[adinserter block=”1″]
Annunciato sul finire della conferenza Ubisoft all’E3 2014, Tom Clancy’s Rainbow Six Siege è stato già protagonista di una nostra anteprima in occasione dell’E3 di quest’anno e successivamente avevamo avuto modo di provarlo a Colonia, in Germania, durante la Gamescom 2015. A distanza di qualche mese, in occasione del lancio della closed-beta, siamo tornati nuovamente pad alla mano a giocare il titolo Ubisoft per un lasso di tempo maggiore e con maggior cognizione di causa e calma.
Iniziamo dal principio: una volta avviato Siege tramite Uplay nella versione PC da noi testata, il giocatore si troverà in un menù di rapida consultazione e facile da padroneggiare, infatti nella schermata principale ci ritroveremo subito nel dover scegliere tra le diverse modalità di gioco presenti, siano esse PvE che PvP. La seconda parte del menù invece è dedicata agli Operatori, ossia una sottospecie di “eroi” che andremo ad acquistare e personalizzare sia nelle armi che nei gadget spendendo la valuta in-game, ottenibile giocando match e facendo quanti più punti possibili. L’ultima sezione è dedicata alle dirette Live che saranno disponibili nella release finale del titolo.
Le modalità multigiocatore PvP presenti nella beta erano due: Secure Area e Bomb. La prima modalità consiste nel mettere in sicurezza rimanendo entro una distanza limite un contenitore biochimico, liberando la zona da eventuali nemici presenti, simile alla ormai classica Domination di Call of Duty e Battlefield. La seconda invece è una variante del Search & Destroy dove bisogna disinnescare una delle due bombe presenti tramite un defuser che sarà assegnato ad un membro del team in attacco e che in caso di morte di quest’ultimo, potrà essere acquisito da un altro giocatore. Se quanto detto sopra potrebbe portare a pensare ad una varietà ludica e a due differenziazioni del gameplay per le due diverse modalità di gioco, sul campo pratico non è assolutamente così in quanto la quasi totalità dei match da noi disputati nell’arco di due settimane finivano con l’uccisione di tutti i giocatori del team nemico senza minimamente curarsi degli obiettivi che avrebbero potuto portare ad una vittoria più sicura.
L’offerta videoludica proposta da Ubisoft può contare anche di una modalità PvE chiamata Terrorist Hunt, giocabile con 3 diversi livelli di difficoltà, in cui un team di 5 giocatori – o anche in solitaria – deve uccidere un numero di gran lunga superiore di terroristi controllati dall’IA entro un tempo limite. Il livello di difficoltà in questa modalità si è dimostrato nel corso delle nostre partite abbastanza scalabile, infatti impostando il livello minimo i nemici risultavano poco reattivi e poco propensi ad usare i gadget messi a loro disposizione, ma aumentando la difficoltà, l’IA diventava estremamente reattiva e furba nell’anticipare le nostre probabili mosse, usando tutto ciò che era stato messo loro a disposizione come C4 e gas letali.
Una volta aver selezionato la modalità di gioco, al giocatore sarà richiesto di scegliere il proprio personaggio, scelta questa che può diramarsi tra le reclute appartenenti alle unità speciali di Spetsnaz, FBI Swat, GSG9, GIGN e SAS prive di gadget caratteristici e dotate di scarsa resistenza o tra i 14 operatori sbloccabili nella beta raggruppati in 7 dedicati all’attacco e 7 alla difesa. Proprio il team di appartenenza permetterà al giocatore di usare una determinata arma e gadget o meno. Ad esempio il team in attacco potrà usufruire di Thermite che è in grado di abbattere le pareti che i nemici hanno rinforzato con delle barriere metalliche, o di Fuze, che oltre ad essere dotato di uno scudo antiproiettile, quest’ultimo disponibile in diverse configurazioni soltanto in attacco, può utilizzare un lanciagranate automatico da disporre su un muro danneggiabile o sulle barricate di porte e finestre. Il team in difesa a sua volta può fare affidamento sul robusto Rook, che può fornire ai propri compagni un giubbotto antiproiettile aggiuntivo, e su Pulse, che è in grado di rianimare a distanza un compagno ferito. Nonostante le scelte sugli operatori fossero molteplici, si è fin da subito fatta notare una certa predisposizione da parte dei giocatori verso alcuni operatori e non verso altri, soprattutto in fase d’attacco dove c’era una vera e propria corsa a chi riusciva a selezionare per primo e far proprio Fuze o in sostituzione uno degli altri due superagenti dotati di scudi, rivelatisi eccessivamente overpower soprattutto negli scontri 1 vs 1.
Dopo aver selezionato la modalità e aver scelto con quale agente speciale giocare, il matchmaking ci abbinerà ad una mappa. Nella versione beta che gli sviluppatori ci hanno messo a disposizione erano presenti tre delle dieci mappe che saranno disponibili al momento del lancio. La prima delle tre, che è anche la più piccola per estensione, è ambientata in un complesso residenziale articolato su tre piani che vanno a costituire la classica casa americana fatta di open-space al piano terra con le camere da letto al piano superiore e il garage e la palestra al seminterrato, il tutto riprodotto con una certa verosimiglianza dai level designer. La seconda mappa, anche per estensione, in cui si poteva giocare è ambientata nel campo di addestramento S.A.S., le forze speciali britanniche, ad Hereford, è costituita da un edificio-cantiere articolato su quattro piani abbastanza simili l’uno con l’altro. La terza e ultima mappa presente nella beta, la più grande, è ambientata nell’ambasciata francese in Costa D’Avorio, ormai occupata da forze ostili, che si articola, oltre che su tre piani, anche in senso orizzontale, con un numero di stanze ed accessi molto superiore rispetto alle altre due, perfetta per agguati e imboscate.
