Underworld Ascendant porta un nome e una eredità pesante sulle proprie spalle. Qualsiasi Pc-ista degli anni d’oro ricorda perfettamente la serie di Richard Garriot, tanto gli Ultima in visuale isometrica quanto, sicuramente, i due episodi in una rivoluzionaria prospettiva in prima persona, i due Underworld, sviluppati da una giovane Looking Glass (all’epoca chiamata Blue Sky Productions), successivamente responsabile di giochi del calibro di System Shock e Thief.
La presenza dei veterani di quel gruppo capitanati da Paul Neurath e Warren Spector, unita ai 25 anni passati dal precedente capitolo e ad un Kickstarter realizzato con grande successo, avevano fatto montare l’attesa e l’aspettativa, benché delle prime prove del codice alla recente Gamescom non proprio confortanti.
Le speranze sono sfortunatamente naufragate di fronte al prodotto finale.
Poco in comune ha questo titolo con l’eredità che rappresenta. Non avrete npc con cui dialogare, non troverete quest in senso stretto, né una vera trama che si dipani elaboratamente, tantomeno un open-world; fin’anco esteticamente ha poco o nulla a che vedere con gli originali Underworld.
In Underworld Ascendant vestiremo, come di consueto nella serie, i panni dell’ Avatar… anzi dell’Ascendant (chissà, probabilmente hanno avuto problemi con il copyright?) evocato per salvare il mondo dall’imminente (quanto classica, solita) catastrofe. Guidati da Cabirus, uno spirito, una voce amica, dovremo affrontare una serie di sfide, per accordare il favore delle fazioni del sottosuolo, acquisire le chiavi abissali e sfidare alla fine il terribile Typhon.
Al di là della parentela quasi nulla con la serie, il problema è che quel che offre il gioco è di per se povero, dal sapore dell’incompletezza e veramente poco divertente da giocare, ma andiamo con ordine.
La creazione del personaggio è a dir poco elementare: le uniche scelte sono il colore della pelle e il tono della voce, benché in realtà potremo vedere solo parte delle braccia del nostro Ascendant, che neppure parlerà mai, tolti i mugugni di sforzo e sofferenza. Una volta creato il personaggio e dopo una breve introduzione dove poter familiarizzare con il gioco e i controlli, è la fisica che già ci appare legnosa e mal gestita.
Underworld Ascendant ha poco o nulla in comune con l’eredità che avrebbe dovuto rappresentare
Dopo aver terminato il percorso di addestramento con la calda voce amica di Cabirus che ci guida, si arriva alla citta di Marcaul, spoglia e decisamente disabitata: si capisce da subito che si tratta di una sorta di HUB. Il gioco infatti, che è sostanzialmente un dungeon crawler, suddiviso in una serie di prove da superare sotto la continua spada di Damocle rappresentata dall’aumento della potenza di Thyphon e il prossimo armageddon.
Nella Sala delle Ombre troveremo le sfide su una grossa tabella, sotto forma di affissioni con il titolo della sfida, una rapida descrizione e la fazione d’influenza con i premi per la sfida secondaria. Per il resto a Marcaul c’è un trainer dove usare l’esperienza accumulata, i “Memora“, per aumentare le nostre abilità, e un mercante elfo sempre stupito del fatto che non dipartiamo da questo mondo.
Lo stile grafico, architettonico e dei nemici, non si rifanno assolutamente alla tradizione di Ultima Underworld: non sono dark, cupi od oppressivi; gli ambienti sono sì scuri e bui, ma puntellati da vegetazione colorata luminescente, vagamente simile a un Amalur, mentre lo stile dei modelli nemici, per niente realistici, similmente li presenta poco minacciosi, vagamente gommosi e “scintillanti”. Questo non è necessariamente un male, più che altro una direzione artistica che potrebbe avere una sua consistenza, ma sicuramente è ben poco coerente con la serie, e lontano da ciò che un veterano si sarebbe aspettato.
Se la direzione artistica potrebbe anche essere piacevole, con alti e bassi, e sicuramente troviamo scorci intriganti e scenari ben congeniati, i veri problemi sono altri.
Appena addentratici nel pieno dell’avventura, i dubbi iniziali diventano una certezza: lo stesso atto di camminare, salire le scale o correre, sembra irregolare, legnoso, e mal gestito, una nausea oscillatoria che appare, questa si, ma in senso negativo, parente dei primi goffi tentativi di simulare l’andatura in prima persona dei primi anni 90.
Arrampicarsi su una catena oscillante (catene che, tra l’altro, si muovono come serpenti dati alla brace) è una tortura, saltare da una piattaforma all’altra, anche vicine tra loro, è un’impresa, rimanere in bilico su due casse, arrampicarsi su una sporgenza, tutto è terribilmente macchinoso e poco naturale. Per un gioco che fa della fisica e dell’utilizzo di multiple vie e metodologie per arrivare al successo il suo preciso punto d’orgoglio, un sistema di gestione del movimento del genere è inammissibile.
