Il 2016 ha rappresentato un turning point nel mondo della tecnologia. Dopo almeno un lustro di sperimentazione e progettazione di prototipi, i primi dispositivi di realtà virtuale vennero rilasciati, a prezzi tutt’altro che competitivi (799€ Oculus, 999€ HTC Vive, 499€ PSVR), prezzi che, complice anche una incredibile latenza di titoli di caratura atti a giustificare l’esborso di una tale somma per i wannabe early adopters, relegarono i suddetti dispositivi di realtà virtuale ad una nicchia di tech-fanatics disposti a tutto pur di avere l’ultimo dispositivo (o soprammobile, a seconda delle scuole di pensiero ndr) tecnologico in casa.
A quasi un anno e mezzo dalla release date la situazione non è che sia cambiata molto: se infatti abbiamo assistito ad una pletora di utilizzi in ambiti non ludici, showcase, esplorazione virtuale di quadri o di musei, tour virtuali di città o di strade famose, poco, decisamente troppo poco, è stato fatto in ambito ludico per giustificare, per l’ennesima volta, un pingue esborso monetario. Con tutto l’amore verso titoli come Project Cars ed Elite: Dangerous, se non fosse stato per una community di modders mai doma in ambito PC, non avremmo potuto utilizzare Resident Evil 7 con i nostri VR Headset, cosa possibile invece per PlayStation VR, di molto inferiore (in quanto a bruta potenza di calcolo) nei confronti dei due dispositivi presenti nel mondo della “master race”. A rompere questo disinteresse in ambito VR ci ha pensato però Bethesda che, dalla ultima Gamescom, ha presentato e reso giocabili al pubblico i prototipi di Doom VR, Fallout 4 VR e TES V: Skyrim VR, i primi due per HTC VIVE, l’ultimo in esclusiva PSVR.
Nel corso dello showcase Bethesda organizzato in quel di Londra abbiamo avuto la possibilità di provare con mano (o meglio, di vedere con i nostri occhi) le versioni VR di Fallout 4 e di The Elder Scrolls V: Skyrim, disponibili rispettivamente in esclusiva per piattaforma PC/HTC Vive e Playstation VR. Il solo pensiero di potermi immergere in prima persona, mediante due degli headset di realtà virtuale presenti sul mercato, in altrettanti universi virtuali in cui ho speso, negli anni passati, centinaia di ore, se da un lato mi ha incuriosito, dall’altro mi ha lasciato scettico per via di endemiche e palesi (ai miei occhi) difficoltà di realizzazione e gestione delle mille e più variabili e della vastità dei mondi di gioco: ciò che ho visto non ha fatto altro che confermare, in un caso, ed aggravare, nell’altro, timori e speranze riposte in questi due titoli.
Una libertà a dir poco imbarazzante, quella provata con Fallout 4 VR
Tra tutti i vari giochi presentati, Fallout 4 ha interpretato la parte del leone: pur condividendo con The Elder Scrolls V: Skyrim il motore di gioco, lo stesso è presente qui in una versione raffinata, potenziata ed adattata, in questa specifica iterazione, alle enormi potenzialità computazionali del visore HTC Vive accoppiato, nella fattispecie, ad un PC più che idoneo allo scopo. L’ingresso in questo mondo virtuale ci offre un impatto grafico sconvolgente, sia in positivo che in negativo: indossare il visore made in HTC ci proietta a tutti gli effetti nel mondo post-atomico che tanto amiamo facendoci provare una libertà a dir poco imbarazzante. La rotazione della testa e l’inclinazione verso l’alto o verso il basso della stessa ci permetterà di esaminare in dettaglio tanto il mondo di gioco quanto la nostra attrezzatura, armi comprese: imbracciare un fat man, alzarlo parallelamente al nostro corpo e ruotarlo ci permetterà di esaminare in dettaglio i meravigliosi modelli 3D realizzati per questa iterazione virtuale del capolavoro Bethesda; alla stessa maniera sparare un colpo ci permetterà di seguirne la traiettoria e di ammirare la potenza della deflagrazione atomica davanti ai nostri occhi.
