05 Ott 2017

Total War: Warhammer II – Recensione

In un’epoca più analogica, dove, molto più di oggi, eravamo soliti divertirci lontano da schermi, pad, tastiere e mouse, vi era  una piccola ma fedele schiera di nerd che affiancava alle serate a base di dadi multifacce, schede, matite e fantasia tipica dei GDR, delle  battaglie epocali, fatte di  scontri emozionanti, altamente tattici ed estenuanti, combattuti su ampi tavoli dove si muovevano enormi armate di decine e decine di deliziose miniature Citadel ben colorate. Ambienti pieni di vivi dettagli, che forgiavano saghe di razze ed eroi, epiche, complesse e lunghe, grazie alla continua attenzione di Games Workshop per il suo lore, sempre seguito e ampliato da  ricchi volumi.

I tempi, però, cambiano: se da un lato gli appassionati mantengono vivi i campi di battaglia fisici sui propri tavoli, nonostante una fisiologica stanchezza e la difficoltà nell’attirare nuovi adepti, il boom dell’industria videoludica, che oramai invade anche i nostri smartphone, non è sfuggito alla casa inglese, che sta sfruttando, ma con oculatezza, le sue proprietà intellettuali.

Non sono di oggi, e nemmeno di ieri, i giochi su licenza GW del meraviglioso e variegato mondo di Warhammer, in qualsiasi sua declinazione. Sopratutto negli ultimi anni si è visto un fiorire di giochi per varie piattaforme e dei più svariati generi, da shooter (Warhammer 40.000: Space Marine) a rivisitazioni di boardgame, passando per un MMO poco fortunato e, infine, strategici veri e propri, che è poi il genere in cui sembra dare il meglio di sé. Nel 2006 fu il turno di Warhammer: Mark of Chaos di Black Hole Entertainment, gioco che porta con sé pareri controversi, dovuti probabilmente al fatto di non rispecchiare a fondo nel gameplay e  nel setting il complesso mondo di Warhammer Fantasy.

Il vero salto di qualità si è avuto dieci anni dopo: Total War Warhammer ha rappresentato una fusione praticamente perfetta. Da un lato GW trova la solidità del team Creative Assembly, e una serie ben assestata che si adatta perfettamente al brand e, non meno importante, di grosso successo. Dall’altro, il team di sviluppo si è trovato davanti una nuova e appagante sfida, quella  di realizzare un titolo lontano anni luce dal realismo che ha caratterizzato finora la sua celebre saga.

Si rende necessario, per i pochi che non abbiano ben chiare le meccaniche della serie Total War, una rapida panoramica sul tipo di gameplay che la serie Creative Assembly offre, prima di analizzare il presente capitolo. Total War è un complesso gioco di strategia a due livelli: il primo è la campagna, simile a quella di un Civilization o di un Europa Universalis. Troviamo un’ampia mappa visibile e percorribile a volo d’aquila con insediamenti, conformazioni e proprietà del terreno, risorse, e le nostre truppe, schierate sui vasti territori, che possiamo ovviamente muovere sul grande scacchiere del mondo, rappresentate dal nostro Eroe o Lord. Questo primo livello è a turni, non in tempo reale, e permette di gestire insediamenti, diplomazia, commercio e così via. Una volta incrociate le armi con un esercito nemico, o con la guarnigione di un insediamento da assediare, si hanno  due possibilità: lasciare all’elaboratore la risoluzione automatica dello scontro, oppure scendere al secondo livello del gioco, che è poi la sua anima principale, il campo di battaglia.