Per un gioco che fa della fisica e dell’utilizzo di multiple vie e metodologie per arrivare al successo il suo preciso punto d’orgoglio, un sistema di gestione del movimento fatto così male è inammissibile
Sorvoloamo poi sulle animazioni inesistenti, anche delle braccia, immobili o assenti quando si nuota o ci si arrampica. “Nuotare” è un eufemismo, visto che non solo non c’è la possibilità di immergersi, che può essere secondario, ma la nuotata ha il feeling di una malferma scivolata sul fango.
Per quanto riguarda la magia il sistema è mutuato in maniera fedele (uno dei pochi aspetti) da Ultima Underworld (che poi ritroviamo anche in Legend of Grimrock), che consiste nel selezionale manualmente le rune per formare incantesimi, per modernizzare e facilitare la gestione, però ora possiamo registrare le combinazioni degli incantesimi e dare un nome, così da richiamarli più rapidamente. Inizialmente, come in passato, c’è il divertimento dovuto alla sperimentazione delle rune e al tentativo casuale di combinarle secondo il loro significato per generare un incantesimo. Anche qui però l’esperienza viene resa frustrante dal non capire esattamente il nuovo incantesimo scoperto cosa faccia, visto che avremo solo la combinazione funzionante nella lista degli incantesimi sotto “nuovo incantesimo”, e considerando che la riserva mana non è generosa e l’uso degli incantesimi ne consuma parecchio, oltre a poter incorrere in afflizioni lanciandone, la cosa si rivela per lo meno fastidiosa.
Troveremo, è vero, disseminati nel gioco scritti sulla pietra incantesimi e relative rune, (nel gioco si trovano disseminate scritte su pietra: carina come idea, sebbene tutto fuorchè innovativa) ma se all’inizio è un’idea divertente dover aguzzare gli occhi per cercare questi graffiti, diventa rapidamente tedioso.
Insomma, forse può sembrare divertente rendere la scoperta e l’identificazione dei nuovi incantesimi un’impresa di per sé, ma il problema è che questa metodologia si inserisce in un insieme genericamente “rotto” e quindi invece di interesse genera frustrazione nel giocatore.
Altro aspetto confusionario e poco chiaro è il sistema di accumulo esperienza per l’acquisizione di nuove abilità, in pratica svolgendo alcune azioni sbloccheremo delle imprese che ci frutteranno punti da utilizzare, ma è del tutto casuale visto che non è trasparente, né è definito da alcuna parte quali siano le imprese da sbloccare e i punti guadagnati, che scopriremo solo quando torneremo dall’npc trainer.
Il sistema di combattimento si divide in mischia, armi da tiro e magico. L’arco (che tra l’altro è sempre equipaggiato: appare quando selezioniamo la una freccia nell’inventario, una soluzione funzionale forse, ma decisamente poco elegante) ha una doppia funzione, con le frecce normali si usa per uccidere i nemici, e con frecce speciali, come quelle “acquatiche”, ha una funzione propedeutica allo stealth, visto che permette di spegnere fonti di luce (che possono essere anche spente lanciando bottiglie d’acqua), o per incendiare. Molto semplice nella sua esecuzione, maldestro nella messa in opera visto che le hitbox dei nemici paiono totalmente sfasate.
Il sistema di combattimento a corpo a corpo invece presenta banalmente pugni e alcune armi bianche classiche: decisamente semplice, si padroneggia rapidamente, con il tasto sinistro del mouse meneremo rapidi fendenti (o jab), tenendo premuto caricheremo il colpo, con il destro si para. Si avvale anche della fisica ovviamente, similmente a come accadeva anche in Dark Messiah: gli elementi dell’ambiente, compresi acqua, fuoco e mobilia, potranno essere utilizzati in maniere offensive, e benchè sia quasi sempre superfluo, ma comunque alcune skill avanzate permettono anche di ottimizzare l’uso marziale delle suppellettili.
L’uso della magia come visto fa uso di rune e permette l’uso di alcuni incantesimi offensivi come pugno magico, e ovviamente sembra più utile all’approccio stealth.
L’IA sfiora il ridicolo, sopratutto per un gioco che vorrebbe privilegiare lo stealth
L’IA sfiora il ridicolo, sopratutto per un gioco che vorrebbe privilegiare lo stealth: se aggrediamo due nemici, spesso e volentieri il secondo ci ignorerà, a meno di non colpirlo, ma anche in quel caso alcune volte sembrerà perdere interesse. Per non parlare di nemici che tentano il suicidio gettandosi in acqua da soli, o che corrono verso le porte senza senso logico (e ci si compenetrano spesso). E nonostante tutto, probabilmente il combattimento non è l’aspetto peggiore del gioco.
