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Speciale 06 Ago 2024

Tombi!, perché gli vogliamo ancora così bene – Speciale

Si scrive "Clear", si legge "Cancella"

Se volessimo ricercare un elemento ricorrente nell’evoluzione dell’industria videoludica, un fattore che più di qualunque altro si sia ripetuto ciclicamente e ne abbia influenzato lo sviluppo, non si potrebbe che indicare l’open world.

Nient’altro, se non l’inseguimento di questo ideale di level design, ha guidato il concepimento, lo sviluppo e la realizzazione di centinaia di produzioni nei decenni di vita intercorsi del settore. Già nel lontano 1986, Shigeru Miyamoto, applicandone i concetti teorici, che all’epoca erano ben lontani dall’essere formalizzati, diede vita al capitolo originario di The Legend of Zelda, solo per fare un esempio.

Open world, insomma, come il Santo Graal dell’intrattenimento digitale, come la forma più pura, diretta, tangibile di libertà concessa al videogiocatore, come la forma finale dell’interazione senza confini, né compromessi, a cui dovrebbe aspirare un prodotto i cui confini non sono predeterminati dai suoi stessi creatori.

Uno dei tanti scorci estremamente suggestivi di Tombi!

Era così, in effetti, nella prima avventura di Link, tenendo ben presente di alcuni compromessi, naturalmente. Perché un’ordine prestabilito, un sentiero da seguire, infondo c’è sempre, anche nel ben più ambizioso, e riuscito in questo senso, Breath of the Wild, che, insieme al sequel Tears of the Kingdom ed Elden Ring, rappresenta ancora oggi la migliore attualizzazione di un’avventura che sfrutta efficacemente un’impostazione open-world.

Questo cappello introduttivo è indispensabile per parlare di Tombi!, ritornato sotto le luci della ribalta grazie alla recente Special Edition realizzata da Limited Run Games e pubblicata lo scorso 2 agosto su Steam, PlayStation 5 e Nintendo Switch. Sì, perché per molti versi, il cult frutto dell’inventiva, ma anche dell’estrema ambizione, di Tokuro Fujiwara, rappresenta a tutti gli effetti una delle tante tappe della scala evolutiva del level design open-world.

Oggi, del resto, lo definiamo semplicemente un metroidvania, altro sottogenere, prettamente anche se non esclusivamente in due dimensioni, che esplora in un altro contesto e con altre regole le potenzialità offerte da una mappa calpestabile in lungo e largo. Eppure, a ben vedere, le esigenze e il risultato finale non è poi troppo dissimile da un GTA III, che consentiva ampia libertà di movimento e un pur limitato potere di scelta sul come e quando completare le missioni principali e secondarie.

Le 130 missioni che si potevano completare prevedevano backtracking, esplorazione accorta, attraversamento in maniera differente di scenari già visitati

Laddove la produzione Rockstar Games offriva al grande pubblico la sua visione sul futuro dei videogiochi solo nell’ottobre del 2003, il simpatico ragazzo con i capelli rosa saltava di piattaforma in piattaforma già nel dicembre del 1997. Non è nostra intenzione creare un collegamento diretto tra i due giochi, certamente così diversi e distanti, eppure, riducendo le analisi e i giudizi alla loro forma più elementare e semplice, c’è una cosa che accomuna la fruizione di entrambe le produzioni, qualcosa che, a distanza di anni, si è conservato quasi intatto e integro nella memoria e nei cuori degli appassionati: il senso di libertà.

Sono tanti i motivi per cui a distanza di quasi trent’anni dalla sua release originaria, questa Special Edition di Tombi! abbia generato tanto clamore nelle frange più vetuste degli appassionati di videogiochi. C’è sicuramente lo stile visivo intramontabile, che fonde gli sprite dei personaggi a fondali parzialmente in 3D e parzialmente prerenderizzati. Non si può non nominare la prospettiva peculiare, che faceva scorrere i livelli di parallasse in modo certo irrealistico, ma tremendamente affascinante. Difficile ignorare lo splendore della colonna sonora firmata da Harumi Fujita, recentemente a lavoro su Streets of Rage 4 e Windjammers 2, che in questa riedizione si può ascoltare, oltre che nei livelli veri e propri, in una modalità preposta al compito sia in versione originale, con tutte distorsioni e impurità nel suono del caso, che in versione rimasterizzata.

Il buon Tombi ha appena vomitato, letteralmente, alcuni pulcini. Momenti di classica follia di un gioco estremamente bizzarro

Anche il contesto narrativo è tra i motivi per cui Tombi! occupa un posto speciale nella memoria di chi ebbe la fortuna e il piacere di giocarlo all’epoca. Nel 1997, soprattutto dalle nostre parti, impazzava la mania per Dragon Ball e il protagonista, nonché le ambientazioni e i nemici, ricordano da vicino la prima serie del manga e dell’anime del compianto Akira Toriyama. Una vicinanza visiva, ma anche di atmosfera e spirito che si respira all’interno dell’avventura, che non manca di presentare personaggi antropomorfi, scambi di battute ironici, scenari che strizzano l’occhiolino al fantasy occidentale.

