Ghost Recon Breakpoint
09 Ott 2019

Tom Clancy’s Ghost Recon Breakpoint – Recensione

La licenza per i giochi basai sulle opere di Tom Clancy è sempre stata molto preziosa per Ubisoft. Anche dopo la morte dell’illustre scrittore, sono stati moltissimi i titoli di successo che hanno sfruttato degnamente il suo nome e la saga di Ghost Recon è senza dubbio tra questi.

Nel 2017 è uscito Wildlands, videogioco che ha sconvolto i canoni della serie, aprendo per la prima volta ad un sistema open-world e garantendo ampia libertà di scelta al giocatore che poteva così decidere quali missioni affrontare, quale avamposto liberare o quale fazione di ribelli affrontare in totale autonomia.

Seppur affranto da una serie di problematiche (estinte nel corso delle numerosissime patch post lancio), Ghost Recon Wildlands è riuscito a fare breccia nel cuore degli appassionati del genere, grazie ad una serie di apprezzabili innovazioni, alla possibilità di giocare insieme ad altre tre persone (che sostituivano istantaneamente l’ottima IA cooperativa) con un eccellente sistema drop-in/drop-out e a una campagna variegata che tra obiettivi principali e secondari, assicurava una longevità pressoché illimitata.

A due anni di distanza fa capolino Breakpoint, seguito ufficiale molto atteso che fa tesoro del successo ottenuto dal capitolo precedente e ne ripropone (inalterate) molte delle dinamiche più riuscite, integrandole a tratti del tutto inediti.

Purtroppo però il nuovo Ghost Recon arriva su Xbox One, PS4 e PC straripante di problemi tecnici, narrativi e di gameplay, che minano profondamente l’esperienza generale cooperativa e competitiva, senza riuscire neanche ad eguagliare gli standard qualitativi di Wildlands.

Ghost Recon Breakpoint

L’intera avventura si ambienta nel florido arcipelago di Auroa, isola fittizia e isolata dal mondo dove la Skell Technology opera con strumenti altamente specializzati per migliorare la qualità di vita degli esseri umani. Il gioco ci mette nei panni di Nomad, veterano dell’unità Ghost che viene inviato sull’isola dopo un misterioso incidente che ha coinvolto una nave nelle vicinanze: neanche il tempo di ricevere un briefing adeguato, che l’elicottero di Nomad viene danneggiato a lo costringe ad un atterraggio di fortuna senza equipaggiamento, né informazioni.

Dopo un breve prologo, scopriamo che dietro l’attacco di Auroa si cela il volto (molto conosciuto ai fan della serie Netflix DareDevil) di un ex-Ghost, ora terrorista a tempo pieno deciso come sempre a sconvolgere il pianeta per creare un nuovo ordine mondiale. Differentemente rispetto a Wildlands, in questo capitolo il giocatore sarà in forte svantaggio tecnologico rispetto al nemico, che può disporre delle più avanzate scoperte artificiali dei laboratori di Auroa e volgerle a proprio vantaggio.

Nomad potrà quindi contare solo sulla strategia, sull’esperienza e all’occorrenza su compagni fidati. Ciò si traduce in una maggiore attenzione durante le missioni, che ora devono essere necessariamente analizzate anche ai livelli di difficoltà più bassi e dove ogni passo falso può mettere in allerta tutta la milizia presente nelle vicinanze e culminare in uno scontro a fuoco logorante dove avrete quasi sempre la peggio.

Per la prima volta saremo sprovvisti del consueto arsenale tecnologico

L’avanzamento di livello consente di ottenere punti che vanno spesi nell’albero delle specializzazioni (4 in totale e si posso alternare in qualsiasi momento di gioco), garantendo al giocatore continui miglioramenti, come caricatori più capienti, invisibilità parziale ai droni, maggior resistenza, zaino più spazioso e così via, fino ad arrivare a talenti attivi che possono essere utilizzati a piacimento, come accade in The Division 2.

Nonostante il menù delle abilità sia di facile comprendonio, la mappa che organizza le missioni principali e secondarie è un vero incubo: la poca chiarezza rende la ricerca degli incarichi attivi faticosa e inutilmente lunga, spesso confondendo il giocatore sul vero obiettivo del momento.
Inoltre le tante foto, file e cartelle virtuali che affollano la schermata delle missioni crea ulteriore “disordine” a cui inevitabilmente ci si abitua, ma non volentieri. Una volta attivate una o più quest, queste rimarranno sullo schermo con tanto di ingombranti istruzioni scritte, occupando spazio prezioso alla visuale: dovrete quindi forzatamente oscurare l’HUD di gioco e concentrarvi su quello che accade in game.

Ghost Recon Breakpoint

Parlando in senso stretto di missioni, non abbiamo assistito a quel passo in avanti che ci saremmo aspettati in ambito narrativo. Breakpoint è piacevole da giocare e per molti versi anche appassionante, però non ha quella scintilla che caratterizza un’ottima sceneggiatura, tale da tenerti incollato allo schermo per scoprire cos’altro potrà mai accadere.

Al di là di qualche prevedibile colpo di scena, la trama del nuovo Ghost Recon scorre liscia senza guizzi rilevanti, intervallata da una moltitudine di obiettivi secondari e collezionabili che alla lunga stancano, a causa della latente ripetitività, spingendo quindi il giocatore ad orientarsi esclusivamente sul filone narrativo principale.

