Thymesia – Recensione

L’influenza di From Software, in grande e in piccolo, continua a essere presente in molti action-RPG. L’ultimo caso con cui siamo venuti a contatto è Thymesia (già acquistabile sullo shop online di GameStop), sviluppato dallo studio taiwanese OverBorder Studio, titolo che aveva già catturato la nostra attenzione su Twitter, dove capita più spesso di avere alcune anticipazioni sullo stato dei lavori da parte degli sviluppatori stessi, perché sembrava pizzicare un po’ qua e un po’ là. Nella sua apparente semplicità, inoltre, sembrava offrire un’azione più frenetica rispetto a un Souls più classico e, pad alla mano, abbiamo scoperto in effetti essere così, con l’aggiunta inoltre di una personalizzazione del suo protagonista, Corvus, sorprendentemente flessibile.

Nonostante si ispiri a tanti suoi predecessori, il gioco riesce comunque a offrire un’esperienza piacevole e da un certo punto di vista originale, che potrebbe fare da buon trampolino di lancio perché in futuro lo studio di sviluppo si dedichi a un progetto più ambizioso. Ci è bastata infatti una manciata di ore per portarlo a termine, un tempo comunque ben speso e trascorso volentieri, che ci ha dato molta più soddisfazione di quanto inizialmente avessimo previsto. Se non siete avvezzi ai Souls, o pensate che siano ancora uno scalino troppo ripido, passare prima da Thymesia potrebbe aiutarvi a entrare nell’ottica. Con una raccomandazione, però: la trilogia di From Software e la produzione di OverBorder Studio restano comunque due esperienze ben distinte, da non confondere e da approcciare ben sapendo di dover adottare uno stile di gioco ben specifico (un discorso simile già fatto, a suo tempo, per Sekiro: Shadows Die Twice).

Seguiteci dunque nelle profondità del regno di Ermes, vestite con noi i panni di Corvus e scoprite questo piccolo ma ben confezionato action-RPG all’interno di un’ambientazione in rovina, devastata da un misterioso morbo.

La trama di Thymesia, com’è un po’ tradizione per molti giochi che si ispirano ai Souls e/o Bloodborne, è fumosa. Viene detto che diversi regni sono stati messi in ginocchio da una piaga per la quale non si è riusciti a trovare una cura: il solo scampato alla condanna è Ermes, il regno sugli alberi, grazie anche all’arrivo di una donna misteriosa, Esmeralda, che si dichiara alchimista e promette a Re Edoardo di trovare un modo per trasformare la malattia in una cura. Qualcosa tuttavia non deve aver funzionato, poiché il morbo inizia a diffondersi anche per tutto Ermes fino a lasciare soltanto morte e distruzione. Qui entriamo in gioco noi, nei panni di Corvus, un personaggio misterioso che indossa una maschera identica a quella dei medici al tempo della peste. Alchimista a sua volta, l’uomo ha tuttavia perso la memoria e dovrà ripercorrere un viaggio a ritroso per ricordare la formula che potrebbe debellare una volta per tutte la piaga; o anche aggravarla, questo starà solo a noi.

Una volta raggiunti i titoli di coda si resta un po’ interdetti: è come se mancasse qualcosa.

Se nelle sue singole parti la storia gode di collezionabili sufficienti per far comprendere cos’è accaduto nelle aree che andremo a visitare, quando la si guarda nel complesso, una volta raggiunti i titoli di coda, si resta un po’ interdetti: è come se mancasse qualcosa, un collegamento che aiuti soprattutto a dare un contesto a Corvus, la cui figura risulta essere fin troppo fumosa. La sensazione è che tutto si sia interrotto troppo presto, abbozzando appena i personaggi e lasciando alcuni vuoti che ci sarebbe piaciuto vedere riempiti. La narrazione prende molto spunto da Bloodborne, soprattutto quando si parla di sangue vile e puro, mentre le ambientazioni pescano anche dai Souls, rivelandosi sufficientemente distintive per non scadere troppo nel generico – soprattutto considerato che sono molto poche.

Sfortunatamente mutuano anche l’approccio criptico alla trama, con la differenza che di oggetti chiave ce ne sono pochissimi e, salvo alcuni da mostrare a due personaggi specifici per avere informazioni a riguardo, gli altri sono del tutto generici e non apportano nulla alla narrazione. Il che non sarebbe un male, se solo la storia seguisse un corso più completo di quanto in realtà risulti alla fine. Un peccato, perché ci sono diversi personaggi accennati interessanti che avrebbero meritato più spazio, anche solo per iscritto. Così ci sembra invece di avere un lavoro svolto a metà, interrotto all’improvviso e privo di alcuni pezzi a nostro avviso fondamentali.

