La next-gen di Sony e Microsoft è in arrivo, e Wii U è sul mercato da ormai un anno. Wii, d’altro canto, è ufficialmente fuori produzione. E’ la fine di un’era, in cui abbiamo visto il nostro medium mutare ad una velocità straordinaria. Tutto questo grazie ad una console che, nonostante gli sguardi torvi, è riuscita a piazzare 100 milioni di unità nel mondo, diventando di fatto la console più venduta della generazione. Una console che nonostante il suo successo ha percorso una strada irta di critiche e contraddizioni, ma che al tempo stesso è stata artefice di una delle più grandi rivoluzioni che il mondo dei videogiochi abbia mai visto.
Hiroshi Yamauchi, lo storico presidentissimo di Nintendo, aveva passato da ben 3 anni le redini della compagnia al giovane presidente di HAL Laboratory, Satoru Iwata, che all’E3 2005 svelò la sua visione per la nuova home console Nintendo, annunciandola a tutti con il nome in codice di “Revolution”. Nessuno sembrava comprendere le parole di Iwata, così distanti da quelle pronunciate da Sony e Microsoft, tuffatesi ormai a capofitto nel’alta definizione. Eppure, il nome sottolineava con forza quella che sarebbe stata una vera e propria rivoluzione, sia per il mondo dei videogiochi tutto che per Nintendo stessa, da fin troppo tempo alle spalle al muro a causa dei fallimenti di Gamecube e Nintendo 64, letteralmente schiacciate dalla concorrenza (nonostante il sempre ottimo parco titoli Nintendo). E così, durante il Tokyo Game Show dello stesso anno, Satoru Iwata presentò il Wiimote, un controller stravagante, più vicino ad un telecomando che ad una periferica tradizionale. Un oggetto familiare e dalla semplice conformazione.
L’obiettivo di Nintendo era chiaro: estendere il mercato verso coloro che mai in vita loro avrebbero impugnato un pad. Non solo, ma istruire queste “nuove leve” verso l’intrattenimento digitale, alla sua comprensione e al conseguente apprezzamento.
[hr]
[hr]
Lo chiamavano “casual” gaming
Tramite il Wiimote ed i suoi prodigi scaturiti dai sensori di movimento, Nintendo attirò a sé nonni, genitori e bambini, estasiati da questo nuovo modo di sperimentare l’intrattenimento digitale. Nacque un nuovo, vasto mercato: quello che oggi amiamo definire “casual”. Non che nella parola in sè ci sia qualcosa di sbagliato, ma è interessante notare come questa rivoluzione abbia cambiato le carte in tavola verso quel modo di concepire l’ “hardcore gaming” negli anni che furono.
Io stesso, nonostante mi dilettassi con Gameboy, Playstation e Xbox (giocando anche dei grandissimi capolavori), avevo un rapporto con i videogiochi occasionale e discontinuo, diametralmente opposto a quello che ho oggi, che mi ha portato a scrivere su questo sito e che giorno dopo giorno mi porta verso questo fantastico medium, e alle esperienze che può regalare. Io ero un casual gamer, perché un tempo i veri hardcore erano quelli che cercavano il punteggio perfetto, la combo perfetta e che, principalmente, giocavano su PC. Avete presente Counter Strike? Ecco.
Ora, con fare a tratti dispregiativo, si tende a ghettizzare in questa categoria una fascia di utenza che ama i giochi di semplice fruizione (ma non per questo meno stimolanti), dal Just Dance più festaiolo al più pacioso Wii Sports. Questa rivoluzione ha sconvolto il nostro mondo, dando alla console Nintendo lo strapotere assoluto in questa generazione. Del resto, Wii ha macinato numeri che la stessa casa di Kyoto faticava a soddisfare. Uscirono Wii Fit, Wii Sports, Mario Kart, che divennero ben presto i fautori di quei 100 milioni di installato in tutto il mondo. Nonostante tutto, qualcosa iniziò a venire meno nella visione della compagnia: l’incrontrollabile successo di Wii fu la causa stessa del suo declino lento ma inesorabile, che mise Nintendo in una difficile posizione e che si ripercuote sullo sfortunato Wii U.
