Di giochi di ruoli alla giapponese ne abbiamo giocati tanti, forse troppi, chissà, ma arrivati a questo punto possiamo dire con certezza di averle viste (quasi) tutte. Dopotutto pur essendo un genere in continua evoluzione, le basi (come tutto) sono sempre quelle, solide e spesse, che ci hanno fatto innamorare del genere. Atlus lo sa bene, e nel suo recente passato ha trovato nella serie Persona la forza e la capacità di rendere il genere differente, ma sempre fedele a sé stesso.
Stiamo parlando di una geniale commistione tra un dungeon crawler con combattimenti a turni ed una visual novel interattiva ricca di possibilità. Tokyo Mirage Sessions #FE si presenta dal primo istante come figlio di quell’esperienza e quella commistione: un’avventura moderna ambientata nel Giappone di Shibuya. della cultura Vocaloid e delle Idol, estremamente legata al popolo del Sol Levante. Un setting caro ad Atlus, che con la benedizione di Nintendo e un pizzico di Fire Emblem ci propone per la prima volta un vero e proprio J-rpg in esclusiva su Wii U, affiancandosi all’eccezionale, ma decisamente poco convenzionale, Xenoblade Chronicles X. Sarà riuscita nell’impresa?
Nella colorata e ridente Shibuya, patria della cultura nerd, pop e otaku che dir si voglia, del Giappone, il nostro protagonista Itsuki e la sua amica d’infanzia Tsubasa scoprono di essere dei Mirage Masters, guerrieri capaci di entrare in contatto con i Mirage, creature provenienti da un’altra dimensione, la Idolasphere. Tutto questo avviene al concerto di una popolare idol, Kiria, che fa impazzire il pubblico con le sue performance esaltanti ed estremamente pop. L’avventura parte così, senza tanti giri di parole e seguendo una struttura piuttosto rigida, a capitoli, portando il giocatore a conoscere i molteplici e simpaticissimi personaggi creati da Atlus e scoprendo sempre di più sull’Idolasphere e sui Performa, una sorta di essenza creativa custodita in ognuno di noi, mira di alcuni Mirage decisamente poco raccomandabili che strisciano tra i cittadini dei quartieri di Tokyo per impadronirsene.
La trama è sempre un aspetto estremamente curato delle produzioni Atlus, pur rientrando nei canoni del cliché e di una scrittura estremamente poco “matura”, Tokyo Mirage Sessions #FE offre agli appassionati di j-rpg tutto quello che potrebbero desiderare: un cast colorato che, nonostante gli stereotipi, risalta e incanta con la simpatia e il carattere unico di ognuno di essi. Da questo punto di vista il titolo non delude, e nell’arco di 6 capitoli (per una durata che varia dalle 30 alle 50 ore) permette a tutti i personaggi di brillare, anche e soprattutto grazie all’impronta “social” derivata dai più recenti capitoli di Persona.
Da questo punto di vista il titolo non delude, e nell’arco di 6 capitoli permette a tutti i personaggi di brillare, anche e soprattutto grazie all’impronta “social” derivata dai più recenti capitoli di Persona
Pur mancando di quello spessore, infatti, e focalizzandosi solo ed esclusivamente sui personaggi principali, Tokyo Mirage Sessions #FE offre al giocatore la possibilità di interagire con i propri amici digitali in svariati modi, dai dialoghi a scelta multipla all’uso dello smartphone, sul gamepad della console, che mostrerà i messaggi dei nostri amici, svelando retroscena della loro vita, e permettendoci spesso di interagire o di iniziare delle brevi side-quest con cui migliorare il nostro rapporto. L’offerta non manca, ve lo assicuriamo, il problema è ravvisabile piuttosto nella particolare ed originale atmosfera che permea tutta l’esperienza: ambientato in una Tokyo “pop” è un dato di fatto che per apprezzare il titolo bisogna farsi andar giù la cultura idol e quel pizzico di colore, musica pop, e costumi bizzarri propri di questo mondo.
Non serve di certo essere fan, ma il non apprezzare quel taglio squisitamente nipponico potrebbe allontanare l’esperienza dai più esigenti. Per quel che vale, la storia di Itsuki, Tsubasa e tanti altri è sicuramente un interessante svago nel mare magnum di produzioni grigie e buie proposto nel 90% delle produzioni odierne.
Il party di Atlus non è però solo figlio di Persona, ma anche di Fire Emblem, ed i Mirage che accompagnano i nostri protagonisti sono infatti una rivisitazione (fedele) dei personaggi più amati della serie Nintendo, con Chrom, Tharja e tanti altri a fare il lavoro sporco al posto nostro. Questo perché, a differenza della serie Persona, ogni personaggio avrà un solo Mirage al suo fianco: niente fusioni tra mostri insomma, ma un sistema di crafting legato alla forma che i nostri Mirage assumeranno in battaglia a seconda della loro classe.
