Tunic – Anteprima E3 2018

Los Angeles – Ci sono avventure dove impersoniamo un eroe senza tempo, perché incarna l’essenza stessa dell’essere un eroe e lo passa di generazione in generazione: spada alla mano e il coraggio nel cuore, si erge contro il male e noi assieme a lui – ci rispecchiamo nelle sue gesta, la sua forza e la sua voce (o il suo silenzio, se avete capito a chi mi sto riferendo) diventano nostri. Cosa succede però quando alle fattezze umane si lascia il posto a un manto fulvo, orecchie a punta e coda? Si viene forse a creare una sorta di estraneità con l’avventura, non riusciamo a identificarci nel protagonista perché non è come noi? Vi assicuro che quando inizierete a giocare a Tunic, non succederà nulla di tutto questo: l’indie sviluppato da Andrew Shouldice, introdotto sulle scena videoludica nel 2015 con il nome di Secret Legend, è proprio quel prodotto che sottolinea come la grafica non sia tutto e un gioco sia apprezzabile lo stesso se ha una solida struttura di fondo. Intendiamoci, non che il comparto artistico di Tunic sia criticabile perché siamo di fronte a una piccola perla, un libro per bambini sotto forma interattiva che ci riporta ai tempi in cui tutti sognavamo di essere – appunto – eroi; indipendentemente dall’aspetto.

Una modernizzazione dei vecchi The Legend of Zelda per SNES, Tunic si mostra come un gioco pulito, nitido e incredibilmente preciso. Una visuale isometrica, una piccola volpe da controllare e una terra vasta tutta da scoprire sono gli ingredienti principali di questa avventura, lungo la quale ci aspettano nemici e bauli ricchi di equipaggiamenti essenziali per proseguire lungo percorsi altrimenti inaccessibili. Metroidvania? Ce l’abbiamo. Sferrare fendenti con la nostra fidata spada? Pure. E cosa ne dite di pozioni, armi aggiuntive e monete da gettare in pozzi profondi per trasformarli in pratici negozi a nostra disposizione? Presenti. Il risultato è qualcosa di semplicemente adorabile, un gioco che brilla anche grazie a un’estetica che fonde Monument Valley e Bastion a una animazione – non mi stancherò mai di ripeterlo – perfetta.

Ovviamente il confronto più immediato è con The Legend of Zelda, non solo per la tunica verde, ma per il modo in cui il mondo sembra funzionare – come combatti e come ogni interazione sembra essere stata progettata con cura e spesso con piacere. Se la storia reggerà non ne ho idea, perché di fatto non si sa nulla dell’avventura, ma uno dei punti forti di questa produzione è a mio avviso l’illuminazione: all’inizio del trailer tutto è sembrato piuttosto normale, una fonte di luce per dare forma e aggiungere quel senso di 3D, oltre ad aiutarci a leggere l’ambiente. Una luce diurna normale, che illumina alcuni punti e proietta ombre. Eppure dopo circa 25 secondi si nota il primo sbalorditivo cambiamento; l’illuminazione si fa screziata, quasi stesse filtrando dalle fronte di una foresta, addirittura ondeggiando dolcemente. Non abbastanza da distrarre, ma a sufficienza da sembrare che la luce risplenda attraverso un elemento vivo del mondo. Non sarebbe strano voler scoprire maggiormente questo gioco anche solo per vedere cosa lo sviluppatore riuscirà a realizzare con questo tipo di illuminazione. A livello visivo, dunque, Tunic ha un guizzo tutto suo: i colori sono brillanti, personaggi e nemici carini e “frizzanti”. La già menzionata prospettiva isometrica lascia vedere molto del mondo che ci aspetta ma al contempo non ci priva dell’azione o del senso di presenza, di appartenenza. Non siamo un puntino casuale nella vastità di queste lande sconosciute bensì qualcuno pronto a esplorarlo in ogni suo angolo. Nella breve demo che ho giocato allo showfloor Microsoft, la mia piccola volpe senza nome si è svegliata sulla riva di un isolotto lussureggiante: non sapendo dove mi trovassi o quale fosse il mio obiettivo, mi sono semplicemente spinta in avanti.

Non ci è voluto molto perché la bellissima colonna sonora composta da Lifeformed mi catturasse, affascinandomi a mano a mano che mi inoltravo in un territorio a me sconosciuto. Ho appreso poco dopo come il vero pilastro portante di Tunic sia proprio il mistero: la lingua del gioco, sia nel mondo sia nei menu, è scritta e realizzata in un linguaggio indecifrabile. Questo dimostra come giocare a Tunic richieda un forte senso dell’avventura e una voglia di scoperta di pari livello, motivo per cui ricorda molto l’originale The Legend of Zelda. Non sono una particolare appassionata della serie ma gli spazi erano semplici da capire e gestire: pur con tutto l’alone di mistero che lo circonda, non c’è stato un momento in cui mi sia sentita persa. Con un po ‘di deduzione e buon senso, sono stata in grado di andare avanti e trovare la prima arma del gioco senza problemi o incontri fatali. A proposito del combattimento, è sorprendentemente complesso per qualcosa che a colpo d’occhio è tanto carino a vedersi, con nemici che non si risparmiano e una tattica che si rende più necessaria di quanto invece non sia menare a vuoto la spada o il bastone. E ancora, per tornare al comparto artistico, ogni attacco o esplosione sono visivamente eccezionali senza per questo mettersi in mostra – rimanendo su una scala piccola, ridotta, contenuta. Schivare e reagire è rapido e scattante, correre e interagire con il mondo è divertente. Tunic bilancia molto bene questi due aspetti.

Tunic non ha ancora una data di uscita, se non un fumoso 2019, e forse questo è l’unico peccato che gli si può imputare. Ma lo facciamo solo perché abbiamo una voglia matta di provare nella sua interezza questa piccola gemma così ispirata eppure con una sua identità precisa. Dall’altro lato non c’è alcuna intenzione di mettere fretta allo sviluppatore, perché sappiamo bene l’impegno che ci vuole a presentare un gioco che possa essere affascinante senza avere dalla sua quella grafica che molti cercano a gran voce – fermo restando che, come già scritto, il comparto artistico di Tunic non ha nulla da invidiare a quello di un libro di fiabe. Dal punto di vista del gameplay, potremmo lasciare il beneficio del dubbio alla volontà di lasciare i testi in questa lingua sconosciuta per sbloccarli a mano a mano nel corso del gioco: si capisce la volontà di far passare il messaggio di trovarsi in una terra sconosciuta non soltanto in termini puramente topografici ma anche culturali, non vorremmo però che questa scelta possa inficiare sull’esperienza generale. Ne sapremo di più in futuro.

Tunic è una gemma piccola nelle dimensioni ma grande negli intenti. Non è facile ispirarsi a un pilastro dei videogiochi come The Legend of Zelda senza rischiare di esserne una copia mal fatta, eppure la coraggiosissima volpe senza nome sembra mirare proprio a questo – a distinguersi ed essere ricordata per una luce propria e non riflessa. Bellissimo il comparto artistico, affascinante la colonna sonora e impegnativo il gameplay quando si parla di combattimento, la vera sfida sarà reggere ore e ore di gioco con questo stile ma se le premesse viste in fiera si manterranno per tutto il corso dell’avventura, allora non ci sarà nulla di cui preoccuparsi.