02 Giu 2016

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan – Recensione

Mondo Pizza! È al suono di queste due parole che le Tartarughe Ninja si facevano notare, e allo stesso tempo amare da quei ragazzini ora più che trentenni che hanno seguito con particolare affetto le loro avventure. Questo genere fantascientifico, un mix tra cultura zen e i famosi guerrieri giapponesi, nel corso degli anni ha saputo raccontare storie incredibili anche grazie al suo primissimo editore: Mirage Studios. Sull’onda di vari film, episodi animati e qualche videogioco, IDW Comic ha lanciato nel 2011 proprio una nuova serie a fumetti che riscrive le origini dei quattro fratelli ninja. Platinum Games, famosi per aver dato alla luce giochi come Bayonetta, e reduci dall’ottimo Transformers Devastation, tentano l’impresa con questo Tie-In: Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan in concomitanza dell’uscita nelle sale cinematografiche di Tartarughe Ninja – Fuori dall’ombra. Saranno riusciti nell’impresa, ben consci del fatto che il team interno a Platinum Games è lo stesso del non riuscitissimo ‘The Legend of Korra’? Scopriamolo insieme.

Shredder, il principale antagonista delle Tartarughe Ninja, sta prendendo accordi con il conquistatore galattico Krang per soggiogare l’umanità diffondendo in tutta la città di New York delle armi aliene. Al contempo, nelle vie di Manhattan il caos è sovrano, spetta quindi ai quattro iconici fratelli riportare l’ordine e scoprire le origini di questo disordine. Non mancheranno l’aiuto di April e dell’immancabile mentore Splinter, che forniscono supporto dal rifugio. La storia è indipendente dall’arco narrativo della serie TV, traendone però l’essenza, e proponendo incontri anche con storici nemici del calibro di Rocksteady e Bebop. La storia narrata è molto leggera e la natura umoristica delle tartarughe rimane intatta; niente di particolarmente complesso, adatto anche ad un’utenza più giovane. Il gioco è totalmente localizzato in italiano, anche nel parlato, e nonostante le voci non siano quelle ufficiali della primissima serie o di quella più recente, tutto sommato non dispiacciono.

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Il ritorno degli “svegli” Rocksteady e Bebop è una gradita sorpresa.

Al primo avvio, Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan ci mette nelle condizioni di apprendimento delle varie tecniche delle tartarughe: il maestro Splinter introduce ai comandi di gioco dando le prime nozioni sull’arte ninja ai suoi discepoli. Una volta completato l’addestramento base è compito del giocatore affrontare la minaccia in una modalità storia composta da 9 capitoli contraddistinti dal nome dell’avversario principale da sconfiggere. Il primo avvio non è tra i migliori: ci si ritrova da subito in una battaglia assurda contro il Clan del Piede in cui non si riesce a capire esattamente quello che si deve fare. Gli attacchi combo sono molto semplici e si riescono ad effettuare con una certa rapidità grazie anche al lock della visuale sul nemico, ed è molto importante concatenarli alle Abilità Ninjitsu: quattro in totale per ogni tartaruga, e possono essere potenziate con il completamento delle varie missioni. Platinum Games ha dato particolare rilievo alle abilità difensive e di schivata suggerendo diversi approcci, fondamentali ai livelli di difficoltà più elevati.

All’inizio di ogni area si deve scegliere la tartaruga preferita tra le quattro disponibili: Leonardo, Raffaello, Michelangelo e Donatello, a cui poter assegnare le varie Abilità Ninjitsu per avere diversi vantaggi o supporti nel corso delle battaglie. La scelta del personaggio nella campagna single player non è vincolante: si può passare da un guerriero all’altro con una combinazione di tasti non proprio immediata. Il cambio della tartaruga è fondamentale soprattutto durante le Boss Battle, poiché ogni fratello ha le proprie tecniche e abilità, quindi sfruttarle e concatenarle in modo saggio è fondamentale ai fini della vittoria. Quando un membro della squadra va al tappeto può essere soccorso entro un determinato tempo limite e se non si riesce, lo stesso finisce automaticamente nel rifugio, dove recupera le forze “abbuffandosi” letteralmente di pizza (e sappiamo quanto ne sono ghiotte). I partner controllati dall’intelligenza artificiale non sono totalmente autonomi, ed è possibile impartire comandi, chiedendogli ad esempio copertura, o di scatenarsi in combattimento, o semplicemente di fermarsi.

Ogni Tartaruga Ninja ha le sue peculiarità, ma il lavoro di squadra è fondamentale

Ogni episodio è sviluppato su una macroarea contenuta, nella quale sono presenti delle missioni il cui completamento contribuisce al riempimento di una barra, che una volta al massimo fa uscire allo scoperto il boss dell’area. La ricerca delle varie missioni avviene grazie all’uso del T-Glass, una sorta di modalità detective già vista nella saga di Batman: Arkham, che mostra nemici ed obiettivi grazie a una sorta di visuale termica. Il giocatore può raggiungere le varie mete correndo, saltando tra i palazzi, rimbalzando sulle tende, grindando sui corrimani e planando come veri Ninja. Tutti gli obiettivi segnalati da April (davvero logorroica e alla lunga fastidiosa) hanno un proprio livello di difficoltà e vengono generati randomicamente, mentre ripetendo lo stesso livello, le sottomissioni saranno diverse dalla partita precedente. Nei vari scenari sono presenti un numero consistente di oggetti da raccogliere per poi essere usati per recuperare energia (indovinate cosa?), armi da usare contro i “cattivi” o collezionabili (copertine dei vari fumetti IDW).