Spade, Lance, Archi e chi più ne ha più ne metta andranno quindi migliorate attraverso la Carnage Unity, laddove alcune skill dei nostri personaggi andranno migliorate con la Radiant Unity, seguendo lo stesso principio. Le influenze dalla serie Persone e da Fire Emblem sono evidenti, e se nel secondo caso c’era da aspettarselo, visto come era stato annunciato il titolo, nel primo caso ci si aspettava qualcosa in più: il tocco della serie preferita di Atlus è estremamente marcato, se si considera che il titolo in origine veniva chiamato Shin Megami Tensei X Fire Emblem, eppure non è assolutamente un difetto, ma una mancata opportunità di reinventare la ruota e proporre qualcosa di davvero unico.
Ed infatti, nonostante tutto, è un gran bel giocare
Ed infatti, il sistema di combattimento offre con un party di 3 personaggi (e la possibilità di cambiarli in corsa) una gestione estremamente simile a quanto visto nella serie Atlus, con un battle-system a turni, i rapporti di forze elementali e legate al tipo di armi a dettarne il ritmo e le strategie. Il fulcro dell’esperienza risiede infatti nella concatenazione di attacchi che vadano ad abbattere le debolezze del nemico di turno, permettendo agli altri membri del party di unirsi all’attacco e infliggere ingenti quantità di danni.
Le così dette “Sessions” sono uno dei pochi aspetti da padroneggiare, perché al di là degli attacchi speciali e di una serie di opzioni piuttosto scontate come la fuga o l’uso di oggetti poco resta a Tokyo Mirage Sessions #FE per fare la differenza nel genere. L’influenza di Fire Emblem è invece relegata al sistema di apprendimento delle skill, dell’equipaggiamento e dell’aumento di statistiche ad ogni livello guadagnato. Importante però è rendersi conto della portata del progetto, sicuramente privo di ambizioni e che, con successo, punta tutto sull’esecuzione, proprio come le idol ed i performer raccontati nel gioco. Ed infatti, nonostante tutto, è un gran bel giocare.
Questa riflessione è cruciale per giudicare con onestà l’esplorazione del mondo di gioco e dei dungeon, estremamente poco “frivoli” nel loro design al di là dell’eccezionale direzione artistica, che tiene in piedi un titolo altrimenti davvero povero sotto questo punto di vista. Nell’arco dei 6 capitoli principali ci saranno delle pause, le “Intermission” permettono tra un capitolo all’altro al giocatore di completare missioni secondarie o le quest legate ai compagni, con la possibilità di esplorare Tokyo e i suoi quartieri: Shibuya, Harajuku ad esempio, con attività e luoghi da scoprire differenti.
La cura sul fronte artistico e di design di Tokyo Mirage Session #FE è degna di attenzione
Peccato che le ambizioni muoiano presto, visto che le aree sono piccole e spesso prive di effettive attività da svolgere, se non quelle legate ai café e ai negozi. I dungeon non sono da meno, e pur essendo sempre diversi ed originali nelle loro tematiche, e con un buon level design, vengono mortificati dalla mancanza di complessità, riducendosi a meri corridoi in cui spostarsi affrontando incontri (non casuali) con i nemici. Colpa di Wii U? Come altre esperienze apparse sulla console hanno dimostrato, probabilmente no, ma forse la colpa è da ravvisare sì in Wii U, ma non per motivi tecnici, piuttosto per una situazione commerciale evidentemente in crisi con cui anche Atlus deve fare i conti.
Però state tranquilli, se siete appassionati di J-POP avrete di che ascoltare, perché Tokyo Mirage Sessions #FE accompagna molti dei suoi personaggi (e delle sue cutscene) con brani originali creati appositamente per il gioco da svariati artisti nipponici. Lungi da noi definirci appassionati di questo tipo di musica, dobbiamo ammettere che qualche brano lo abbiamo piacevolmente intonato a fischi, dando onore (forse) ad una cura per l’immaginario e per lo stile che solo Atlus sa infondere alle proprie opere. Dall’interfaccia, agli stupendi menù, all’interazione con il secondo schermo di Wii U: la cura sul fronte artistico e di design di Tokyo Mirage Session #FE è degna di attenzione, soprattutto considerando le orribili e confusionarie interfacce che vengono spesso proposte in altri esponenti del genere.
Tokyo Mirage Sessions #FE è poco Fire Emblem e molto Atlus, più nello specifico Persona, su cui si basano molte delle meccaniche di gioco, dal battle system all’esplorazione, passando per gli elementi social all’interno del mondo di gioco sempre estremamente caratterizzanti della serie sopracitata. C’è il J-POP, le Idol e tanto fan service per gli appassionati della serie di strategici Nintendo, e c’è in fin dei conti qualcosa un po’ per tutti, con un’esperienza ruolistica originale, fresca e divertente che va ad arricchire la non troppo ricca libreria di Wii U, il che è volendo già un bel pregio. Con una storia leggera e dei personaggi simpatici, Atlus tenta di attirare a sé un vasto numero di utenti (sempre che sappiate l’inglese) con un titolo sì di nicchia, ma dalla grande accessibilità, grazie ai molteplici livelli di difficoltà, e da un sistema di combattimenti profondo ed entusiasmante ma estremamente semplice nella sua esecuzione. Tokyo Mirage Sessions #FE è un buon j-rpg, e la sua performance per quanto non rivoluzionaria, l’ha centrata alla grande. Si poteva fare di più, questo è certo. |
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