A Total War Saga: Thrones of Britannia – Recensione

Britannia, 878 d.C. È passato un secolo dalla prima incursione e anche dalla prima vittima registrata nelle cronache per mano dei vichinghi (un magistrato al servizio di re Beorthric, riporta l’Anglo-Saxon Chronicle), a seguito della quale si è avuto un periodo di relativa pace esploso poi in una serie di razzie a partire dal 835. Gli Uomini del Nord non sembravano interessati a porre un insediamento stabile nelle lande britanniche, limitandosi a cercare bottino e schiavi prima di prendere il largo. Questa situazione andava tuttavia a sconquassare una terra già di per sé teatro di divisioni profonde e all’apparenza incolmabili. Norreni, scozzesi, inglesi e gaelici lottano per i propri confini ma i razziatori vichinghi premono per superare le loro difese, spinti anche dalla sete di vendetta per la morte del re danese Ragnar Lodbròk (la traduzione del soprannome fa perdere in epicità, ma appassionati di Vikings, fatevi avanti!). Conquistarono York, buona parte del Northumbria e della Mercia orientale, si espansero al punto che sotto la guida di re Guthrum nel 878 riuscirono quasi a segnare la fine dell’ultimo regno sassone indipendente: occuparono il Wessex, spinsero molta della popolazione oltremare e obbligarono il resto alla sottomissione.

Solo un uomo riuscì a opporsi a quest’opera di conquista sfrenata: re Alfredo, elogiato in seguito come Il Grande, riuscì a radunare un piccolo seguito e a sfuggire ai vichinghi, minando in tal modo la durata della loro occupazione. Dall’inaccessibile roccaforte di Athelney mise insieme un esercito sufficiente a poter affrontare Guthrum nella famosa battaglia di Ethandum che li vide vincitori. Costretto alla fuga, Guthrum dovette rendere gli ostaggi, abbracciare la fede cristiana e abbandonare il Wessex. Il vero e proprio trattato di pace fra i due re avvenne solo nel 886, ma Thrones of Britannia si concentra sugli anni più sanguinosi, e al di là di piccole licenze poetiche il risultato è encomiabile.

C’è un innegabile fascino nel vedere con gli occhi di un guerriero dell’epoca ambientazioni e roccaforti che oggi sono solo un’eco della storia, e non posso negare di essermi concessa del tempo per osservare le palizzate innevate di Dinefwr, che in seguito sarebbe diventata la capitale del regno gaelico di Deheubarth, fondato attorno al 950. E per rispettare la storia proprio dei gallesi ero al comando, pronta a far breccia nelle difese con settecento uomini provati dalla battaglia e difesi soltanto da malconci scudi di legno contro la prevedibile controffensiva britannica fatta di frecce incendiarie. Una visione epica della situazione potrebbe portare a pensare che un simile conflitto sia stato la conclusione ultima di una lunga e fallimentare campagna diplomatica, ma la verità era molto più semplice ed è la stessa che ammanta molti conflitti nella storia: loro possedevano qualcosa che volevo per me. Nella precaria situazione della Britannia, non esisteva motivazione migliore.

Questo è in parole povere Total War, tuttavia per quanto epico possa sembrare aspettate a battere le lame sugli scudi perché la maggior parte dell’azione si svolge su una mappa molto dettagliata, anziché sulla nuda terra con le armi in resta. Formerete eserciti, creerete trattati, vi assicurerete che i vostri vassalli vi siano fedeli e in generale farete tutto quanto necessario per amministrare a dovere il regno. A ogni turno sarete chiamati a prendere determinate decisioni, affiancati da un funzionario che vi terrà informati delle possibili problematiche come la scarsità di cibo. Un aspetto che sarà familiare ai veterani di Total War, che si sentiranno a casa con la profondità gestionale di Thrones of Britannia, ma potrebbe invece sopraffare i neofiti della serie. L’interfaccia utente può apparire labirintica ma c’è da riconoscere il lavoro di Creative Assembly nello snellire alcune meccaniche rispetto ai titoli passati: i menu a tendina permettono di scorrere fra eserciti e province in maniera intuitiva, dettaglio che sicuramente apprezzerete. La decisione questa volta di focalizzarsi non più su un impero solido come poteva essere quello romano ma su un regno disunito e del tutto in divenire porta sì a un territorio meno esteso, ma al contempo ricco di province densamente popolate con più insediamenti – ciascuno dei quali può essere sviluppato per ottenere diverse risorse o aprire nuovi tratti di esplorazione. Il vetro colorato e l’intaglio del legno rafforzano inoltre la convinzione di star scrivendo la storia, poiché le vostre gesta saranno immortalate per sempre nel tempo. O almeno, finché qualcun altro non arriverà a distruggerle.

