Il primo The Division, annunciato a Los Angeles nel 2013, fu senza dubbio presentato come un progetto imponente, capace di catalizzare le energie e le voglie di milioni di videogiocatori amanti sia degli MMO che degli shooter in terza persona. Purtroppo un sistema di ricompense imperfetto ed un end-game molto misero rispetto alle altissime aspettative, fecero arenare il progetto Massive Entertainment dopo poco, salvo poi riprendersi a più di tre anni di distanza grazie alle numerose patch, agli aggiornamenti gratuiti e nuove meccaniche di gioco, che via via affinarono il prodotto iniziale.
Consapevoli degli errori passati, gli sviluppatori oggi sanno bene cosa evitare affinché non si verifichi un altro imbarazzante passo falso: e la lezione è servita, perché a quanto pare The Division 2 è davvero un ottimo titolo.
Abbandonato il freddo invernale di New York, il nostro agente della Divisione si sposta in una Washington D. C. altrettanto deprimente e non meno abbandonata. Il cosiddetto “veleno verde” ha avuto effetti devastanti anche nella capitale, che si presenta al nostro sguardo scevra di ogni accenno di vita, salvo gli animali selvatici e pochi, ma organizzati insediamenti umani.
Qui scopriamo che alcuni gruppi di anarchici senza scrupoli hanno messo a ferro e fuoco la città, nel tentativo di appropriarsi di ogni bene necessario a garantire la sopravvivenza. Come se non bastasse, un malfunzionamento dell’apparato SHADE (tecnologia utilizzata dalla Divisione) rischia di compromettere quei pochi frammenti di autorità che ancora reggono in piedi il paese.
Ed ecco che entriamo in scena noi, facenti parte dei pochi agenti ancora operativi, con il compito di eliminare le fazioni nemiche e ripristinare l’ordine naturale.
Anche in questo The Division 2, la trama centrale non ci è sembrata granché argomentata, né però ne abbiamo accusato la superficialità, grazie alle tante, tantissime attività a disposizione fin dai primi momenti di gioco sul suolo americano. Massive Entertainment ci ricorda dove e per chi ci stiamo battendo, cosa è importante recuperare e cosa invece va sacrificato; per il resto fanno molto di più i numerosi collezionabili sparsi qua e là (come gli ECHO o i dispositivi elettronici) che se raccolti, raccontano spaccati di vite qualunque prima o poco dopo la pandemia.
Discorso opposto per lo splendido level design, con scorci spettacolari che mettono in risalto l’assurdo lavoro svolto dagli sviluppatori, lasciandoci in più di un’occasione senza fiato: Washington è disabitata, morta, una cartolina di un improbabile futuro che sembra però spaventosamente reale.
Alberi ed erbacce invadono le larghe strade centrali, mentre cervi e scoiattoli sono alla ricerca di cibo tra i detriti di una vita ormai persa per sempre. Non si può rimanere impassibili osservando il lento decadimento della civiltà umana, mentre la natura si riprende inesorabilmente ciò che le spetta strisciando tra le automobili ferme, tra le impalcature incompiute, fino ad arrivare ai piedi della Casa Bianca, quartier generale dell’esercito americano.
Washington D.C. è una splendida e decadente cartolina di un improbabile futuro
Da qui è possibile operare in totale libertà, aggiornando l’inventario, vendendo o acquistando nuovi oggetti e potenziando il nostro alter-ego tramite lo sblocco progressivo delle abilità. Alcune di queste, come lo scudo, le mine a ricerca o le torrette, tornano in una veste migliorata, mentre altre (il drone, le nanomacchine) sono inedite.
La maggior parte delle abilità secondarie vanno acquistate con la tecnologia Shade e non semplicemente aumentando di livello: spunto utile e interessante, perché questa tecnologia è facilmente reperibile nel mondo di gioco e sarà quindi semplice apprendere nuove skill con continuità. Inoltre risultano perfettamente integrate nello schema strategico del gameplay, sia che vi muoviate da soli, sia che facciate parte di un gruppo.
Le ricompense di fine missione e più in generale, gli oggetti guadagnati sul campo (abbattendo un nemico ostico o frugando in giro) sono più abbondanti rispetto al passato, ma abbiamo notato una certa penuria di armi, soprattutto ai livelli più bassi.
Una delle cose che ci ha colpito di più è l’IA nemica, ora finalmente degna di essere chiamata col proprio nome. Gli avversari non sono più difficili da eliminare (semmai il contrario), ma adoperano tecniche di accerchiamento, sfruttando in maniera certosina l’ambiente di gioco interno ed esterno, costringendovi di volta in volta ad adottare precise tattiche di schieramento oppure soccombere sotto il fuoco.