Per tutte queste qualità, Tombi! è ancora oggi ricordato con grande trasporto dai fan, ma, come detto, la ragione principale si annida altrove, ovvero proprio nell’essenza stessa dell’avventura che, configurandosi come un metroidvania, esplora le potenzialità di una struttura open world, per quanto ancorata ad un 2D che pur gioca spesso e volentieri con la prospettiva e i livelli di parallasse.

Pur senza la libertà consentita entro i confini di Liberty City, giusto per citare nuovamente GTA III, la creatura di Whoopee Camp si dimostrò particolarmente originale e rivoluzionaria per come seppe sfruttare lo spazio bidimensionale con tremenda efficacia. Le 130 missioni che si potevano completare, difatti, prevedevano backtraking, esplorazione accorta, attraversamento in maniera differente di scenari già visitati. Dialoghi e particolari azioni potevano cambiare la morfologia di una determinata area. L’ottenimento di un oggetto apriva un sentiero prima bloccato. Imbattersi, più o meno casualmente, in un passaggio conduceva a zone a loro volta ricche di missioni e personaggi da incontrare.

Tombi!, in definitiva, seppe fare storia per il suo carattere

Tombi!, insomma, seppe conquistare il suo pubblico per la quantità esorbitante di segreti che celava, segreti che, lontani eoni dall’epoca dei walkthrough su YouTube richiedevano la collaborazione di videogiocatori contigui e l’intensivo utilizzo di materia grigia. Del resto, gli indizi forniti per la risoluzione di ogni singola quest non erano molti e la mancanza di un log che tenesse conto di tutte le richieste dai vari NPC rendeva difficile anche solo ricordarsi cosa andava fatto. Eppure, era parte del divertimento, del fascino proiettato da questo gioco, in un’epoca in cui era ancora concepibile creare un gioco senza una mappa integrata, senza complessi menù che tenessero conto di ogni singola caratteristica del gameplay.

Certo, per i completisti era un bel problema, ma il clima estremamente rilassato e scanzonato del gioco, rendeva l’avventura assimilabile ad una bella vacanza in un posto esotico, in compagnia di un bizzarro amico dai capelli rosa. In questo senso, art design e sceneggiatura, completavano l’opera e le donavano ulteriore carattere. Perché aiutare una scimmietta simpatica in difficoltà, curare un cagnolino disperso, o ritrovare un piccolo gnomo sperduto, era sinonimo di dialoghi dai risvolti comici ed esplorazione di scenari ricchi di contrasti eccentrici, ma anche per questo peculiari e originali.

Tombi!, in definitiva, seppe fare storia per il suo carattere. Per il modo unico e diretto con cui si configurò come una produzione particolarissima e coraggiosa, sia artisticamente, che ludicamente. Il senso di libertà offerto è estasiante anche oggi, sebbene le aree di gioco sembrino meno estese e certi enigmi più facili da risolvere.

Uno dei tanti momenti in cui Tombi! gioca con la prospettiva

Questa Special Edition, tra l’altro, ci fa il grande favore di restituirci la versione originale, senza alcuna correzione, né aggiunta. Certo, non mancano bozzetti e brevi documentari filmati. Anche i filtri all’immagine sono al loro posto. Si può giocare con la prospettiva dello schermo. Per il resto, non aspettatevi alcuna aggiunta. Forse si sarebbe anche potuta includere una versione caratterizzata dalla risoluzione dei bug grafici e corretta dai tanti errori di localizzazione (completare una quest, farà ancora apparire la scritta Cancella, traduzione diretta e poco accorta dell’inglese Clear). Di sicuro, tuttavia, siamo felicissimi di poter giocare a quel Tombi!, lo stesso ed identico del 1997, con tutte le sue storture e i suoi limiti.

I giocatori più giovani lamenteranno una certa legnosità dei controlli, il backtraking non proprio accessibile, il menù scarno e la difficoltà nel capire come e quando usare certi oggetti. Bisogna naturalmente scendere a compromessi con lo spirito di un gioco sicuramente retrò, sorto in tempi diversi e con necessità diverse. Eppure, la magia di certe ambientazioni, l’ingenua simpatia di certi dialoghi, la brillantezza di certi enigmi proposti è valida oggi come ieri.

Non vedevamo l’ora di ricordarci perché amiamo così tanto Tombi! e questa Special Edition ci ha permesso di farlo molto facilmente.

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