Nonostante i 70.000.000 di Wii Sports, Nintendo non riuscì a traghettare l’utenza sopracitata verso opere di maggiore complessità, che potessero in qualche modo portarli ad amare questo mondo ben oltre i titoli sportivi o di fitness. Mario Kart Wii fu solo un abbaglio in tal senso, perché è insito nella sua natura essere “appetibile a tutti”, a differenza dei titoli che Nintendo stessa pubblicò in quegli anni. Arrivò Super Mario Galaxy, da molti definito come il migliore platform 3D della storia, ma che al botteghino non seppe rivaleggiare con i precedenti titoli, rimanendo un’esperienza di nicchia e strettamente legata al videogiocatore classico. Nel 2009 arrivò New Super Mario Bros. Wii, che riuscì a piazzare ben 26 milioni di copie in tutto il mondo, più lineare e semplice del fratello maggiore. La prova tangibile che la rivoluzione di Nintendo era riuscita solo in parte, e che il suo nobile quanto utopistico desiderio era destinato a rimanere tale.
Nintendo era braccata tra le necessità del suo nuovo pubblico e i desideri dei suoi talentuosi sviluppatori, da sempre impegnati nella “creazione di qualcosa di unico”, quella filosofia che fin dai tempi di Yamauchi accompagna l’azienda. Wii era diventata croce e delizia di Nintendo, l’incarnazione delle sue virtù e dei suoi limiti. A supporto di questa dura affermazione sarebbe irragionevole non citare la scarsa propensione della compagnia verso un’ infrastruttura online al passo coi tempi, che non poteva minimamente competere con quanto visto sulla concorrenza, davvero avanti anni luce rispetto al mediocre Wii Ware, fatto di limitazioni senza senso e di una metodologia d’approvazione troppo distante dalle esigenze dei veri indie. Per fortuna, Wii U ha dimostrato che Nintendo può fare bene anche su questo fronte (nonostante sia ancora conservatrice con i suoi titoli in tal senso), proponendo una delle policy più apprezzate dagli indie nell’ultimo periodo ed un ecosistema online finalmente ragionevole, come testimonia lo stesso Miiverse.
[hr]
ARVE Error: id and provider shortcodes attributes are mandatory for old shortcodes. It is recommended to switch to new shortcodes that need only url
[hr]
Gioca con me
E se in questo conciso preambolo abbiamo dato uno sguardo, a mente fredda, sull’intero ciclo di Wii in quanto console ed esperimento, è doveroso lasciarsi andare ad uno spassionato sproloquio su ciò che rende solide le fondamenta di una console: i giochi. La distanza tra Nintendo e le terze parti, dettata da un visione d’insieme del mondo videoludico differente alla base, ha creato qualche grattacapo anche al super venduto Wii. Nonostante abbia infatti registrato incassi da record grazie al mercato “casual”, la console Nintendo era mal vista proprio per la mancanza delle esperienze viste sulla concorrenza, che portavano i più a liquidare Wii come (al massimo) una console d’appoggio, che mai poteva rivaleggiare con la stratosferica softeca che si preannunciava in quegli anni per Xbox 360 e Playstation 3. Ma Nintendo, ancora una volta, ha deciso di seguire la sua strada, fatta di rinunce ma anche di qualche sorpresa.