Thrones of Britannia si fa portatore di una promettente innovazione strutturale

Questo nuovo capitolo include dieci diverse fazioni divise in modo uniforme in cinque culture. Due per inglesi, gallesi e gaelici, le restanti distribuite equamente tra le fazioni vichinghe: un paio per quelli di terra e un altro per i cosiddetti Re dei Mari. Il filone narrativo che attraversa ciascuna campagna influenza la direzione dei primi turni di gioco ma anche le regole specifiche di ciascuna fazione. I gallesi ad esempio sono eroici, senza ombra di dubbio, perciò aumentare il prestigio degli eroi e conquistare terre gallesi comporta dei benefici. I Re dei Mari raccolgono tributi dalle altre fazioni e, come ci si aspetterebbe dai vichinghi, prendono schiavi alla fine di ogni battaglia. Naturalmente qualsiasi regno è fortemente influenzato dal “sentimento popolare”, in questo caso trasposto nel gameplay come un metro di fervore nei confronti della guerra: in breve, la popolazione approva certamente alcune vittorie ma anni trascorsi a veder partire i propri compatrioti in battaglie dalle quali potrebbero non fare ritorno mina questo loro entusiasmo. I video introduttivi per ciascuna fazione, oltre a essere una gioia per gli occhi, gettano le fondamenta di quello che la storia ha in serbo per voi. Assumete il ruolo di re Alfredo per avere sotto il vostro comando feudi e vassalli ma imparate a convivere con la continua minaccia dei Re dei Mari e il persistente risentimento della Grande Armata Vichinga, costretta a fuggire dopo la sconfitta a Ethandum. Oppure prendete il controllo di questi razziatori e scatenatevi senza pietà in Britannia; o ancora, passate a gallesi, irlandesi e scozzesi per riunire queste terre fratturate sotto una bandiera comune.

Thrones of Britannia non fa eccezione rispetto agli altri capitoli Total War e può essere suddiviso in tre fasi, il cui andamento dipende naturalmente dal livello di difficoltà che avrete scelto: iniziale, intermedia e conclusiva. La prima è sempre quella più piacevole perché, in fondo, è quella dove si impara a conoscere il gioco. È caratterizzata da una continua sperimentazione, delle battaglie, delle fazioni, dei primi piccoli problemi che comportano la gestione di qualsiasi futuro regno. Ci si amplia lentamente e non solo in termini territoriali, si affinano le proprie strategie e si mettono insieme eserciti per affrontare quella che è la vera sfida del gioco: la fase intermedia. Qui è dove ogni Total War dà il meglio di sé poiché si concentra sul consolidare quanto ottenuto fino a quel momento. I territori e le ricchezze consentono di migliorare la propria armata e di superare alcune difficoltà gestionali, e in generale l’impero guadagna stabilità fino alle inevitabili guerre di confine. Quegli avversari che nella fase iniziale non erano poi tanto aggressivi si scatenano senza pietà, mettendo a nudo uno dei punti deboli della serie – ovvero la discutibile efficacia della diplomazia – e costringendo a continue battaglie che spesso richiederanno l’uso della simulazione per essere superate. Sopravvissuti a tutto questo vi aspetta la fase conclusiva, che a sua volta potrebbe essere vista come una debolezza nell’intera struttura di gioco: il superamento della fase precedente vi porta inevitabilmente a ottenere una potenza, militare e non, contro cui gli avversari possono poco, creando così un progressivo abbassamento del livello di sfida e un ovvio aumento degli aspetti da tenere d’occhio. Al di là di questo, Thrones of Britannia si fa portatore di una promettente innovazione strutturale.

Mettere insieme un esercito è stato significativamente modificato: anziché acquistare un’unità per averla poi a disposizione al massimo della sua forza, vi verrà messa a disposizione un’unità con solo il 25% della potenza complessiva che dovrà rinvigorirsi con il tempo grazie a soste prolungate negli insediamenti alleati oppure in insediamenti sotto il vostro controllo. L’assenza di un’immediata maestria nel combattimento non impedisce la formazione di unità elitarie sviluppando tecnologie militari ed è controbilanciata dalla possibilità di reclutare soldati in qualunque parte della regione, senza dover sottostare a zone specifiche. Con una riserva sufficiente di oro e risorse sarete in grado di armare un esercito composto da venti unità in un tempo relativamente breve, soprattutto una volta che avrete sbloccato gli alberi di ricerca più avanzati. A proposito di risorse, anche i meccanismi di conquista sono stati snelliti proprio in virtù dell’ambientazione: la presenza di insediamenti semplici, spesso privi di guarnigioni, ne permette la conquista semplicemente posizionandovi sopra le vostre forze, evitando così un ciclo infinito di battaglie ripetitive e statiche. Non sarà raro riuscire a soffocare una fazione rivale minando le sue risorse prima ancora di attaccarne l’ipotetica guarnigione. La limitata varietà nelle tipologie di truppe rende inoltre le battaglie piuttosto lineari, incentrate principalmente sull’utilizzo dello scudo come tattica del giorno: un muro di scudi può infatti proteggere da frecce e giavellotti, così come fermare una carica di cavalleria, avendo come unica significativa debolezza il fianco scoperto.

