14 Mar 2017

Tom Clancy’s Ghost Recon Wildlands – Recensione

La saga di Ghost Recon si è sempre distinta nel tempo dai canonici third person shooter, principalmente grazie ad un’importante componente tattica, pronta a far pagare ogni minimo errore, ed un’azione che raggiunge il suo massimo con la cooperazione di più giocatori.
I Ghost sono infatti un’unità altamente specializzata, chiamata solo quando sulla situazione si è perso ogni controllo: precisi, silenziosi e letali, i “fantasmi” arrivano, risolvono il problema e scompaiono, come se non fossero mai stati lì. Rilanciare il brand dopo anni di silenzio è stata una sfida che Ubisoft ha accolto con impegno ed energia, portando sugli scaffali un titolo originale, che fa l’occhiolino alle meccaniche di sempre, pur riservandosi il diritto di qualche lecita novità. Un titolo insomma dalle grandi potenzialità, purtroppo però non tutte sfruttate al meglio.

Ad incominciare dalla trama, piuttosto banale, che serve da mera opportunità per giustificare la discesa in campo dei Ghost: il cartello Santa Blanca, che aveva già da qualche tempo destato l’interesse delle principali organizzazioni anti-droga degli Stati Uniti e del Messico, ha deciso di tentare il colpo decisivo fondando il primo “narco-stato” della storia, nel florido paese della Bolivia. A tenere i fili di tutta l’organizzazione è El Sueno (in italiano doppiato dal magistrale Luca Ward), spietato boss disposto a tutto pur di controllare il mercato della cocaina nel mondo. Dopo l’uccisione di un agente della DEA sotto copertura, il governo americano decide di schierare i fantasmi nell’operazione King Slayer, atta a destituire per sempre El Sueno ed il suo gruppo di sostenitori, sgominando così il cartello.

Ovviamente non sarà facile scovare il boss, soprattutto se si pensa che la mappa esplorabile di Wildlands è la più vasta mai concepita da Ubisoft; bisognerà procedere in maniera metodica, sgominando alcune operazioni minori, trovare i suoi luogotenenti e tessere una delicata trama fino all’origine di tutto.

Fin dall’inizio l’estrema personalizzazione del protagonista ci permette di evidenziare le sostanziali differenze rispetto al brand originale. Nessuno dei protagonisti è riconoscibile, nessun viso rimane inalterato, soprattutto se preferite vivere l’esperienza della campagna in multiplayer e siete abituati a cambiare spesso partner di gioco. Da questo punto di vista viene forse a mancare l’attaccamento emotivo nei confronti della squadra, mai veramente brillante o carismatica, però ci viene data la possibilità di personalizzare ogni minimo aspetto del nostro personaggio, dal vestiario agli accessori, continuando poi con l’equipaggiamento, di cui sarà possibile modificare ogni parte, adattandolo alle nostre necessità. Alcune delle rifiniture migliori devono essere sbloccate in appositi negozi virtuali o cercate in punti nascosti della mappa.

All’inizio, Wildlands è senza dubbio spiazzante. Complice un tutorial molto blando, che si attiva solo in caso di estrema necessità (la cosa non ci è affatto dispiaciuta, anzi), i primi minuti passeranno a capire come si comanda la squadra, qual è la modalità migliore per effettuare una ricognizione e ottimizzare il feeling con le armi in dotazione per evitare problemi negli scontri a fuoco. La squadra dei Ghost può sfruttare qualsiasi mezzo di trasporto (comprese automobili, moto o elicotteri) per raggiungere in fretta la propria destinazione, passando spesso per strade meno trafficate e più tranquille, oppure può ingaggiare frenetici scontri a viso aperto con il cartello, liberano villaggi occupati, salvando ostaggi o rubando importanti risorse a favore della causa dei ribelli. All’inizio dell’avventura scopriremo infatti che gli obiettivi dei ribelli coincidono con quelli del governo USA, ossia liberare il paese dalla morsa del crimine organizzato: completando le missioni relative alle forze eversive verranno sbloccati alcuni bonus esclusivi, che nelle fasi più avanzate dell’avventura risulteranno fondamentali per il successo.