Abbiamo visto Super Mario Galaxy, che è riuscito come solo Nintendo può, a dare una svolta al genere platform, con un’inaspettata verticalità e con un level design fresco e innovativo. Abbiamo Donkey Kong Country Returns, che ha riportato in auge il “Kong giapponese” in un platform 2D come non se ne vedevano da anni, a dimostrazione che la casa di Kyoto riesce a giostrarsi tra passato e presente, regalando alle proprie console un appeal che per i giocatori onnivori di divertimento (e di bei giochi) equivale alla più allettante delle killer application. E poi c’è The Legend of Zelda: Skyward Sword, capace di incanalare su di sé un plateale sequela di polemiche, ma anche tonnellate di amore da chi quel sistema di controllo è riuscito ad apprezzarlo e a capire, ancora una volta, che le possibilità del motion control andavano ben oltre lo sventolamento compulsivo alla ricerca dell’homerun perfetto a Wii Sports. La bianca console mi ha regalato tante ore di grande divertimento Nintendo, e inaspettatamente anche qualche perla finemente intagliata da qualcuno che con Miyamoto e soci ha ben poco da spartire. Sebbene le terze parti abbiano bellamente snobbato Wii, è bene ricordare come le stesse siano riuscite a guadagnare cifre da capogiro proprio sulla console su cui nessuno voleva metter mano. Diciamo pure che, economicamente parlando, Wii ha fatto bene un po’ a tutti, dalla Ubisoft di Just Dance alla Disney di… be’, avete capito dai, quei titoli che forse avete incrociato nei cestoni, magari con qualche strana diavoleria annessa. Al di là di questa mera precisazione, siamo riusciti a vedere qualche interessante esperimento “next-gen” proprio dalla stessa Ubisoft, che ha avuto il grande coraggio di fare qualche investimento (e continua a farli, nonostante sia spesso criticata).
Cito senza remore Red Steel 2, seguito di un titolo fin troppo sperimentale e problematico per essere ricordato in positivo, che proponeva su Wii uno sparatutto in prima persona artisticamente appariscente e con un sistema di controllo che univa sparatorie a scontri all’arma bianca, sfruttando il Motion Plus per movimenti più accurati. Un’esperienza videoludica divertente e interessante, ma soprattutto impossibile da replicare sulla concorrenza. Forse quello che mancava dietro la “filosofia Wii”: creare qualcosa che era impossibile realizzare altrove. Con i se e con i ma non si fa la storia, per cui è meglio andare avanti. Come non citare, a mo’ di saluto d’autore, Xenoblade Chronicles, che senza timore mi sento di definire come IL j-rpg di questa generazione, capace di guardare fiero e impavido anche il più osannato dei Final Fantasy (ma non al botteghino…). Insomma, Wii è stato costellato da titoli più o meno riusciti, ma anche da grandi capolavori che potrebbero restare inesplorati nel mare del mercato odierno. Citarli tutti sarebbe estremo, ma dal Metroid: Other M di Sakamoto allo sperimentale e coraggioso Epic Mickey di Warren Spector, passando per il The Last Story di Hironobu Sakaguchi al Dead Space Extraction di Visceral Games, Wii è riuscita a regalare ore di divertimento anche ai giocatori più smaliziati. E se la console avesse avuto l’alta definizione? Be’, probabilmente racconteremo una storia diversa, ma ridurla in questi termini è un po’ troppo semplicistico.
[hr]
[hr]
Game over?
Il percorso è ormai terminato, lasciando ad ognuno di noi il compito di trarre le conclusioni di questo lungo e stravagante viaggio. Perché non lo si può definire che tale, un viaggio che ha visto Nintendo, insieme ai giocatori che hanno deciso di “accompagnarla”, imbarcarsi in qualcosa di mai visto prima e di inesplorato. Un percorso difficile e pieni di errori, ma che non ha mancato di sorprendere in alcuni frangenti, tanto i giocatori quanto la concorrenza, spiazzata di fronte al mostro che la casa di Kyoto aveva creato. Ma cosa resta? Resta il motion control, il mercato casual e i giochi, sia belli che brutti, ma soprattutto la volontà di Nintendo di dimostrare a tutti che nel “creare qualcosa di unico” resta ancora la migliore.
E ora? Ora bisogna fare i conti con il passato, come dimostra l’incerta situazione di Wii U, affossato dal fratello minore che continua ad offuscare la sua luce. In questo senso, è incredibile constatare come Nintendo sia nemica di se stessa. Chissà che questo circolo vizioso non possa essere infranto, prima o poi.
[hr]
Commenti