanno sentire maggiormente. Chiuso un occhio sulle missioni iniziali, che fungono da “tutorial a largo respiro” per prendere la giusta dimestichezza con combattimento, crafting, esplorazione e sviluppo delle skill base del personaggio, già dopo le prime tre o quattro ore di gioco le quest acquistano spessore, forti di un background narrativo particolarmente interessante e, per la gioia degli amanti del GdR più puro, destinate ad accompagnarci per svariate ore prima di dichiararsi completate del tutto.
Immancabile lo skill tree delle abilità del personaggio, che va ad affiancarsi a quello legato al combattimento e permette di investire specifici punti nell’affinamento di determinate caratteristiche. Esse sono le più tradizionali, e spaziano dal carisma – utile per convincere “a parole” gli NPC che incontreremo nel nostro cammino – all’abilità nello scasso, passando per forza, agilità o resistenza ai veleni o ai danni da armi da fuoco. Niente di nuovo, per carità, ma quanto ci si aspetta da un tradizionale RPG è lì al proprio posto, e funziona come si deve. Il limite maggiore del tessuto ruolistico, piuttosto, cade forse in uno degli aspetti più delicati della produzione: la caratterizzazione dei personaggi. Da un lato abbiamo Zach, incorruttibile Technomancer dagli enormi poteri ma incapace, per tutto il playthrough, di trasmettere anche la più banale delle emozioni umane – dalla scarsa espressività del volto, indipendentemente dalle scelte effettuate nella creazione del PG, al suo tono di voce freddo e privo della minima variazione, finirete per pensare più di qualche volta che si tratti di un’automa senza sentimenti. Dall’altro abbiamo gli NPC comprimari, dai combattenti dell’esercito ai colleghi Technomancer, privi anche di un briciolo di carisma (esclusion fatta per il solo Sean Mancer, maestro di Zach) e dello stesso spessore psicologico di un foglio di carta. Piatti e complessivamente anonimi, i figli di questo charachter design vanno a stridere in modo evidente con una narrazione complessivamente godibile, che si avvale di dialoghi a scelta multipla per nulla superficiali, di un sistema di moralità capace di fare la differenza in più di qualche occasione (fidatevi, è meglio avere qualche amico in più e qualche soldo in meno, che trovarsi ad estrarre le armi ad ogni occasione) e di un albero decisionale, specie nelle fasi conclusive, drammatico. Peccato che sarà lo stesso Zach a non trasmettere la minima empatia o partecipazione emotiva.
Un nuovo punto di partenza per Spiders Studio
Di fronte a quanto esposto sin’ora, la parentesi tecnologica lascia un po’ il tempo che trova. Il che, badate, non significa affatto ad affermare che The Technomancer sia un titolo arretrato: al contrario, i passi avanti dai tempi di Bound by Flame sono a dir poco evidenti, e testimoniano una cura e un’attenzione del tutto nuova da parte del team di sviluppo, almeno per la versione PlayStation 4 da noi provata. Certo, il paragone con i pesi massimi dell’industria è ancora azzardato: le animazioni sono ancora lontane dalla perfezione, così come la realizzazione degli scenari, specie quelli interni, denota una cura del dettaglio non sempre eccelsa e una ripetitività degli asset a tratti evidente. Lo stesso vale per l’AI nemica, che non brilla per reattività ed intraprendenza – nonostante la tenacia degli scontri avanzati, e per una serie di altri accorgimenti (effetti volumetrici o sistemi di illuminazione) realizzati discretamente, ma con netti margini di miglioramento. Tuttavia, è bene non dimenticare le dimensioni degli Spiders, difficilmente paragonabili ad altri sviluppatori più esperti ma più numerosi: sotto questa luce, il compromesso appare ragionevole.
A distanza di anni, Mars: War Logs ha finalmente un sequel. Un sequel spirituale, certo, ma pur sempre un’opera che riabbraccia quelle atmosfere angoscianti e cupe di uno dei pianeti che, da sempre, maggiormente affascinano l’immaginario collettivo dei giocatori: Marte. The Technomancer nasce da fondamenta pregiate, seppur meno note di quanto meriterebbero, e prende in prestito gran parte del know how action/RPG da titoli e sviluppatori che, nel corso degli anni, hanno saputo dire la propria a gran voce all’interno dell’industria. E lo fa con l’umiltà di chi non mira ad imporsi come trend setter del mercato, ma piuttosto con quella di un giovane sviluppatore con un’esperienza discreta sulle spalle, ma desideroso di dimostrare che c’è qualcosa dopo la gavetta, qualcosa capace di stupire e affascinare The Technomancer riesce parzialmente in questo intento. Una narrativa complessivamente ben strutturata e un buon mix delle sue componenti base rappresentano i due punti di forza maggiori del titolo Spiders, che tuttavia soffre di problemi tecnologici evidenti, seppur non in grado di minare drasticamente l’esperienza di gioco, e di alcune implementazioni interessanti sulla carta ma, pad alla mano, acerbe e convincenti soltanto fino ad un certo punto. L’evoluzione da Bound by Flame, il titolo ad ora più celebre dello studio, è senza dubbio evidente e coinvolge tutti gli aspetti della produzione: ma più che ad un punto di arrivo, lo sviluppatore francese approda con The Technomancer ad un nuovo punto di partenza. Più complesso, variegato ed interessante: ma la strada per raggiungere Marte è ancora lunga. |