Le missioni legate alla trama principale riescono sempre ad offrire un approccio molto vario

L’obiettivo principale resta però quello di arginare il potere dei Santa Blanca e per questo la squadra protagonista deve completare specifiche missioni, completando indagini e raccogliendo testimonianze che possano in qualche modo scovare gli ufficiali di El Sueno. Queste subquest sono legate alla trama principale e la maggior parte delle volte riescono ad offrire un approccio sempre molto vario, nonostante il numero di incarichi sia davvero altissimo.
Il modus-operandi è però sempre il medesimo e alla lunga è difficile nascondere la ripetitività: infiltrarsi all’interno di un distretto nemico, liberare la zona ed interrogare il capo della banda o hackerare un portatile per ottenere le informazioni ricercate. Ovviamente è possibile affrontare ogni incarico in modo silenzioso, sfruttando al meglio la tecnologia e le abilità dei Ghost, oppure agendo ad armi spianate, mettendo in conto l’estrema difficoltà di un’azione simile.

D’altronde è il titolo stesso a suggerire un approccio “stealth”, mettendo a disposizione dei giocatori una serie di gadget innovativi che consentono una ricognizione rapida e sicura: potremo infatti sfruttare il drone, la cui telecamera riconosce e marca i bersagli ostili (a patto di non allontanarsi troppo dalla fonte del segnale) oppure optare per il classico binocolo, la cui funzione è del tutto similare. Una volta marcati i nemici, si potrà procedere con un’eliminazione sincronizzata, sfruttando i colpi precisi dei nostri compagni di squadra, riducendo quindi il rischio di venire scoperti. Da questo punto di vista gli sviluppatori hanno svolto un lavoro encomiabile con l’intelligenza artificiale, che a conti fatti risulta sempre pronta, precisa e rapida. Forse anche troppo, considerando che si finisce spesso per sfruttarla nelle situazioni più difficili, rinunciando alla soddisfazione di agire personalmente.

Cosa che viene abbastanza naturale, dato che l’IA nemica sfrutta le stesse abilità per cercarci e stanarci. Dimenticate i giochi dove si possono eliminare indisturbati decine di nemici dallo stesso nascondiglio senza che nessuno si insospettisca: in Ghost Recon Wildlands i soldati del cartello boliviano sono abilissimi e molto sospettosi, attributi che li rendono una vera spina nel fianco per i giocatori non avvezzi alla strategia ragionata. Basterà fare un rumore di troppo, correre nell’erba alta o sbagliare un colpo dalla distanza, che tutto il plotone si mette in allarme, creando grande scompiglio. Vedrete i pezzi grossi allontanarsi a tutta velocità per non rischiare la cattura, le vedette imbracciare i letali fucili da cecchino e le pattuglie richiamare altri uomini via radio per un supporto bellico, così da rendervi le cose ancora più difficili.
In situazioni così delicate occorre sfruttare al meglio la dotazione in nostro possesso e arginare il pericolo, altrimenti si rischia una vera e propria rappresaglia, con tanto di elicotteri e blindati sulla nostra posizione. Inutile dirvi che negli scontri diretti i Ghost danno il loro peggio, a causa di una bassa resistenza e un sopporto pressoché assente. Inoltre, nel caso di un KO improvviso, potremo essere rianimati solo dai compagni e solo un numero limitato di volte prima che sopraggiunga il Game Over. Il sistema di combattimento, armi alla mano, è abbastanza buono, ma non è mai pienamente soddisfacente, vuoi perché ogni fucile sembra assomigliarsi negli effetti sonori e nel rinculo, vuoi perché il sistema di copertura funziona un po’ a singhiozzo e a seconda dell’angolo coperto, cambia in automatico la spalla da cui si mira, generando confusione.

A complicare ulteriormente le cose ci pensa l’Unidad (riconoscibile attraverso un alone rosa sulla mappa), forze speciali boliviane mandate dal governo del paese per stroncare una volta per tutte la minaccia criminale di Santa Blanca. Purtroppo quasi tutti gli esponenti sono corrotti oppure hanno troppa paura di agire a favore della legalità; tutto questo si traduce in un pericolo aggiunto, da cui i Ghost devono tenersi ben lontani, pena violenti ed estenuanti scontri con una delle forze armate meglio equipaggiate di tutto il gioco.