L’aspetto in cui Thymesia emerge di più, né sarebbe lecito aspettarsi diversamente, è il sistema di combattimento, al quale si lega a doppio filo lo sviluppo di Corvus. Caratterizzato da un ritmo più frenetico del solito ed incentrato attorno al parry, quindi accostandosi più a Sekiro che non ad altri titoli From Software, il gioco adotta per i nemici un sistema a “doppio indicatore”: la salute e le ferite. Immaginate queste ultime come uno strato ulteriore sotto la barra della vitalità. Eseguendo normali colpi di sciabola, l’unica arma di Corvus, assieme al pugnale utilizzato per deflettere gli attacchi, priveremo chiunque in modo permanente di una piccola porzione di salute ed infliggeremo ferite, che andranno a rigenerarsi con il tempo e ripristineranno dunque la vitalità. Per evitarlo, è necessario aggredire all’istante i nemici con l’artiglio che, a differenza della spada, agisce soltanto sulle ferite aperte: questo è il modo più rapido per sbarazzarsene e porta rapidamente a rendersi conto di quanto l’approccio al combattimento sia molto simile a quello adottato dal Lupo, il protagonista di Sekiro appunto. Una danza forse meno elegante, ma comunque incentrata sul deviare gli assalti per lasciare “scoperti” gli avversari (deflettere infatti causa ferite, la cui gravità può essere incrementata con lo sviluppo di Corvus) e aggredirli nel loro punto più debole.

Non esistono tuttavia colpi critici o posture da spezzare per rivalersi sul nemico. Ogni colpo conta, in Thymesia, ma bisogna imparare fin da subito a non farsi prendere dalla fretta. I pattern, tanto dei boss quanto dei nemici comuni, sono leggibili con un po’ di pratica e qualche morte, basta adattarsi per scoprire come ignorare la tentazione di consumare l’indicatore delle ferite il più velocemente possibile sia la strategia migliore per la vittoria. La novità all’interno di questa coreografia è la presenza delle armi pestilenziali: si tratta di emanazioni delle armi utilizzate dai nemici, che possiamo o sottrarrare loro, sfruttando l’artiglio per farle diventare uno strumento monouso senza consumare energia, oppure creare accumulando i frammenti lasciati cadere dai nemici stessi. In quest’ultimo caso, le armi saranno sempre in nostro possesso – possiamo arrivare a equipaggiarne due – ma consumeranno energia ad ogni utilizzo. L’abbiamo trovata un’aggiunta molto interessante e votata a variegare l’approccio al combattimento, considerato quante ne abbiamo a disposizione nonché i differenti e distintivi vantaggi che portano. Non c’è nessuno esente dalla regola, significa che persino i boss sono soggetti a questa meccanica e l’idea di utilizzare la loro stessa offensiva è comunque stuzzicante.

L’aspetto in cui Thymesia emerge di più, né sarebbe lecito aspettarsi diversamente, è il sistema di combattimento.

Infine, oltre ai vari approcci derivati da come sceglieremo di sviluppare Corvus e di cui parleremo a breve, il nostro misterioso alchimista può reagire agli attacchi critici scagliando con il giusto tempismo una piuma, per interromperli e lasciare momentaneamente l’avversario con la guardia scoperta. Anche questa è una caratteristica apprezzabile, ma abbiamo notato come non sia sempre precisa, soprattutto con i colpi critici ravvicinati, al punto che inizialmente abbiamo preferito evitare il colpo per poi sbloccare un’abilità grazie alla quale poterlo deflettere. Un peccato, perché nell’insieme aggiunge un ulteriore tassello coregrafico a scontri che sfruttando appieno le potenzialità di Corvus. La sua solo occasionale affidabilità la rende tuttavia uno strumento che tende ad essere messo in disparte in favore di approcci più sgraziati, ma senza dubbio più efficienti, pur avendo un’intera sezione di personalizzazione dedicata nel menu di sviluppo di Corvus.