Gli scontri si svolgono in tempo reale, e le numerose unità, formate a loro volta da decine e decine di soldati, sono totalmente controllate dal giocatore, grazie ad una buona e diffusa microgestione, e caratterizzate da un livello di dettaglio e realismo paurosi, visto che in manciate di secondi vanno considerati un numero elevato di fattori, dalla stanchezza dei soldati alla posizione, passando per il morale, i propri poteri, il terreno, la visibilità, la gestione del Lord e i suoi poteri, e via dicendo. Il primo capitolo di Total War Warhammer era incentrato sull’Impero, una buona scelta per introdurre chi fosse totalmente a digiuno del mondo di Warhammer Fantasy alle peculiarità di questa ambientazione. Trovavamo un giovane imperatore Karl Franz impegnato a mantenere ed espandere i suoi territori, invasi da altri regni, ma anche faide e tradimenti da parte delle Orde del Caos a nord e dai potenti e oscuri Conti Vampiro. L’attuale titolo introduce quattro nuove razze: Alti Elfi, Elfi Oscuri, Uomini Lucertola e Skaven, divisi in otto fazioni, due per razza. Muta ovviamente anche la zona del mondo dove le armate muovono gli eventi: abbandonando il duro vecchio Mondo, l’azione si sposta all’isola di Ulthuan, patria degli Alti Elfi, e parte del continente ad occidente dove campeggia la grande penisola di Lustria, terra degli uomini lucertola, e più a sud gli Skaven. Casus belli, il possesso e la protezione del controllo del Vortice e l’escalation di eventi causati dall’apparizione di una strana cometa biforcuta nei cieli.

La fusione tra Total War e Warhammer è praticamente perfetta

Per quanto riguarda gli Alti Elfi, Ii Re Fenice Tyrion sarà probabilmente la scelta iniziale di molti, il più abbordabile del lotto in termini di gestione delle truppe e degli affari. Ben dotato nella politica,  possiede “Influenza” con la quale non solo è possibile reclutare Lord Eroi e Nobili, ma anche sfruttare intrighi di corte, e soprattutto, forzare amicizie fra fazioni che non possono essere oliate dal solo denaro. Le sue truppe non sono forse fra le più potenti, ma del resto, la forza bruta non è il suo forte. I draghi sono le sue unità d’elite, bellissimi e gloriosi da vedere all’opera. Ci sono poi i cugini oscuri e malvagi degli Alti Elfi, gli Elfi Oscuri, con Malekith, nemesi e antagonista del Re Fenice, opposti per estetica e gestione. Traggono forza e bonus quando le loro truppe sono decimate e in svantaggio, la loro abilità diplomatica non è eccellente (anche se vi è di peggio) e fondano la loro società sulla risorsa della schiavitù.

Gli Skaven, simili a grossi topi antropomorfi un po’ steampunk, sono i signori di immense gallerie, resi in gioco attraverso la peculiarità di non avere insediamenti visibili dagli avversari, che noteranno solo rovine, visto che le loro città sono edificate in livelli sotterranei; potremo anche scegliere la profondità a cui edificare il livello, che comporterà però un costo in cibo maggiore. La risorsa principale Skaven è infatti il cibo, e la loro peculiarità, similmente ai Conti Vampiro, è quella di destabilizzare e portare scompiglio nei cuori delle altre fazioni delle province vicine.
Infine i difensori del mondo, i dominatori di Lustria, meglio  conosciuti come Uomini Lucertola; la fazione più esotica presente, con la sua estetica Maya-Azteca, i suoi insediamenti sperduti nelle giungle, e i loro massicci eserciti formati anche da dinosauri, alcuni dei quali enormi, facilmente preda di rabbia feroce che li rende incontrollabili.

Ci troviamo di fronte quindi ad uno scenario del tutto diverso dal precedente, dominato dall’esotismo delle giungle lustriane e dall’enorme isola stile atlantideo degli Alti Elfi. La presenza umana è relegata a fazioni non giocabili, come i Pirati di Sartosa o qualche regno del vecchio mondo che si estende ai margini della mappa; soluzione perfetta dopo il precedente titolo che le vedeva centrali

Rituali, rituali ovunque.

Le novità non si fermano però alle nuove razze giocabili, ma ci sono anche cambiamenti di rilievo sul gameplay di Total War: Warhammer II. Se nel primo TWW l’approccio generale era teso al classico stile espansionista, coadiuvato (per alcune fazioni) da fine diplomazia, ma tutto sommato lineare nel suo svolgimento, per questo secondo capitolo Creative Assembly ha deciso di offrire una sfida differente, il cui minimo comun denominatore è rappresentato dai Rituali. Il vortice di magia che originato dall’isola al centro delll’Ulthuan è obiettivo di tutte le fazioni, con intenti chiaramente diversi. Ogni fazione proverà a lanciare e completare una serie di rituali, che richiederanno una certa somma di turni per essere completati.