Il multiplayer cooperativo sminuisce alcuni meccanismi tattici fondamentali

Fortunatamente, completando gli incarichi ricevuti, la squadra ottiene dei punti abilità che possono essere sfruttati per sbloccare miglioramenti per l’equipaggiamento, come la visione notturna per il binocolo e l’attacco a distanza per il drone, nuovi accessori, come l’utilissimo paracadute o vari esplosivi a distanza tra cui mine e plastico C4, oppure potenziamenti per il proprio personaggio, grazie ai quali può stabilizzare l’arma, rianimare più velocemente i compagni o portare un carico maggiore di munizioni.
Per ottenere queste capacità però, servirà anche accumulare un certo numero di risorse (che variano a seconda dell’esigenza) che vanno individuate e segnalate al centro operativo. Se ne trovano sempre in gran numero, soprattutto durante le missioni principali; vi sarà difficile rimanere senza, a meno che non decidiate di ignorarle volontariamente.

Uno degli aspetti più attesi di questo Wildlands è senza dubbio quello multiplayer, ossia la possibilità di giocare tutta l’avventura con altri tre amici al seguito.
Purtroppo si tratta di una modalità riuscita solo in parte e la ragione è abbastanza semplice. In titoli del genere, la componente tattica è un tassello fondamentale, su cui posa l’intera esperienza di gioco. Questa, in singolo, viene costantemente supportata da un’intelligenza artificiale ottimale, che in molti casi aiuta un giocatore solitario in evidente difficoltà. Il supporto dei compagni online, per quanto possa risultare divertente ed appagante, sminuisce alcuni meccanismi fondamentali, mettendo a repentaglio alla lunga  l’esperienza globale.
I colpi sincronizzati sono molto più complessi, l’organizzazione delle posizioni durante un assedio confusionaria e il respawn molto lento. Visto così, il multiplayer del nuovo Ghost Recon è consigliabile solo se si hanno a disposizione amici molto bravi con cui instaurare un rapporto per tutta la durata della campagna, evitando il matchmaking pubblico che non ci ha per niente lasciato soddisfatti.

La ricostruzione boliviana di Ghost Recon Wildlands è una vera gioia per gli occhi

Dal punto di vista tecnico Wildlands stupisce per la ricchezza di dettagli estetici, riconoscibili soprattutto sui modelli poligonali dei protagonisti (molto meno su quelli degli NPC) e nell’ambiente circostante, ricco di vivida vegetazione e suggestivi scorci panoramici. La grande libertà d’azione garantita dal gioco permette di visitare ogni angolo delle 21 regioni boliviane disponibili, a piedi, su ruote o in volo ed il risultato riempie sempre gli occhi e mozza il fiato: la ricostruzione ultra-realistica operata dalla software house francese è davvero ineccepibile e grazie agli effetti luce-ombra ottimamente implementati, il passaggio dal giorno alla notte è ancora più bello. Stonano con la bellezza generale alcune animazioni dei personaggi, superficiali e quasi arronzate rispetto al contesto così minuziosamente corredato, così come la  gestione della fisica, in particolar modo durante la guida delle autovetture, la cui gestione è al limite della comicità. Seppur siano stati fatti dei grossi passi avanti rispetto alla beta del mese scorso, sembra ancora di guidare un mezzo dal peso piuma, che ad alta velocità quasi rischia di prendere il volo, rendendo gli inseguimenti e gli assalti su ruote oltremodo impegnativi e snervanti. Una pecca imperdonabile, contando che buona parte del gioco la si passa a bordo dei mezzi. Di tutt’altra fattura invece il doppiaggio italiano, come già anticipato pieno di professionisti del settore, tra cui figura Luca Ward che impersona proprio il perfido El Sueno.

Conclusioni

Tom Clancy’s Ghost Recon Wildlands è un nuovo punto di partenza per la serie, che debutta nell’ostico mondo degli open-world con grande dignità.

I cambiamenti non sono sostanziali, ma determinano una svolta sicura per il franchise, ora dedito maggiormente all’esplorazione e ad un tipo diverso di strategia, più incisiva e svelta, rinunciando però a quella narrazione potente, di prim’ordine che da sempre ha caratterizzato tutte le storie dell’autore Tom Clancy.

Il vero obiettivo è fumoso, privo di incisività e quasi si perde nell’immenso oceano di possibilità ludiche che offre la mappa del narco-stato; l’approccio risulta più scanzonato, legandosi ai dogmi caratteristici dei titoli open-world più blasonati, ma non per questo diminuendo la difficoltà generale, sempre all’altezza delle capacità dei giocatori più hardcore. Wildlands è un gioco estremamente valido, divertente e longevo che soffre di alcune incertezze tecniche e di una modalità cooperativa online che non riesce ancora a dare il massimo, impedendogli così di raggiungere la vetta.

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