Thrones of Britannia sfoggia un’incredibile cura per i dettagli

Lo sviluppo della tecnologia si basa ora sulle vostre azioni e scelte, abbandonando la meccanica di mettere al lavoro le vostre menti più illustri per capire cosa sia un arco lungo o una catapulta. Se cercate lancieri migliori dovrete reclutare dieci unità per sbloccare il potenziamento successivo, se invece volete armi d’assedio dovrete fisicamente assediare cinque capitali provinciali. Per quanto riguarda l’aspetto civico, la costruzione di alcuni edifici dipende dal completo miglioramento di altri. Si tratta di un approccio funzionale anche con il nuovo sistema dei Nobili: queste figure vanno a sostituire gli onnipresenti Agenti dei capitoli precedenti, ereditandone alcuni aspetti. I Nobili, che altro non sono se non vostri vassalli, possono essere assegnati alla guida di un esercito o al governo di una provincia. Migliorando i loro attributi di Eroismo, Governo e Zelo migliora di riflesso la loro capacità gestionale, sia in ambito civico sia militare. Dovete solo assicurarvi della lealtà nei vostri confronti e che la loro influenza non superi la vostra ma ci sono diversi modi per tenere tutto sotto controllo: dal premiarli con appezzamenti di terra fino al più semplice omicidio. Ogni fazione ha le proprie peculiarità ma quello di cui si sente la mancanza in Thrones of Britannia è un maggiore sviluppo dell’aspetto diplomatico, che si è arricchito dei matrimoni combinati per rafforzare alleanze ma di fatto non permette l’annessione di stati vassalli senza passare per il conflitto.

Dopo la campagna di Total War: Warhammer II, Creative Assembly è dovuta tornare alla realtà: gli obiettivi primari sono ancora una volta il dominio e la conquista ma vi sono alcune differenze nel modo in cui si procede. Ci sono gli obiettivi Conquista e Regno in entrambe le forme, brevi e lunghe, per i quali dovrete governare un determinato numero di province oppure un tipo particolare. A questo poi si affianca la Fama, che punta meno sulla sete di sangue e più sulla benevolenza spingendovi a sviluppare le tecnologie o a conquistare senza l’eccessivo uso di forza bruta specifici edifici o insediamenti, così da incrementare, appunto, la vostra fama. Nonostante alcune evidenti semplificazioni, Thrones of Britannia soffre ancora un po’ di un’interfaccia labirintica e soprattutto dell’impossibilità di riconoscere (a meno che non abbiate un’eccellente memoria) chi sono i vari personaggi che all’inizio di ogni turno vi parlano attraverso dei pop-up, quale carica ricoprono e quanto siano eventualmente incrinati i rapporti che intercorrono fra voi: questo comporta giudizi sommari per la maggior parte delle situazioni.

Conclusioni

Se fino adesso la serie Total War si è concentrata più su un quadro storico generale fra Impero Romano, Giappone feudale, Età Napoleonica e molte altre situazioni, con Thrones of Britannia dimostra che ci sono altrettante possibilità affinché la saga esplori conflitti più piccoli e guerre civili che hanno comunque avuto un ruolo importante nella storia. Detto questo, il nuovo capitolo si è fatto forte delle novità introdotte dagli sviluppatori con gli spin-off su Warhammer ma ancora non riesce a svecchiarsi come sarebbe necessario: questo non rende il gioco meno meritevole, soprattutto grazie a un alleggerimento di alcuni aspetti che offrono un’esperienza più fluida – sebbene, forse, ancora un po’ proibitiva per chi vi si avvicina la prima volta – tuttavia è evidente come la creatività del team soffra di un certo blocco da superare, che rischia di frenarlo ad abitudini consolidate ma sempre più vecchie con il passare del tempo.

Serve un capitolo di rottura, un titolo che a livello d’impatto possa essere un Warhammer 2.0 e dare alla serie quello slancio in avanti per migliorarsi ancora di più. Perché l’amore di Creative Assembly per la storia si percepisce nel clangore degli zoccoli, nei canti di guerra rauchi che fendono i campi di battaglia, persino nelle trame di potere e nella diplomazia che sono ancora il punto più debole dell’intera produzione Total War. La speranza è che trovino la leva in grado di sollevare il mondo – e rinnovarlo.

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