Dopo queste fasi preparatorie dalla durata di meno un minuto ci ritroveremo a dover scegliere il punto di respawn che anche in quest’occasione sarà diversificato per chi attacca e chi difende. Per i primi infatti la posizione di respawn è singola e non legata alla squadra, e rappresenta il punto di partenza per il drone che verrà messo a disposizione per 40 secondi durante la fase di pre-partita, che consentirà di individuare i nemici, le loro fortificazioni e l’obiettivo del match, salvo essere distrutti o disabilitati dai jammer dei nemici. Il team in difesa invece mette ai voti la posizione della bomba o del contenitore radioattivo tra alcune posizioni prestabilite, e userà i 40 secondi del pre-partita per tentare di nascondere l’obiettivo dai droni dei nemici e rafforzare porte, finestre, botole e muri dall’imminente attacco.
A questo punto della partita il gameplay entra nel vivo con il team in difesa per la maggior parte delle volte concentrato in prossimità degli obiettivi in attesa della mossa degli attaccanti, che possono scegliere liberamente come agire sfruttando a propria discrezione tutto l’ambiente di gioco: sarà ad esempio possibile usare un rampino per raggiungere dall’esterno i piani rialzati, cercando così di cogliere di sorpresa i nemici, oppure i lucernari, per guadagnare qualche facile kill e calarsi a testa in giù. Il tipo di gameplay messo in piedi dai ragazzi di Ubisoft non è per tutti: non è un Battlefield su cui fare acrobazie con gli aerei, non è un Call of Duty su cui fare trickshot. Rainbow Six Siege ha un ritmo stremamente ragionato, cauto, tattico e in certi frangenti anche lento, dove un minimo errore porta alla morte, visto che con un numero realmente limitato di proiettili, certe volte ne basta soltanto uno ben assestato, si finisce K.O. senza la possibilità di ritornare in gioco nel corso dello stesso round, ciascuno dalla durata massima di 4 minuti.
Fondamentale si è dimostrata la conoscenza delle mappe, infatti se nelle prime partite si è portati ad usare le porte o le scale principali, con il rischio di essere freddati da un nemico appostato, meglio ancora se accovacciato dietro uno scudo portatile, col passare del tempo si prenderà l’abitudine a sfruttare la cariche di demolizione per fare breccia da un muro o facendo saltare per aria una botola posta al piano superiore, per prendere di sorpresa, magari alle spalle, i nemici ignari di quell’accesso. Inutile dire che se anche i nemici sono a conoscenza di quell’entrata possono rinforzarla durante il pre-partita, costringendo così a cambiare tattica o ad usare qualche gadget specifico per ovviare alla fortificazione.
Se finora abbiamo parlato soltanto dei contenuti della beta e del gameplay, vale la pena spendere qualche parola per il comparto tecnico e grafico. Nella versione PC da noi provata è chiaro fin da subito che la grafica fotorealistica mostrata con tanto orgoglio da Ubisoft durante la conferenza all’E3 di due anni fa e che lasciava a bocca aperta, ha subito un downgrade più o meno marcato. Nonostante l’assenza di un’illuminazione dinamica, la resa grafica complessiva è molto piacevole, con texture di qualità accompagnate dall’ausilio di filtri anti-aliasing e ad una serie di effetti particellari e volumetrici relativi agli spari e soprattutto alle esplosioni veramente ben realizzati, il tutto contornato da una fisica credibile e dettagliata mossa grazie alla potenza del AnvilNext con il RealBlast Destruction, a cui si aggiunge un audio posizionale che sfrutta delle ottime campionature. Certamente la produzione Ubisoft non segna un nuovo standard qualitativo ma offre un piacevole spettacolo per gli occhi, con un comparto tecnico solido e maggiormente ottimizzato rispetto alle nostre prove precedenti.
Tom Clancy’s Rainbow Six Siege si è dimostrato in questa versione beta come un prodotto non rivolto al pubblico mainstream ma ad una stretta cerchia di appassionati, dediti anche agli eSports a cui il titolo si presta molto bene, che cercano un gameplay diverso dai frenetici sparattutto moderni ma che sa ugualmente divertire e appassionare, ricordando per alcuni punti la saga S.W.A.T. di Sierra. Se nell’analisi di questa versione non definitiva del gioco, in cui avremmo voluto provare anche la modalità con l’ostaggio da salvare, abbiamo per ovvi motivi chiuso un occhio – ed in alcuni casi tutti e due – sorvolando sui tanti problemi legati al matchmaking, al bilanciamento ancora non proprio perfetto di alcuni operatori e al ping piuttosto elevato, trattandosi di una beta pensata appositamente per mettere a dura prova i server e per offrire agli sviluppatori i feedback necessari per gli ultimi ritocchi, certamente non lo rifaremo in fase di recensione, prevista a ridosso della release fissata per l’1 dicembre prossimo su PC, Playstation 4 e Xbox One, in cui ci sarà da valutare anche la reale varietà di situazioni proposte ai giocatori sia in termini di mappe che di modalità di gioco, oltre ovviamente a tutto il supporto post-lancio, necessario per tenere viva la community di un gioco privo di campagna single-player e incentrato interamente sul comparto online.
Commenti