Il ricorso a Kickstarter oramai è ben più di una novità in ambito gaming: se fino a poco tempo fa, solo sviluppatori minori si affidavano alla popolare piattaforma progenitrice di tutte le raccolte fondi al tempo del web, è oramai usanza diffusa, anche per i maggiori publisher, chiedere un pingue anticipo ai futuri clienti al fine di finanziare l’opera videoludica che prenderà forma da li a qualche anno. Shenmue 3, Mighty N.9, The Bard’s Tale 4 sono solo alcune delle produzioni ad alto/altissimo budget che nel corso degli ultimi anni (con risultati a volte alterni, a volte ancora da verificare) hanno fatto ricorso al finanziamento pubblico mediante kickstarter, sia per avere un boost iniziale non da poco che per saggiare in anticipo l’interesse degli utenti nei confronti di prodotti che evidentemente, ancora in fase embrionale, non dava garanzie di sorta nonostante l’altisonanza dei nomi coinvolti negli stessi, e non a torto, diremmo.
Dei sopraccitati titoli infatti, solo Mighty N.9 ha visto la luce (con risultati che definire ampiamente sotto le aspettative sarebbe riduttivo); poco o nulla si sa e si è visto di Shenmue 3 e gli sviluppatori di The Bard’s Tale 4 (guarda un po’, sempre gli inXile Entertainment), nonostante non abbiano ancora dato una release date certa per questo atipico rpg, hanno agganciato, a mo di cavallo di troia, una ulteriore campagna kickstarter alla precedente per finanziare “The Mage’s Tale”, rpg destinato esclusivamente ai dispositivi di realtà virtuale presenti sul mercato: insomma, Kickstarter è un mare magnum capace di regalare sia grandi soddisfazioni, sia altrettanto cocenti delusioni.
Tornando a noi, Torment: Tides of Numenera, l’ultimo (in ordine cronologico) rpg made in inXile Entertainment finanziato e portato a termine grazie ad una mirabolante campagna Kickstarter, nonostante sia stato portato a termine nelle tempistiche previste ha avuto una gestazione complicata che ha portato, purtroppo, alla soppressione della localizzazione in italiano del gioco oggetto di questa recensione, evento che ha indirizzato pesantemente la fase di recensione in una direzione e che condizionerà, incontestabilmente, la diffusione di Torment: Tides of Numenera nel bel paese.
Quello degli RPG, insieme ai racing games, è uno dei miei generi preferiti. Nel corso degli anni ho vagabondato per migliaia di ore di gioco nei mondi più disparati: è usuale dunque, nella maggioranza dei giochi di ruolo, ritrovarsi su pianeti semisconosciuti a combattere per la gloria, a salvare una civiltà da una minaccia incombente o ad affrontare avventure sempre più pericolose per far si che si riequilibri la sempiterna lotta tra il bene e il male, il tutto a mo di originale spunto narrativo.
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Ebbene, sin dai primi momenti di gioco Torment: Tides of Numenera mette in chiaro che, pur ambendo a diventare con i suoi oltre 4.000.000 di dollari di crowdfunding, la pietra di paragone, il turning point atteso messianicamente per anni, per tutti i giochi di ruolo (passati o presenti che siano), è quanto di più lontano possa esserci dalla concezione di gioco di ruolo, così come la conosciamo.
Torment: Tides of Numenera ci porta in una terra avanti ben un miliardo di anni rispetto a quella attuale: i secoli passati hanno visto avvicendarsi centinaia di civiltà e la terra è divenuta oramai un cimitero in cui sono sepolti i ritrovati tecnologici derivanti da anni di evoluzione scientifica, artefatti meglio conosciuti come “numenera”. Il ciclo vitale delle civiltà succedutesi ci porta in contatto con una popolazione che, pur vivendo in un futuro remoto, è ad uno stadio evolutivo che non le consente di interpretare ed utilizzare debitamente questi marchingegni tecnologici interpretando, erroneamente, le manifestazioni di (mal)funzionamento degli stessi come magia allo stato puro, temendola e venerandola nel medesimo momento: al contempo possedere o padroneggiare parti di questa “tecnologia dimenticata” ci renderà possibile, tra le altre cose, controllare diversi aspetti della vita su questa futura e futuribile terra.