Questi rituali fanno capo a potenti maghi e stregoni che si trovano in alcuni insediamenti specifici di nostra proprietà, e una volta lanciato il rituale, una serie di collegamenti energetici saranno visibili sulla mappa della campagna, facenti capo al vortice. La componente dei rituali genera stimolanti implicazioni sul gameplay, come la necessità di dover difendere i propri punti strategici dagli assalti; ad esempio,il Re Fenice di Ulthuan fermerà estenuanti assedi ai suoi insediamenti chiave del rituale (uno dei quali è sempre la potente capitale Lothern) da parte delle Legioni del Caos, impegnate a radere al suolo le città coinvolte. Risulta imperativo evidente rafforzare questi insediamenti chiave, e dispiegare strategicamente le forze sul territorio, visto che i nemici colpiranno sempre quelli meno difesi. Parallelamente alla difesa del proprio rito vi è la possibilità di interferire con quelli delle fazioni avversarie.

I Rituali influenzano in maniera stimolante il gameplay

Possiamo mettere mano alla tesoreria e pagare una spedizione mercenaria dal costo variabile (e conseguente efficienza, novità che speriamo sia ampliata in futuro), che si occuperà di attaccare gli insediamenti avversari impegnati a loro volta nel rito. Ma per i più impavidi c’è una seconda possibilità, quella di mettere su una potente armata e mettersi in viaggio da Ulthien a Lustria, alla volta dei potenti Uomini Lucertola, attraversando l’Oceano: insomma, non una spedizione priva di pericoli.

Ci troviamo quindi a non avere un vantaggio necessariamente efficace nella conquista o assorbimento in confederazione di altre fazioni, e nella guerra totale ad accrescimento, ovviamente a seconda dello stile di gioco e della fazione, può comunque risultare utile. La corsa contro il tempo dei rituali che durano una manciata di turni, però, è spietata, e la necessità di difendere i propri punti nevralgici, e contemporaneamente attaccare fazioni, anche molto lontane, rende la gestione di ampi territori poco vantaggiosa. Come detto, il mondo è vasto, e distruggere completamente una potente fazione avversaria impegnata nel rituale è praticamente impossibile. La soluzione più praticabile rimane quella di avviare rapide e violente incursioni, per radere al suolo un insediamento avversario in procinto di concludere un rituale, e poi richiamare l’armata in fretta e furia. Anche perché, benché sia possibile occupare province e insediamenti in territori molto distanti, alcune terre sono classificate come “ostili” alle varie razze, dunque se, ad esempio, il Re Fenice vuole occupare Albione, ne trarrà meno benefici, avrà maggiori costi di gestione delle città e le sue truppe subiranno perdite nel muoversi in quelle terre, il tutto a detrimenti e distrazione delle sue risorse. Ciò rende l’approccio di “guerra totale” meno vantaggioso, il tutto a beneficio di uno stile della campagna diverso, fresco e molto stimolante.

Uno dei complessi alberi dei poteri e abilità dei Lord

Se il gioco risulta in linea, nelle sue meccaniche base, con il predecessore, l’anima gestionale, merito di alcuni piccoli accorgimenti (non solo estetici ma anche pratici), appare lievemente rivista, in particolare in certi dettagli come la scomparsa dei noiosi riquadri a schermo, o la gestione della velocità dei turni (che viene ora compressa in una barra, elegante e sottile), che permette di attivare o mettere in pausa la visualizzazione fuori turno delle altre fazioni. Più semplici e localizzati i richiami ad eventi lasciati incompiuti prima della fine del turno (non più un improvviso riquadro nel centro dello schermo), mentre alla fine del turno il classico pulsante a clessidra si trasformerà in icone contestuali, che rappresentano le azioni ancora da eseguire, come ad esempio costruzione, assegnazione abilità a Lord ed Eroi, e con un click ci focalizzeremo sull’evento richiamato. Viene quindi scongiurato il classico errore da cambio turno frettoloso in maniera elegante. Altra piacevole miglioria è sulla mappa campagna, ora più fluida nello zoom totale dal territorio alla mappa piana geopolitica 2D. Permangono alcuni lati negativi, come una diplomazia sempre pronta ad inspiegabili voltafaccia, e strani, stando alle statistiche, rifiuti di collaborazione, e forse, anche il non aver osato fare qualcosa di più eccitante di una risoluzione automatica nel caso delle battaglie navali, che sono però generalmente poco sviluppate.

