Track Lab – Recensione

La realtà virtuale ci permette di essere davvero di tutto: chirurghi, soldati, killer di alieni. Poteva forse mancare la professione del XXI secolo per antonomasia, il DJ? Chiunque ha un cugino o un amico DJ, è inutile negarlo, e tranquilli, nessuno è qui per giudicarvi.

Men che meno Little Chicken Game Company, team olandese che ha realizzato in esclusiva per PSVR Track Lab, un vero e proprio studio virtuale e in miniatura per provetti disc jockey e compositori, un ambiente digitale e intangibile (se non tramite PlayStation Move, l’unico sistema di controllo compatibile) in cui sbizzarrirsi e creare beats, mix e melodie da sogno con, sulla carta, semplicità.

“Sulla carta” perché, all’atto pratico, c’è davvero della macchinosità di troppo a separarci dai nostri sogni di gloria e dai palazzetti pieni, e una volta finito l’effetto sorpresa, l’impossibilità di farci effettivamente qualcosa di utile con quelle creazioni, se non usarle come punto di partenza da portare poi altrove e su tool più professionali, rende Track Lab un divertissement fine a se stesso, e nemmeno così esageratamente divertente.

Track Lab ci prova a spiegare la sua particolare concezione di composizione “gamificata” con una delle due (sole) modalità presenti, Evolver, a metà tra un tutorial e una modalità “campagna”, in senso lato. Vengono proposte 4 tipologie di canzone (Rilassante, Vivace, Esotica, Epica), 3 per ciascuna (divise a loro volta in altrettanti livelli di difficoltà), e al suo interno ognuna di esse include 8 diversi “puzzle”, che corrispondono a singoli strumenti, i quali vanno poi a comporre un intero pattern.

“Puzzle”, perché di fatto l’obiettivo è quello di far arrivare l’impulso sonoro e la sua scia in un punto prestabilito, andando al contempo a creare beat, melodie e arrangiamenti sfruttando tutti gli elementi presenti su una “scacchiera”, il peculiare pentagramma di Track Lab, tra note, suoni e “ottiche”, come le chiama il gioco (localizzato in italiano), ovvero frecce che cambiano la direzione dell’impulso, cubi che lo interrompono o lo fanno rimbalzare, deviazioni e sustain che ne allungano la scia.

La concezione compositiva alla base di Track Lab flirta con la gamification

Sembra quasi di giocare ad un platform, o ad una versione musicale di Super Mario Maker, e per quanto interessante, tra l’estrema semplicità di risoluzione, la brevità e l’inevitabile ripetitività del tutto, ve ne sbarazzerete nel giro di qualche minuto, sfruttandola giusto per apprendere i primi rudimenti.

Permette infatti, oltre di capire in che modo funziona la creazione in Track Lab, di smanettare con effetti e frequenze, anche in questo caso sempre in maniera estremamente semplificata e giocosa, ad esempio con un anello posto al centro della nostra console virtuale che regola il volume e sposta l’attenzione sulle prime due, o sulle ultime due tracce (che potremo disporre a nostro piacimento e regolarne il singolo volume in maniera molto intuitiva, tra cubetti da piazzare e leve). Ci saranno poi dei pannelli con cui modificare l’onda sonora del nostro pattern, aggiungendo riverbero, flanger ed effetti suddivisi in semplici icone.

Il problema è che il gioco non fa di nulla per spiegarci a cosa servano realmente o come sfruttarli sapientemente, spronandoci sì a sperimentare, ma lasciando gli utenti privi di qualsiasi infarinatura completamente a se stessi. C’è da dire però che sono al contempo semplici da regolare e cambiare, da permettere comunque di divertirsi minimo anche ai non esperti.

L’approccio empirico e a tentativi prende il sopravvento nell’altra anima di Track Lab, Creazione, dove si va applicare in totale libertà quanto imparato in Evolver, sfruttando tutti gli strumenti che il gioco ci mette a disposizione. Qui avremo la “scacchiera” completamente sgombra, e la possibilità di salvare ogni singolo lick ideato (catalogandolo in modo da poterlo recuperare in un secondo momento), così da poterlo testare e mixare, senza però poter creare una vera e propria canzone, potendo al massimo regolare la “coda” singoli riff e pattern da suonare in sequenza, dovendo di fatto improvvisare e “jammare” di volta in volta.

Potremo anche attingere dalle tracce esempio create dal team, e da quelle realizzate nella modalità Evolver, modificandole a nostro piacimento, o crearne ex-novo grazie ai suoni e campionamenti presenti, che spaziano dalla dubstep al jazz, dal metal alla trap passando per la chiptune, tra batterie, chitarre, bassi e tastiere tutte da mescolare, alla faccia delle etichette.

La qualità e la quantità dei campionamenti non è stellare

I problemi però in questo caso sono molteplici: in primis, la qualità e la quantità dei campionamenti non è stellare, e per quanto modificabili, sono davvero poco credibili o per nulla avvolgenti. La concezione compositiva poi, tra ottiche e note da posizionare come in un platform, a meno che non si abbia una melodia specifica già in mente, difficilmente farà cavare un ragno dal buco a chi non ha una minima esperienza e conoscenza musicale, e anche i DJ navigati percepiranno un po’ di macchinosità.

Ed è un peccato, perché la splendida interfaccia, complice lo sfondo cyberpunk altamente immersivo, la natura VR only e l’obbligo di PlayStation Move, è in realtà molto intuitiva, e permette di scegliere e posizionare i campionamenti in maniera divertente. È proprio la concezione melodica e ritmica che è difficile da trasferire sulla scacchiera di Track Lab: è una buona idea, ma purtroppo mal implementata.

È però l’impossibilità di farci alcunché con queste tracce il vero problema principale dell’esperimento targato Little Chicken Game Company: non si possono esportare, non si possono condividere, non si possono assemblare. A meno che non lo usiate per divertirvi con gli amici, o come semplice “doodle” per poi andare a comporre per davvero con attrezzatura più professionale, Track Lab davvero è inutile ai fini compositivi.

Conclusioni

Track Lab lascia davvero l’amaro in bocca: l’idea di fondo è buona, con le sue due anime, quella ludica e quella compositiva, che si intrecciano, e la natura VR che rende la navigazione tra suoni e campionamenti molto intuitiva.

Il problema però sta nella composizione stessa, con una struttura troppo macchinosa che impedisce di sperimentare in totale libertà, qualità e quantità di suoni e campionamenti non proprio esaltante, e l’impossibilità di sfruttare in alcun modo le proprie creazioni, che restano lì, nella memoria della console, e non possono di certo essere utilizzate per far ballare o scapocciare mezzo mondo.

E allora a che serve? Se siete dei musicisti potreste usarlo come riscaldamento prima di entrare in studio a lavorare con attrezzatura vera e propria. Se siete dei neofiti, potrete illudervi per qualche istante di essere dei veri DJ, senza però imparare alcunché, data la completa assenza di teoria o spiegazioni su questo o quell’effetto. Ma vale davvero la pena spendere 20 € di gioco e oltre 200 € di visore per questo?

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