La progressione dei combattenti è quasi automatica: completando i vari episodi, vengono sbloccati casualmente i potenziamenti delle abilità Ninjitsu e il grado del giocatore. I punti guadagnati in battaglia ci permettono di potenziare la cosiddetta “Tartattrezzatura“, sviluppando i livelli delle abilità e sbloccandone di nuove. Qui possiamo anche equipaggiare gli amuleti sbloccati in game che offrono determinati vantaggi.

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La Selfie-Mania ha “catturato” anche le Tartarughe Ninja.

Allora il gioco è privo di difetti? Assolutamente no. Andando avanti nell’avventura non si può fare a meno di notare incongruenze nel gameplay. La ripetitività delle missioni, la “pochezza” di tipologie di nemici e saltuari bug degli hud di gioco (che spariscono improvvisamente) rendono il tutto abbastanza noioso e per certi versi frustrante. Continuando la storia è così evidente come Platinum Games non abbia avuto una cura certosina nei dettagli sia dal punto di vista tecnico che degli scenari, che appaiono abbastanza spogli e distaccati dai personaggi: le arrampicate delle varie tartarughe sono innaturali e non è ammissibile “grindare” in salita su un tubo (questo è privo di ogni logica anche per chiunque eserciti l’arte ninja). Ci siamo anche imbattuti in una continua “discesa negli inferi” nel livello delle fogne, ritrovandoci ad aprire tombini su tombini alla ricerca dei vari nemici: ma quanto è profonda una fogna?
A proposito della cura dei dettagli, il gioco prevede alcune brevi sessioni da affrontare silenziosamente. Avvicinandoci al nemico però, lo stesso non ci nota e la sua disfatta avviene con un singolo attacco normale alle spalle (sarebbe stato davvero bello mettere KO con un autentico approccio Stealth, ma tant’è).

Nonostante l’impegno degli sviluppatori, Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan è troppo legato ai vecchi beat ‘em up Arcade

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan ha un altro grande difetto: la mancanza di una graditissima modalità cooperativa offline. Al giorno d’oggi è impensabile concepire un videogioco su questo format senza la possibilità di poter giocare con i propri amici (come ai bei tempi dei cabinati) sulla stessa piattaforma. Gli sviluppatori hanno spiegato qualche mese fa che l’inserimento di una modalità co-op avrebbe portato ad un peggioramento delle prestazioni di gioco al di sotto dei 30fps. Titoli così frenetici, nel 2016 dovrebbero di base già girare a 60fps contro i 30 effettivi, ma questa scelta è stata forse influenzata dallo sviluppo anche su console della scorsa gen (PS3 e Xbox 360). Senza nulla togliere al lavoro e alle scelte degli sviluppatori, riteniamo che tale mancanza non sia giustificata.

Il comparto online è abbastanza divertente, in quanto l’uso si riduce ad una sola tartaruga e gli unici accorgimenti che il giocatore deve tenere in considerazione sono la gestione delle abilità e dei vantaggi. Bisogna dire che il gameplay, giocando con altri utenti, risulta meno frustrante ,non dovendo pensare allo switch tra i vari personaggi, e il compimento della missione può regalare più di una soddisfazione. In single player a difficoltà maggiori risulta molto impegnativo completare gli obiettivi, mentre con altre tartarughe utilizzate da compagni “reali” il tutto risulta più “snello” e appagante.

Conclusioni

Activision e Platinum Games fanno uscire dal tombino le Tartarughe Ninja, provando a rilanciare il fortunato brand in una nuova veste videoludica. Le tante mancanze (pecche nel gameplay, scenari spogli e una forte ripetitività) non fanno però raggiungere al gioco sufficienza. Ci siamo permessi di aggiungere un mezzo punticino in più alla nostra analisi per via di un gradito doppiaggio in italiano e una modalità multiplayer online che può regalare qualche ora aggiuntiva di divertimento, con un livello di sfida per nulla frustrante alle difficoltà più elevate, sensazione invece percepita giocando da soli. Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan si presenta come un’opera incompleta, molto breve, e che mostra uno sviluppo frettoloso e con tanti problemi, deludendo un po’ le aspettative per chi cercava un prodotto completo dedicato agli eroi verdi.

Sia gli appassionati di vecchia data (legati agli Arcade da sala giochi) che i videogiocatori più giovani gradiranno vestire i panni delle quattro tartarughe, ma devono tenere in considerazione un fattore molto importante: si ritroveranno tra le mani un gioco con una campagna molto breve che poteva offrire molto di più, e che non giustifica pienamente il prezzo di lancio.

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