A peggiorare le cose ci pensano dialoghi lunghi e noiosi, animati da personaggi del tutto privi di carisma. Sarebbe stato molto meglio mantenere la struttura di Wildlands dove le conversazioni e la gestione delle missioni importanti avveniva con brevi ma eloquenti filmati di CGI.

L’obiettivo di questi incarichi collaterali è quello di migliorare l’equipaggiamento del giocatore, fornendogli armi e abbigliamento di rango via via più elevato per affrontare i tanti pericoli dell’isola; da una parte la grande varietà di armi e vestiario invoglia all’esplorazione e alla customizzazione selvaggia (attraverso la spasmodica ricerca di queste casse sparse un po’ ovunque per Auroa), dall’altra spesso le ricompense sono insufficienti paragonate alla difficoltà e alla longevità delle missioni.

Breakpoint è piacevole da giocare, ma le tante attività da affrontare risultano monotone e alla lunga stancanti

Loadout a parte, numerose sono invece le implementazioni di questo Breakpoint rispetto al passato. Come già accennato in precedenza, durante il single-player Nomad sarà completamente solo; il che vuol dire che non ci saranno compagni guidati dall’IA, ma solo altri giocatori in carne ed ossa che potranno collegarsi secondo le specifiche impostate nella vostra partita.

Questo si ripercuote anche su una serie di possibilità che in solitaria sono negate, come ad esempio il tiro coordinato, l’individuazione dei nemici o l’essere recuperati dal team una volta feriti gravemente.

Inoltre il nostro personaggio reagisce in modo più realistico ai colpi, alle cadute e alle esplosioni, subendo una serie di traumi fisici che avranno ripercussioni sui movimenti e sulla precisione: per curare queste lesioni bisogna trovare un luogo sicuro e medicarsi, il che richiede un po’ di tempo durante il quale sarà inevitabilmente esposto.

Ghost Recon Breakpoint

Si capisce quindi quanto l’approccio strategico sia fondamentale in Breakpoint, aumentando il già ampio senso di pericolo e di palese inferiorità numerica e militare. Ciò nonostante non si cade mai nel realismo più assoluto e tenendo presente che l’intelligenza artificiale nemica non differisce troppo dai più comuni TPS, con un po’ di tattica e pazienza si può superare qualsiasi ostacolo.

Il fattore stealth non è cambiato rispetto ai canoni della saga Ubisoft, con qualche piccolissima licenza che gli sviluppatori hanno voluto aggiungere in Breakpoint, come la mimetizzazione sul terreno, tanto pubblicizzata durante i primi trailer quanto deludente durante il gioco vero e proprio.

Serve a poco contro i nemici umani (perché raramente lascerete che si avvicinino così tanto) e molto di più contro i droni vedetta, onnipresenti sui cieli di Auroa e molto, molto tenaci. Nel complesso il suo utilizzo è davvero minimo.

Il titolo purtroppo soffre di pesanti lacune grafiche e bug di ogni genere

La delusione più grande di Ghost Recon Breakpoint però l’abbiamo notata sul fronte tecnico: il titolo purtroppo soffre di pesanti lacune grafiche e bug di ogni genere, sia da soli che in gruppo. E parliamo di veicoli volanti, NPC che non parlano, fisica degli oggetti ballerina, caricamenti eterni di texture (sia ambientali che dei personaggi), lag online di varia natura, voci che si sovrappongono durante i dialoghi e chi più ne ha, più ne metta.

Un vero disastro, contornato da occasionali rallentamenti (nonostante la preferenza riservata al frame-rate impostata su PlayStation 4 Pro) nelle situazioni affollate.

Francamente siamo rimasti sbigottiti che la software house francese abbia rilasciato il gioco in uno stadio di sviluppo così incerto, che evita il baratro solo grazie ad un buon comparto grafico che denota miglioramenti rispetto al capitolo precedente. Il doppiaggio in italiano (che potete ottenere scaricando il pacchetto dallo store, in un secondo momento) si fregia di grandi professionisti del settore, ma non riesce a trasmettere quel pathos che ci si aspetterebbe, complice anche la poca espressività dei modelli poligonali in questione.

Conclusioni

I tanti problemi di Tom Clancy’s Ghost Recon Breakpoint non gli permettono di fare il salto di qualità necessario che ci si aspettava e anzi, lo pongono un gradino al di sotto del predecessore.

Se da un lato il gioco vanta una serie di piccoli miglioramenti che agevolano il gameplay e la struttura tattica che ne è il cuore pulsante, dall’altro viene costantemente afflitto da una resa tecnica insufficiente, da numerosi glitch e bug degni del peggior Assassin’s Creed III.

Auroa è un immenso parco giochi, ricco di attività da completare, da missioni da affrontare e collezionabili da raccogliere: ma la monotonia degli obiettivi, l’IA nemica poco stimolante e la scarsa varietà ambientale finiscono per annoiare il giocatore, soprattutto se si affronta tutta l’avventura in solitaria.

C’è la modalità PvP, Ghost Wars, che vede affrontarsi due squadre da 8 giocatori per il predominio totale, ma anche qui manca una vera e propria offerta contenutistica in grado di intrigare e o di convincere a rimanere.

I fan più accaniti troveranno sicuramente pane per i loro denti: dopotutto l’evoluzione del personaggio e gli scontri a fuoco garantiscono una buona dose di divertimento. Ma allo stato attuale, Breakpoint è in attesa di netti miglioramenti e di grande attenzione da parte di Ubisoft, che si spera gli riesca a garantire una vita lunga e prospera come quella del suo precursore.

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