Total War: Warhammer II segue la scia del predecessore

Graficamente, il gioco presenta una palette adeguata alle atmosfere del materiale originale, sfumando su colori in linea con le nuove zone geografiche, passando dal cromatismo marrone-grigio del precedente titolo ad un verde cupo o ad un bianco brillante, in base all’area in cui ci si trova (dalle giungle lussureggianti di Lustria  ai marmorei e montagnosi territori di Ulthuan). In generale il motore grafico risulta potenziato, i territori sono ricchi di dettagli e i modelli semplicemente spettacolari, pur mantenendo la propria peculiare scalabilità. Potremo dunque godere del gioco anche su un PC di medio livello, con le opportune riduzioni di dettaglio da impostare con grande flessibilità.

Lo abbiamo testato su una configurazione dotata di GTX 970 e CPU Intel i5, dove gira a dettaglio Alto senza tentennamenti, al massimo qualche calo di framerate quando si prova a zoomare per ammirare i fregi della fanteria elfica, o nelle selvagge battaglie dense di truppe. Permangono purtroppo i lunghi caricamenti, sopratutto pre-battaglia, dunque la dotazione di un SSD non può che essere consigliatissima. Infine un commento sul multiplayer, mai stato uno dei punti forti della serie, che mantiene una vocazione fortemente single player (e per fortuna, se ce lo concedete, vista la deriva pressoché totale verso l’online a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi, ndr). Ciononostante è stata aggiunta una nuova e più frenetica opzione tutti contro tutti, per un massimo di quattro giocatori, che, diversamente dalla classica modalità più ragionata, può offrire un diversivo per chi dopo ore e ore, e centinaia di turni di campagna estenuante, desidera solo frantumare gli eserciti di tre amici.

Conclusioni

La serie Total War è qualcosa di assimilabile ad un’epica opera monumentale: in quasi venti anni di storia, ogni episodio ha assunto la forma di monolite, vere pietre miliari imprescindibili per un amante del genere. E ancora oggi si propone con la stessa, antica fierezza. Pochi nel suo genere riescono a mantenere livelli qualitativi e di fan base così ampi: un po’ perché i Total War fanno genere a sé, ma probabilmente anche per la cura dei dettagli e la voglia di innovare che caratterizza da sempre le opere di Creative Assembly.

E appare infatti evidente ad ogni iterazione che il team inglese non si accontenta di fare il compitino, il minimo per soddisfare il vasto bacino di utenti fedeli, che comprerebbero ogni nuovo capitolo ad occhi chiusi, ma cerca di far sempre qualcosa di diverso, senza però tradire l’essenza del titolo. L’impresa, come in questo caso, sta anche nel soddisfare sia i giocatori duri e puri, che ameranno giocare senza aiuti e in modalità realistica, che i neofiti, specialmente gli amanti del mondo di Warhammer Fantasy poco pratici di videogiochi, che troveranno comunque un ambiente intuitivo pieno e zeppo di cose da fare, ma mai esageratamente complicato o confusionario, stracolmo peraltro di suggerimenti e spiegazioni a portata di click.

Di sicuro, Total War: Warhammer II rappresenta un nuovo, sontuoso capitolo di una saga ancora sull’Olimpo dell’industry, nonostante il genere, al giorno d’oggi, non sia fra i più popolari. L’acquisto per gli appassionati del genere è praticamente obbligatorio.

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