La volontà (e l’esigenza da parte dei ragazzi di inXile Entertainment) di differenziare il loro ultimo progetto da qualsiasi altro gioco di ruolo disponibile sul mercato parte, innanzitutto, nella gestione delle dinamiche narrative: Tides of Numenera, infatti, non impersoneremo un eroe senza macchia e senza paura destinato a cambiare il destino di un intero pianeta. Il protagonista sarà “semplicemente” impegnato a sopravvivere in un mondo a lui sconosciuto, un pianeta in cui viene visto come una entità aliena e “tutto ciò” che dovrà fare sarà assistere alle reazioni degli abitanti di questo mondo alle sue azioni e re-agire di conseguenza.
La trama di Torment: Tides of Numenera è infatti il racconto di una storia personale, inerente le scelte fatte dal nostro alter-ego al fine di ritrovare se stesso e scoprire quanti più elementi possibili, in modo da ricostruire un passato oramai fumoso di cui ha solo sparute e confuse rimembranze. Interagire con gli elementi del mondo di gioco lo porterà infatti in continuo contatto con parti di un passato direttamente collegato alla tanto vituperata e temuta tecnologia passata, come fosse parte integrante del suo retro vissuto.
Inoltre, la continua interazione con gli abitanti del mondo di gioco ci permetterà di conoscere la mitologia di questa terra futura che vede in un “Dio Trasmutante” (The Changing God nello script originale che, vi ricordiamo, difetta della localizzazione in italiano) l’apice del sistema gerarchico religioso, un essere che, dopo aver scoperto il segreto dell’immortalità, crea e si innesta in corpi di umani a sua immagine e somiglianza, al fine di interagire correttamente nel mondo di gioco ed interferire e determinarne l’evoluzione o l’involuzione a seconda dei suoi scopi; una volta esaurita “l’utilità” del corpo in cui risiede, il Dio Trasmutante lo abbandona, trasferendosi nell’ennesimo “involucro prescelto”, di sua creazione, per la sua ulteriore evoluzione.
I membri di questa ambiziosa software house hanno, sin dall’inizio, dichiarato di voler riscrivere le regole dei giochi di ruolo su PC.
L’abbandono da parte di questa misteriosa divinità ha lasciato, comunque, un segno del suo passaggio nelle membra del nostro protagonista: una sorta di memoria genetico/tecnologica della sua matrice divina. La permanenza di queste caratteristiche nel corpo del nostro alter-ego digitale lo mettono sulla lista dei ricercati de “La sofferenza” (The Sorrow nello script originale), una entità sovrannaturale atta a ripristinare l’equilibrio tra vita e morte, dedita a cacciare, rintracciare e sterminare qualsiasi cosa abbia a che fare con il Dio Trasmutante. Termina qui, per non farvi incorrere in spoiler di qualsiasi tipo, l’introduzione alla trama di Torment: Tides of Numenera che rappresenta, a ragion veduta, uno dei maggiori, se non il principale, motivo di interesse di questa gigantesca produzione dei ragazzi di inXile Entertainment.
Come dicevamo nell’introduzione i membri di questa ambiziosa software house, capitanata da Brian Fargo (volto storico e fondatore sia di inXile Entertainment che della defunta e compianta Interplay, responsabile, tra gli altri, dei primi due Fallout), con Torment: Tides of Numenera, hanno, sin dall’inizio, dichiaratamente voluto riscrivere le regole dei giochi di ruolo su PC e, per farlo, hanno provato a rivoluzionare l’approccio stesso agli eventi che ci troveremo, volta dopo volta, ad affrontare.
Sin dai tempi di Eye of the Beholder, se c’è una cosa che i giochi di ruolo su pc ci hanno insegnato è che, per arrivare alla nostra destinazione ultima, dovremo farci largo tra orde di nemici menando come fabbri o, alternativamente, utilizzando i molteplici poteri magici in nostro possesso per aver ragione di intere legioni di demoni o degli avversari che si pareranno tra noi e il nostro traguardo. Non che in Torment: Tides of Numenera ciò non sia possibile, anzi: nel caso in cui vi prudano le mani 24 ore al giorno, potrete scegliere di affrontare a viso aperto tutti gli avversari che si frapporranno tra voi e il vostro obiettivo ma, così facendo rischierete (oltre che di incassare sonori e dolorosissimi ceffoni) di snaturare completamente l’esperienza di gioco preparata per voi dai ragazzi di inXile Entertainment.