Arriviamo dunque alla gestione del personaggio. La peculiarità di Thymesia è che permette di plasmare Corvus a piacere, ma solo entro il livello 25 (su un massimo di 50): la scelta è chiaramente dettata dalla volontà di non rendere l’alchimista un “one man army” e soprattutto invitare i giocatori a sperimentare, dando unicità al protagonista secondo le proprie preferenze. Salire di livello rispecchia quanto visto negli anni all’interno dei soulslike/borne: si accumulano anime o quale che sia il nome di turno, si riposa al punto prefissato e lì si aumenta il proprio livello scegliendo quali statistiche aumentare. Per ogni livello, Corvus guadagna anche un punto da spendere nel menu Talenti, a sua volta diviso in sezioni che starà a noi scegliere se e come sviluppare: sono diverse e ovviamente i venticinque punti massimi disponibili non permettono di avere tutto, ma la comodità è poter revocare un punto speso in qualunque momento per assegnarlo ad altro. Se notiamo che una build di Corvus non ci convince o non funziona contro un particolare boss, non ci resta che riposare e cambiare le carte in tavola. Sotto questo punto di vista, abbiamo molto apprezzato la libertà concessa al giocatore: è vero – e giusto, per noi – che non si può avere tutto allo stesso tempo ma alla fine niente ci è davvero precluso.

Infine abbiamo un menu più piccolo legato alle pozioni, che non può mancare nel repertorio di un alchimista: sono tre fisse a disposizione, tra cui sceglierne una da equipaggiare, e si sbloccano a mano a mano che proseguiamo nel gioco. C’è la possibilità di potenziarle ottenendo oggetti speciali dai miniboss sparsi nei vari livelli, ma anche di perfezionarle aggiungendo degli ingredienti specifici tra quelli recuperati nel nostro girovagare. Esistono combinazioni specifiche molto più efficaci di quelle casuali, ma per realizzarle bisogna sfruttare gli indizi raccolti in giro sotto forma di collezionabili, oppure andare a tentativi e vedere se combinando questo o quello assieme si sblocca una delle otto ricette. Anche qui, quale equipaggiare e come modificarla dipende tutto dal nostro stile di gioco. Non esiste giusto o sbagliato.

Per quanto riguarda infine l’esplorazione, Thymesia è strutturato in livelli rigiocabili in qualsiasi momento e in missioni secondarie che si sbloccano una volta completata la principale. Sono tutte legate tra loro e a volte per proseguire dovremo portare a termine la precedente, inoltre pur ambientandosi tutte nel medesimo livello aprono o chiudono determinati passaggi a seconda del caso, facendolo giocare da un altro punto di vista. Il fatto che si tratti di memorie da ripercorrere permette questa continua rigiocabilità ed è un altro elemento che abbiamo apprezzato, soprattutto in virtù della presenza di finali multipli. Il peccato, e questo si lega alla storia incompleta, è che sono solo tre livelli più quello conclusivo in cui c’è unicamente il boss: arrivati alla fine siamo rimasti un po’ con l’amaro in bocca non per la brevità in sé, quanto per il fatto che ci sembrava mancasse qualcosa e questo, a sua volta, ha portato a considerare i tre livelli come non sufficienti ad approfondire tutto il necessario. Spiace perché a livello di narrazione gli eventi sono ben collegati tra loro, eppure difettano di quella profondità che avrebbe reso tutto più memorabile – anche grazie a una buona estetica e una colonna sonora di un certo rilievo. Nonostante tutto, però, Thymesia rimane un gioco consigliato.


Conclusioni

Thymesia è un action-RPG con elementi soulsborne che convince dal punto di vista del combattimento e della personalizzazione di Corvus, grazie alla totale libertà concessa al giocatore su come evolverlo, ma soprattutto alla possibilità di tornare sui propri passi in qualunque momento, ma pecca dal punto di vista della narrazione. Non per i contenuti quanto perché sembra manchino dei pezzi e un approfondimento dei personaggi che avrebbe garantito sia una maggior presa da questo punto di vista, sia una longevità maggiore.

Per quanto la brevità non sia un indice di quanto un gioco funzioni o meno, in questo caso si lega a doppio filo a una narrazione a nostro avviso incompleta e che lascia un leggero amaro in bocca per un progetto che avrebbe potuto osare di più.

Nonostante tutto, consigliato ai fan del genere, così come ai neofiti che vorrebbero tentare la strada dei Soulslike. Tuttavia non aspettatevi un capolavoro.

Potete già acquistare Thymesia sullo shop online di GameStop!

Commenti

Recensioni correlate

Tutte le recensioni