Parallelamente a ciò rimarremo esterrefatti nell’osservare da vicino l’armatura atomica nella quale entreremo per combattere i pericolosissimi Deathclaw, anche loro dotati di modelli poligonali a dir poco da urlo. Lo stesso, purtroppo, non potremo dire del mondo di gioco: pur rassicurati dal personale Bethesda della presenza in loco di una build non proprio recentissima, duole notare come tanto il mondo di gioco quanto il framerate soffrano, e non poco, la conversione in VR. Il primo affetto da una eccessiva ed immotivata, vista la cura riposta da Bethesda nella realizzazione dei propri giochi, pixellosità (suffragata su PC dal rilascio, qualche mese fa, di una megapatch da oltre 50Gb, contenente texture in alta definizione), e il secondo più che incerto, addirittura balbettante e ben al di sotto dei 30 frame al secondo (valore minimo di decenza per la fluidità).
Mondo di gioco e framerate soffrono la conversione in VR
Il sistema di controllo, sapientemente affidato ai due motion controller forniti in dotazione con HTC Vive, è stato modificato radicalmente rispetto alla già perfetta e rodatissima versione PC. Con il motion controller sinistro potremo muovere il nostro personaggio nel mondo di gioco e gestire, mediante l’apposito dorsale, le dinamiche di “teletrasporto” (Avvicinamento agevolato) ai nemici per fronteggiare gli stessi con maggiore efficacia (in ambito VR, sia chiaro…). Ponendo orizzontalmente il braccio sinistro potremo poi accedere al Pip-Boy ed a tutte le funzioni ad esso demandate, compreso il cambio di armi, l’utilizzo di Buffout, Med-X, Rad-Away e di tutte le altre droghe sintetiche cui oramai Fallout ci ha abituato: duole osservare una eccessiva lentezza nella risposta del vive in questa modalità, lentezza aggirabile assegnando degli oggetti specifici a mo di shortcut ad alcuni tasti diretti, scorciatoia lodevole ma assolutamente non risolutiva. Il motion controller destro invece assurge a controller di tutto il comparto bellico: con la piastra direzionale passeremo da un’arma all’altra e con il tasto immediatamente al di sopra entreremo in una modalità SPAV, notevolmente depotenziata però rispetto a quella cui siamo abituati.
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Per far fronte ad un dinamismo di gioco forzatamente ridotto a causa di un sistema di controllo afflitto, almeno per ora, da una evidente latenza, lo SPAV è stato trasformato in un sorta di slow motion che ci darà il tempo di teletrasportarci nelle prossimità del nemico e di far fuoco, matrix style, permettendoci di avere la meglio sullo stesso, snaturando però così appieno una delle peculiarità capaci di decretare il successo del combat system dei vecchi Fallout.
La cosa che colpisce, però, in negativo è la incerta, per non dire scarsa, reattività del sistema di controllo ideato per adattare il gameplay all’utilizzo di HTC Vive: più di qualche volta, nonostante debite torsioni della testa per orientare lo sguardo e una contestuale pressione del tasto direzionale per imboccare una direzione, ci siamo trovati con un alter ego impacciato nei movimenti e, dunque, con un ritmo di gioco frammentato e a dir poco snervante. A chiudere il tutto la fase di creazione, solo accennata a causa della mancanza dei materiali nella build presentataci che, a fronte di una maggiore ed evidente praticità di gestione nei confronti della versione classica, risulta inficiata anche essa dalla scarsa reattività del sistema di controllo fornito da HTC VIVE.
Fallout 4 VR fa intravedere molte potenzialità lasciando però, a causa di un sistema di controllo tutt’altro che allo stato dell’arte e di scelte tecniche (il teletrasporto e la gestione dello SPAV) che vanno a svilire il comparto del Gunplay, fiore all’occhiello della saga post-atomica made in Bethesda, l’appeal altrimenti succoso derivante da un simile esperimento di trasposizione virtuale del titolo in oggetto. Se poco si può fare riguardo le scelte inerenti gunplay e teletrasporto, è auspicabile sperare che la versione da noi provata, la medesima presente alla Gamescom di Agosto, venga revisionata ed ottimizzata garantendo un impatto grafico ed un framerate all’altezza del blasone posseduto da questo brand.
