Il videogioco indipendente, meglio definibile come “non ad alto budget”, regala spesso fulgidi esempi di creatività. Una creatività che viene declinata in tantissimi modi diversi, sia artisticamente che nelle narrazioni o in esempi di design lontani dal videogioco più commerciale. Tunic, di Andrew Shouldice, è sicuramente tra questi. Un candido omaggio a The Legend of Zelda, che però nasconde al suo interno un gusto ed una personalità estremamente personale.
All’apparenza Tunic potrebbe apparire come banale e derivativo, con la sua visuale isometrica e una struttura che in tutto e per tutto omaggia e cita la serie icona di Nintendo. Addirittura qualcuno azzarderebbe il confronto con un Souls di FromSoftware, viste alcune meccaniche in comune ed un mondo di gioco dal sapore Miyazakiano. Un bel melting pot di giochi, visioni ed esperienze, sapientemente amalgamato da uno sviluppatore di talento e dai suoi collaboratori. Evviva, la frittata è fatta e si porta a casa il risultato agilmente e sedendo al tavolo dei grandi settore.
No, Tunic è molto altro. Nelle 12 ore che ho speso con il titolo di Andrew Shouldice, mi sono fermato a riflettere su come sia molto di più della somma delle singole parti. Tunic non è un semplice omaggio, ma una vera e propria lettera d’amore ai videogiochi del passato. Alla loro natura collaborativa, inscrutabile e fisica. E non a The Legend of Zelda tutto, ma a quel The Legend of Zelda. Il primo, su NES, con la sua cartuccia dorata e il bellissimo mondo di bit che custodiva.
Ma Tunic è, anche e soprattutto, una lettera d’amore ai manuali d’istruzioni, quelli che una volta accompagnavano le cartucce o i dischi dei nostri amati videogiochi. Prima di internet, prima delle guide strategiche vendute separatamente. Un gioco e il suo manuale, due inseparabili amanti che si contendevano l’esperienza del videogiocatore ancora prima dell’eventuale avvio sulla console o sul PC. Certo, probabilmente molti di voi erano irrequieti e distruggevano la confezione senza apprezzarne il contenuto, ma sono sicuro anche del contrario. Scartare un videogioco nuovo era un momento bellissimo, con il manuale che spesso diventava vero e proprio antipasto di ciò che ci attendeva. Una lettura veloce sulla via di casa, dopo l’agognato acquisto, oppure uno sfogliare compulsivo per addolcire l’attesa dell’installazione, su PC.
Dettagli, informazioni, artwork e anche qualche piccola chicca. Tunic riesce a ricreare quella magia all’interno del gioco stesso, rendendola parte integrante dell’esperienza. Le pagine del manuale, infatti, si acquisiscono direttamente nel mondo virtuale un po’ alla volta, accumulando solo progressivamente le informazioni con cui decifrare certe indicazioni utili per capire cosa fare e dove andare. Un gioco nel gioco, che mi ha visto più volte alle prese con carta e penna e che, soprattutto su Reddit, ha dato il via alla collaborazione tra più giocatori.
Combinazioni di tasti, stanze segrete e easter egg degli sviluppatori, in quel manuale c’è di tutto ed è bellissimo sia così. Proprio come fu per The Legend of Zelda, dove il manuale era parte integrante dell’esperienza. Senza di esso, l’avventura per le piane di Hyrule sarebbe stata un po’ diversa. Povera, se vogliamo, priva di alcuni dettagli e degli strumenti necessari per essere goduta appieno. E’ nel manuale di The Legend of Zelda che il giocatore ha il primo contatto con la storia del mondo. Ganon rubò la Triforza del potere, mentre la principessa Zelda ruppe quella della saggezza in 8 frammenti, lasciando a Link il compito di restaurarla e sconfiggere il male. Troppo semplicistica la trama in game, ma ecco che il gioco stesso suggerisce al giocatore di consultare il manuale.
Qui le descrizioni sono preziose e strutturate, e pur non avendo chissà quale ambizione letteraria, il manuale riesce davvero a gettare il giocatore nell’epica avventura di Link. Ma il manuale porta con sé anche diversi suggerimenti, spiegando addirittura il perché di alcuni avvenimenti. Viene spiegato al giocatore che sì, è normale ritrovarsi chiusi in una stanza piena di nemici e che no, non è stato un suo errore. Il manuale di The Legend of Zelda introduce il giocatore al mondo, ne giustifica e spiega i suoi primi passi e le sue prime azioni. Suggerisce anche dove guardare, dando gli strumenti per interpretare e scoprire i segreti del gioco (come l’ingresso segreto del 7° livello).
Ci sono altri esempi di questo rapporto tra gioco e manuale, uno dei quali proviene dalla mia infanzia, ma probabilmente anche dalla vostra. Il gioco in questione è Pokémon Zaffiro e Rubino, che nel manuale aveva l’alfabeto braille necessario a decifrare i messaggi delle rovine di Regice, Registeel e Regirock. Parliamo di un gioco indirizzato perlopiù a bambini, il che fa specie pensando allo stato della serie moderna. C’è anche Metal Gear Solid, che “nascondeva” al suo interno la frequenza per chiamare Meryl, necessaria per proseguire nella storia. Ah, Kojima.
Tuttavia, l’esempio più assurdo del rapporto manuale/videogioco l’ho trovato, nelle mie ricerche per questo articolo dedicato a Tunic, in un titolo Nintendo del 1990: StarTropics. All’interno del manuale era infatti presente una vera e propria lettera. Questa faceva un po’ da incipit all’avventura, con lo Zio Steve che invitava il protagonista a cercarlo, per una bella scampagnata tropicale.
Nella lettera c’era anche scritto a caratteri cubitali: “Questa lettera è molto importante, per favore conservala fino alla fine del gioco”. Lo era per davvero, perché una volta bagnata appariva un nuovo messaggio con un indizio e una frequenza utili per completare l’avventura. Incredibile.
Tunic fa lo stesso, ed è meraviglioso vedere come la creatività degli sviluppatori abbia ripescato ed elevato uno dei tanti modi possibili di vivere il medium. Sono tanti i videogiochi del passato che avevano questo stretto rapporto con il manuale d’istruzioni. Chi più chi meno, tutti questi esempi ci mostrano uno spaccato ormai perduto dei videogame.
Un’esperienza che definirei tattile, quando alle vibrazioni interattive corrisponde la necessità e la voglia di andare al di là dello schermo. Nell’era dell’informazione questo è sempre più difficile, ma non impossibile. Lo ha dimostrato recentemente Elden Ring e altri prima di lui. C’è spazio per tutti, anche se non più attraverso delle pagine di carta.
Allora grazie Tunic, per averci ricordato cosa si prova a “sfogliare” un manuale d’istruzioni.
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