Colonia – Ci sono titoli dal passato immenso, quasi inestimabile: scorci di un passato lontano fatto di persone che unite creavano qualcosa di indimenticabile, senza precedenti. Questa è la storia di Planescape Torment, una magica unione nella lontana Black Isle, tra un Brian Fargo e un Chris Avellone che avrebbero scritto la storia dei GDR occidentali negli anni a venire.
Da questo presupposto è nata la volontà di Brian Fargo e la sua Inxile di riunire parte degli autori originali e di dare un seguito spirituale a quel lontano capolavoro. Forte di una campagna Kickstarter dai risultati record (circa 4 milioni raccolti), il team si è messo a dura prova per portare i giocatori in una nuova e originale esperienza, a cavallo tra mondi e piani temporali differenti, oltre la morte e il tempo in un’esperienza estremamente focalizzata sulla narrazione, tanto da essere assolutamente fattibile un playthrough totalmente privo di scontri. Qualcosa che ricorda molto la vecchia scuola, con i dialoghi a farla da padrona come un buon libro, più che come un’esperienza cinematografica.
Nella presentazione a cui abbiamo assistito, il lead designer ci ha mostrato differenti livelli di interazione, oltre ad averci raccontato le differenti possibilità offerte da un universo narrativo peculiare come quello di Torment: Tides of Numenera. Il titolo ci getta infatti in un mondo estremamente avanzato, figlio di una civiltà perduta su di cui gli umani hanno costruito la propria esistenza. Tecnologie così avanzate che, per una mente medievale come quella dell’uomo, è impossibile scindere dal significato magico, incomprensibile e misterioso. Il nostro personaggio avrà la possibilità di plasmare la propria storia, attraverso i lunghi dialoghi interattivi classici del genere, e insieme ad un’interessante meccanica che ci permetterà di modificare il passato (non i ricordi) dei personaggi secondari, per aiutarli o semplicemente per raggiungere i nostri obiettivi. Tornare indietro per permettere ad un robot di avere un figlio, e poi usare i suoi bambini come esplosivi? Si può fare (no, davvero).
Dare in pasto i nostri compagni di squadra ad un alieno famelico? Si può fare. Visitare una civiltà che vive all’interno di una creatura galattica, e che usa i vasi sanguigni e le vene come collegamenti? Si può fare. Le possibilità narrative di un titolo come Torment sono incredibili, e l’immaginazione degli autori e degli sviluppatori non ha visto limiti, anzi, ne ha sicuramente giovato. Niente mondi da salvare, niente cattivi da sconfiggere: un’avventura matura dalle sfaccettature incredibili, e dalla grande profondità narrativa. Anche la morte, in Torment, è una meccanica e non vede necessariamente la fine dalla partita, non ci è stato mostrato nulla di rilevante in questo senso, ma dovrebbe ripercorrere quanto visto dal capitolo originale, permettendo di saltare da una “dimensione” e l’altra.
Per quanto riguarda il gameplay, il titolo non è poi così distante da altri esponenti del genere, anche recenti come Pillars of Eternity o Wasteland 2: si esplorano le ambientazioni, si interagisce con l’ambiente e con i suoi personaggi, cambiando le loro storie e quelle del loro mondo. Il combattimento è invece a turni, con la visuale tattica, piuttosto classico se rapportato ad altri esponenti più recenti che hanno magari osato di più in questo senso. C’è da dire che l’idea dietro Torment è che il combattimento dovrebbe essere sempre l’ultima spiaggia, laddove i dialoghi e le opzioni ad essi legati possono portare il giocatore verso direzioni inaspettate e interessanti. Anche in questo caso si tratta di scelte, con una rigiocabilità assolutamente ineguagliabile (gli sviluppatori parlano anche di 10 e più avventure diverse) tante sono le variabili in gioco.
La presentazione è stata anche la prima occasione per vedere in azione la versione console, sviluppata con l’aiuto di Techland negli ultimi mesi, che ci è apparsa in ottime condizioni, sia per quanto riguarda l’aspetto tecnologico (manca pur sempre un anno all’uscita) che per quello forse più importante legato all’interfaccia utente, fondamentale in un titolo simile. Abbiamo quindi una mappatura piuttosto standard, con un forte uso degli analogici e delle ruote, perfettamente integrate per garantire una corretta interazione in un titolo complesso e sicuramente non di facile lettura di suo.
Le possibilità narrative di un titolo come Torment sono incredibili
Torment Tides of Numenera non è un titolo facile da presentare: appartiene alla vecchia guarda dei giochi di ruolo, e il suo livello di profondità, a partire dal sistema di dialoghi e alla narrazione in sé, non lo rendono un titolo per tutti. Ne siamo comunque rimasti affascinati, dalla particolarità del comparto artistico a quello della narrazione, con una meccanica come quella del “modificare il passato” che potrebbe riservare davvero delle grandi ed inaspettate sorprese in ogni dove.
La versione console d’altro canto ci è sembrata in buono stato, con un buon utilizzo dell’interfaccia utente per rendere l’esperienza compatibile con la complessità del gameplay e delle tante finestre mostrate su schermo. C’è ancora tanto da attendere ma la confidenza della presentazione (a cui era presente anche Brian Fargo) ci fa ben sperare sulla riuscita di un progetto fatto col cuore, per i fan che lo hanno finanziato (e non solo).