A seguire abbiamo avuto modo di mettere sotto torchio la versione VR di The Elder Scrolls V: Skyrim. A differenza di Fallout, uscito quattro anni dopo l’ultima iterazione fantasy made in Bethesda, Skyrim è stato progettato, almeno per il momento, in esclusiva per PlayStation VR, scelta che porta con se annessi e connessi non necessariamente positivi. Passare infatti da HTC Vive a PlayStation VR, in termini di brada potenza computazionale, vuol dire avere a disposizione una macchina meno performante, diremmo una realtà virtuale di “fascia bassa”: la scelta di questa piattaforma di sviluppo, dovuta sicuramente a ragioni commerciali volte a rilanciare un device in potenziale crisi di identità, porta con sé compromessi in termini sia di impatto grafico che di interazione, il tutto dovuto alle sostanziali differenze tra i due sistemi di realtà virtuale sopra elencati.
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Alla prova dei fatti Skyrim, uscito sei anni fa e capace di ben figurare anche su una macchina come Nintendo Switch (senza nulla togliere a questa piattaforma che, però, di sicuro non è un mostro di potenza computazionale), risulta quasi irriconoscibile su PSVR: per far si che l’headset made in Sony riuscisse a gestire l’immensa mole di dati derivante da un open world, seppur vecchiotto, come Skyrim si è dovuto ricorrere ad un ingente abbassamento del livello grafico, risultante, in questa iterazione apparentemente inferiore alle controparti old-gen e con una fluidità a dir poco imbarazzante.
Il sistema di controllo, affidato a due PS Move, poco si adatta ad un gameplay che fa dell’esplorazione il suo core: non è possibile, contrariamente a quanto visto con HTC VIVE, muovere indipendentemente il protagonista, affidando qualsiasi spostamento alla dinamica di teletrasporto e la rotazione dello sguardo (demandato parzialmente alla torsione del viso) ai pulsanti presenti sul move associato alla nostra mano destra, demandata anche all’azionamento delle dinamiche di attacco, scuotendo il move per tirare fendenti.
Skyrim risulta quasi irriconoscibile su PSVR
Come potrete ben capire tutto ciò rende il sistema di controllo e, parallelamente, il combat system legnosissimi e dalla improba fruizione: la scelta poi di limitare il movimento al solo teletrasporto castra completamente l’essenza esplorativa alla base di Skyrim. Abbiamo assistito inoltre alla rimozione di alcuni puzzle a mo di semplificazione delle dinamiche di gioco andando però, così, a creare un fritto misto incapace, allo stato attuale, di attrarre finanche il più paziente dei videogiocatori. Pur comprendendo che questa possa non essere una build recente, siamo dubbiosi riguardo le possibilità di soluzione di tali e tanti problemi nei mesi che mancano al lancio del prodotto finito che rischia di tramutarsi, a tutti gli effetti, in un clamoroso autogoal.
La realtà virtuale, quale che sia il device di riferimento, ha oramai compiuto un anno e mezzo: un anno e mezzo in cui sono mancate esclusive di rilievo atte a giustificare l’elevato esborso economico necessario all’acquisto di uno dei sistemi di riferimento.
Se l’intento di Bethesda è quello di dare motivazioni all’utenza per acquistare uno di questi costosissimi sistemi di intrattenimento, quanto abbiamo visto oggi riesce solo in parte a farlo: paradossalmente proporre come alfieri del cambiamento dei videogame che fanno della vastità del mondo di gioco il loro punto forte potrebbe rivelarsi un boomerang pronto a tornare indietro e colpire dolorosamente il lanciatore. Quanto visto in quel di Londra è più che altro un’avvertenza per gli sviluppatori a non prendere sotto gamba questo fenomeno e, se ci sono possibilità concrete che Fallout 4 VR riesca a guadagnarsi una buona sufficienza, quello a cui abbiamo assistito con Skyrim PS VR rischia di sortire l’effetto contrario.
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