Se infatti Torment: Tides of Numenera ha richiesto quasi quattro anni di sviluppo, non è stato solo per affinare un turn-based combat system allo stato dell’arte ma per darvi la possibilità, paradossalmente, di portare a termine le vostre peregrinazioni nella terra del futuro utilizzando quanto meno possibile il vostro armamentario. Se nei giochi di ruolo visti fino ad ora, infatti, il dialogo era una tra le opzioni possibili (e solo la predisposizione naturale verso lo stesso o il possesso di particolari stats avrebbe indirizzato il tutto verso una pacifica ricomposizione della controversia in atto), in Torment: Tides of Numenera, parallelamente a quanto visto in Planetscape: Torment (progenitore spirituale del gioco oggetto di questa recensione), il dialogo rappresenterà, di fatto, una arma aggiuntiva anzi, l’arma definitiva grazie alla quale disinnescare potenziali situazioni esplosive e giungere ad una ricomposizione dell’azione senza la divisione del parco partecipanti in vittime o carnefici.
Questo sia in virtù del sistema di interazione che vede, parallelamente a quanto succede nei giochi di ruolo cartacei, la possibilità di utilizzare bonus specifici in determinati momenti per indirizzare nell’uno o nell’altro senso il dialogo con gli NPC (più o meno) amichevoli che ci troveremo ad incrociare nel nostro percorso, che dell’importanza che la trama (e dunque il background dei vari personaggi disposti in giro per il mondo di gioco) avrà nel corso della nostra immensa peregrinazione.
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A dimostrazione di ciò la “scelta” tra dialogo o combattimento avverrà mediante le medesime dinamiche regolanti le battaglie: in presenza di uno o più avversari, quando la situazione si sarà surriscaldata, giungeremo al cosiddetto “punto di rottura”: parallelamente a quanto accade in una fase di combattimento (turn-based combat), alla stessa maniera, invece di lanciarci in un efferato scambio di colpi, potremo impiegare i nostri turni per far parlare personaggio dopo personaggio e cercare così di riportare la calma o di fornire alternative plausibili ed utili a disinnescare il countdown che ci condurrebbe, altrimenti, ad una inevitabile battaglia. Le decisioni prese durante le sessioni dialogiche, inoltre, non saranno fini a loro stesse: i componenti del nostro party, oltre a ricordare in modo permanente (per tutta la durata del playthrough) le nostre decisioni, potranno infatti approvare o meno le nostre scelte e potranno decidere se rimanere o meno in nostra compagnia.
Alla stessa maniera il dialogo non ci vedrà impegnati esclusivamente in una opera di persuasione dura e pura: la libertà concessaci dagli sviluppatori si spingerà finanche alla possibilità di sacrificare uno o più membri del party per garantirci un lasciapassare “pacifico” verso la nostra destinazione. Parimenti la morte, eccezion fatta per quella avvenuta in scontri topici o durante determinate boss-fight, non verrà vista come punto finale della nostra avventura ma potrà trasportare il nostro alter-ego virtuale in dimensioni alternative da cui continuare a muovere le fila degli eventi ed incedere, seppure in un modo deviato ed alternativo, nel percorso verso la “verità”.
Quanto detto fino ad ora ci da l’idea dell’immensa libertà di scelta messa a nostra disposizione dagli sviluppatori: la molteplicità di approcci possibile garantisce infatti una grandissima rigiocabilità del titolo, permettendoci dunque di esplorare, anche in una eventuale seconda o terza run, porzioni di gioco non ancora scoperte e, ovviamente, di valutare l’impatto delle nostre scelte sulla evoluzione della trama.
Il dialogo rappresenterà, di fatto l’arma definitiva grazie alla quale disinnescare potenziali situazioni esplosive.
Se tutto ciò rappresenta, come infatti fa, una manna per gli appassionati di giochi di ruolo, alla stessa maniera questa immensa stratificazione e diversificazione del gameplay, caratterizzata da una incredibile mole di dati e di dialoghi, da una miriade di personaggi secondari, ciascuno dotato del proprio background e ciascuno a sua volta funzionale all’evoluzione di una porzione della trama, ha più di qualche risvolto negativo.
In primis la scelta suicida di non localizzare Torment: Tides of Numenera, nonostante il tutto fosse stato promesso in fase di crowdfunding (che vi ricordo, ha superato ampiamente quota 4.000.000 di dollari, fornendo dunque al team ampie risorse finanziare utili a sobbarcarsi anche la localizzazione in italiano), nel nostro idioma ne riduce diametralmente, vista l’immensa (eccessiva) verbosità del titolo in oggetto, la percentuale e possibilità di fruizione, relegando il pur pregiatissimo titolo inXile Entertainment in una nicchia ricavata in un genere già di suo estremamente settoriale, ad un ristrettissimo numero di persone capaci di districarsi tra i molteplici flussi di dati (snocciolati con continuità imbarazzante in una lingua straniera) e tenerli a mente in modo da agire correttamente nel vastissimo mondo di gioco.