Caricare a testa bassa raramente vi darà un vantaggio significativo, complice anche il già citato level design, più complesso, ricco di coperture occasionali, punti di accesso e un inedito sviluppo verticale che favorisce molteplici scenari offensivi e difensivi.
Dimenticatevi la monotonia degli scontri del primo capitolo e preparatevi dunque ad un’esperienza del tutto diversa, molto più appagante. Ciò smorza anche l’inevitabile ripetitività di certe situazioni, che in un contesto così stimolante e ricco di possibilità, perde il suo peso negativo.
È da plaudere anche la grande varietà di missioni principali, missioni secondarie e tutta una serie di nuove attività collaterali a tempo che compaiono in modo casuale sulla mappa di gioco: si tratta di salvare innocenti da un’esecuzione pubblica, eliminare truppe di guardia nemiche o liberare avamposti. Questi ultimi rappresentano un’interessante aggiunta al titolo e se liberati dalle forze ostili, possono garantire costantemente oggetti e materie prime a vantaggio del giocatore.
Caricare a testa bassa raramente vi darà un vantaggio significativo durante uno scontro
Inutile girarci intorno insomma, il lavoro svolto da Massive Entertainment su The Division 2 è del tutto soddisfacente.
Oltre a garantire ore ed ore di divertimento in un enorme mondo di gioco pulsante di attività da completare, il sistema di crescita del personaggio garantisce una personalizzazione senza precedenti, permettendo di plasmare pian piano il nostro agente perfetto.
Alcune armi e pezzi di equipaggiamento inoltre faranno parte di specifici set che, se completati, aggiungeranno ulteriori capacità passive, come succedeva anche in Diablo III o nel più recente Assassin’s Creed Odyssey; ciò invoglia il giocatore a “farmare” col giusto equilibrio e ne alimenta le speranze gratificandolo con le giuste ricompense.
In gruppo le cose funzionano bene così come nel single-player. C’è qualche piccola sbavatura, come ad esempio l’impossibilità di seguire gli indicatori della mappa per chi partecipa ad una partita già avviata oppure la mancanza di un sistema di coordinamento della squadra nelle situazioni più concitate (che talvolta porta ad esiti nefasti), ma l’esperienza globale è ampiamente promossa.
Anche tecnicamente (come già detto in apertura) The Division 2 si difende in modo discreto. Il gioco è cambiato molto rispetto all’open beta di qualche settimana fa ed è cambiato in meglio, con una rinnovata solidità del comparto grafico ed una maggiore qualità delle texture, anche se queste ultime in particolare soffrono un caricamento più lungo del normale.
Non mancano le sbavature, ma il lavoro svolto da Massive Entertainment su The Division 2 è del tutto soddisfacente
Nulla di trascendentale, sia chiaro, soprattutto osservando la vastità ed il dettaglio dell’ambiente esplorabile che grazie ad una direzione artistica di primo livello, vi colpirà piacevolmente in più di un’occasione.
La variabilità del meteo in tempo reale è intrigante, ma spesso assistiamo a cambi troppo repentini per risultare realistici; in più ci è capitato di assistere ad una mancata sincronia tra effetto visivo ed il rispettivo effetto sonoro, ad esempio tra un fulmine ed il suo tuono o tra la pioggia battente e lo scroscio dell’acqua. Difetti minori che in una produzione così immane non passano purtroppo inosservati.
Per il momento sono nulle le riserve che nutriamo nei confronti di The Division 2. Il mondo di gioco ereditato dall’idea di Tom Clancy ci ha catturato ancora una volta come e più del primo capitolo, segno che Massive Entertainment non ha tralasciato i numerosi feedback dei fan, cercando nel possibile di accontentare tutti e generando quella che si candida ad essere una delle esperienze multigiocatore più interessanti dell’anno. I miglioramenti non sono rivoluzionari, ma sono moltissimi e sommati vanno a costituire un grande passo in avanti rispetto a ciò a cui eravamo abituati. La progressione è costante, coinvolgente e remunerativa, sostenuta da tante attività (principali e secondarie) che portano dritte all’end-game, tutte con una propria struttura narrativa che per quanto superficiale, è molto più avanti rispetto alla media. Proprio dell’end-game non abbiamo parlato, perché uscirà uno speciale incentrato sul “post-campagna” e sul ruolo delle Zone Nere (PVP) presenti, quindi il nostro voto si basa esclusivamente sulla prima, smisurata ed eccellente porzione di gioco. |