In secondo luogo, pur volendo trascurare (consci comunque dell’impossibilità di passare sopra ad una mancanza così invalidante per la corretta fruizione del titolo oggetto di recensione) la mancata localizzazione, l’enorme mole di dati da cui l’utente finale viene letteralmente travolto porta, paradossalmente e parallelamente a quanto succede nelle fasi di dialogo, il fruitore finale dell’opera inXile Entertainment al “punto di rottura”: se è vero infatti che un qualsiasi videogioco debba divertire, pur estraniando il giocatore dalla realtà di riferimento per proiettarlo in una dimensione altra creata dagli sviluppatori, la eccessiva prolissità del sistema di dialogo e l’ingente quantitativo di informazioni veicolate dagli sviluppatori, principale freccia nell’arco di Torment: Tides of Numenera, rischiano di trasformarsi, per buona parte degli utilizzatori, in un boomerang capace di ritorcersi contro l’utente finale, o in un cane che si morde la coda generando frustrazione, sfiancandolo e rischiando, così facendo, di allontanarlo dal gioco stesso, nonostante la pregevole fattura del prodotto finito.
Lasciandoci alle spalle questi evidenti errori di bilanciamento la cui “pesantezza” va valutata però da giocatore a giocatore, passiamo ora in rassegna il comparto squisitamente tecnico dell’ultima fatica inXile Entertainment.
L’iniziale collaborazione con Obsidian Entertainment, limitata originariamente al solo utilizzo del sistema dialogico già visto in Pillars of Eternity, si è estesa al punto tale da permettere, in virtù degli accordi raggiunti dalle due software house, l’utilizzo tout-court dell’Infinity Engine 2, motore alla base del capolavoro rilasciato nell’oramai lontano 2015 dai ragazzi di Obsidian. L’utilizzo di questo motore grafico-fisico, una versione debitamente potenziata e modificata dello unity engine, ha fornito ad inXile Entertainment uno strumento pressoché perfetto su cui lavorare di ottimizzazione e personalizzazione al fine di far diventare realtà la visione originaria di Torment: Tides of Numenera: i risultati sono, già dalle poche immagini incluse in questa recensione, sotto gli occhi di tutti.
Torment: Tides of Numenera è sicuramente una evoluzione del genere ruolistico su PC, ma non una rivoluzione
Il mondo di gioco presente in Torment: Tides of Numenera si differenzia completamente da quello di Pillars of Eternity, donandoci location pregne di tinte cromatiche differenti e foriere di un character/world design ispirato e quanto mai efficace nel rendere vivo e pulsante un pianeta schiavo di una tecnologia passata ma al contempo sconosciuta ed ancora non controllata perfettamente dalla attuale popolazione.
L’ibridazione del terreno con gli artefatti tecnologici ci mostra una civiltà rurale e tecnologica al tempo stesso, setting perfetto per la complessa narrazione ideata dai ragazzi di inXile. Come nella sua precedente “incarnazione”, l’Infinity Engine 2 brilla per leggerezza e duttilità nella configurazione: la versione pc da noi testata brilla infatti per velocità sia completamente maxata a 2K su un sistema high-end dotato di GTX 1080 che, scendendo a debiti compromessi grafici, a 1920×1080 su un pc più “datato” e meno performante. Un plauso va anche alla colonna sonora scelta per accompagnare le nostre peregrinazioni nel mondo di gioco: mai poco appropriata, ha scandito debitamente i diversi momenti che abbiamo vissuto nel mondo di Torment: Tides of Numenera.
Torment: Tides of Numenera rappresenta il tentativo, riuscito solo in parte, con cui inXile Entertainment prova a riscrivere da zero le regole dei gdr su pc, donandoci un gioco intenso e coinvolgente, dotato di una trama profonda e contorta, croce e delizia di questa produzione AAA derivante da un Kickstarter da record. La molteplicità di approcci possibili per la soluzione degli enigmi e la possibilità di evitare quasi completamente il combattimento in favore di un approccio dialogico ci forniscono un sistema di gioco duttile e appassionante, castrato però dall’assoluta mancanza di una localizzazione in italiano e, dunque, dalla conseguente iper-settorializzazione di un gioco già di natura destinato ad una ristretta cerchia di appassionati. L’atipicità e l’eccessiva verbosità delle soluzioni dialogiche potrebbero rappresentare inoltre un boomerang capace di sfiancare finanche il più paziente dei giocatori, limitando ulteriormente la fruizione a lungo termine di un gioco altrimenti piacevole e ben realizzato. Torment: Tides of Numenera è sicuramente una evoluzione del genere ruolistico su PC, ma non una rivoluzione. |