L’interfaccia è blanda, mal curata, approssimativa; l’hud a video è povero, spoglio, elementare e primitivo, graficamente piatto; l’occhio che ci avverte del nostro stato di occultamento è sgraziato e mal animato; non possiamo richiamare l’obiettivo della missione; l’inventario è una griglia sempre con lo stesso noioso onnipresente stile piano con la rappresentazione in icone 2D mal disegnate degli oggetti. Una tragedia.
La costruzione e crescita del personaggio invece appare interessante, seppure lineare, formata da tre semplici percorsi, uno “guerresco” uno “magico” e infine uno “stealth” (nomi di comodo, in realtà non sono definiti). Sulla carta rende possibile confezionare un personaggio con approcci molto personali, dal guerriero vigoroso al ninja furtivo che corre sui muri, al versatile mago, se non fosse limitato dal resto dei problemi che affliggono il gioco.
I bug, glitch o semplice leggerezze di design e programmazione inaccettabili sono disseminati nel gioco e sono innumerevoli: trappole che spariscono quando vengono disattivate, altre che penetrano magicamente solidi muri, generazione di nemici totalmente dissennata. In un livello è capitato di imbattersi in un uomo lucertola, un ninja (che hanno tra l’altro, un bizzarro comportamento, rotolando in maniera goffa e scomparendo in nuvole di fumo casualmente) e uno scheletro intrappolati in un fossato, con il ninja che “sbuffava”, spariva e rotolava, e gli altri due decisamente confusi; il massimo del divertimento è stato ricoprirli di frecce dall’hitbox incerto. Le casse del tesoro, che sono bauli tutti uguali, quando aperti generano il loro contenuto che appare con un effetto di scintille terribilmente anni 90, e viene rappresentato in modo osceno: l’equip infatti è sempre e comunque uno “zaino”, che sia un’armatura o che sia un mantello.
Ascendant è una discesa, ma più che nell’abbisso del terrore, in quello – altrettanto terrificante – dei bug e dell’ingiocabilità
Ci sono anche stati episodi divertenti generati dagli stessi problemi e bug del gioco. In una missione, dopo aver ucciso un uomo lucertola (il quale, dopo i primi fendenti, è fuggito accovacciandosi – ??) a ridosso di una grata, il cadavere si è incastrato nella grata compenetrandola: il suo peso ne impediva la sua pertura automatica (la fisica!), e dunque è stato necessario sollevare il corpo a mano per riuscire ad alzare la grata e passare (i cadaveri, come tutti gli oggetti, sono afferrabili e trascinabili, mentre le grate no, si aprono automaticamente per l’effetto di leve).
Altri bug sono addirittura a nostro favore, come le imprese sbloccate più volte e in maniera bislacca (quando si è lanciati via da un nemico e sblocchiamo l’impresa “salto in lungo”, ad esempio). Una volta, entrando in una missione, ci siamo trovati fuori con la schermata “Missione Completata” senza nemmeno averla iniziata.
Insomma la lista dei bug e delle incompletezze è lunga, un vero disastro.
Ed è un peccato perché l’architettura e il design dei livelli non è male, sicuramente sufficiente e in alcuni dungeon molto intrigante. Vi sono buoni percorsi pieni di alternative su più approcci, quasi tutto è di legno e i modi per dar fuoco sono vari e inaspettati, ma ovviamente i bug grafici e di giocabilità vanificano in gran parte il divertimento, tra casse che rimbalzano, spawn di geyser di fuoco fuoriposto, (durante la discesa verso l’apocalisse appaiono come forma visiva del potere accresciuto di Typhon, ma spesso in luoghi del tutto inadatti e irrealistici), frecce d’acqua che non spengono torce (resta da capire se è per via dell’hitbox fallato o di altri bug di collisione vari), e in generale spesso è superfluo ingegnarsi troppo contro nemici che ispirano più compassione che timore, sia dal punto di vista grafico che pratico.
Il sistema di salvataggio è tristemente inconsistente
Il sistema di salvataggio poi è tristemente inconsistente: si basa sul piantare degli alberelli d’argento, ma in punti prestabiliti disseminati per i livelli, per ripartire da lì in caso di morte. Il punto è che se si esce dal dungeon e si torna all’hub, o se il gioco crasha (non così improbabile), torniamo comunque all’inizio del dungeon, con alcuni progressi azzerati, e quindi non vale nemmeno la pena utilizzarlo.
Per il resto Unity è mal ottimizzato: abbiamo testato Underworld Ascendant su una macchina con GTX 1060 e su una munita di una GTX 970: in entrambi i casi il gioco soffre di inspiegabili e violenti cali di frame rate, al di là del settaggio video scelto.
Le musiche che accompagnano l’avventura sono formate da un tema principale orecchiabile, ma gli effetti sonori appena sufficienti.
Underworld Ascendant è un fallimento su (quasi) tutta la linea. L’idea base del dungeon crawler con la possibilità di costruire un personaggio capace di affrontare con ingegno e versatilià i vari livelli proposti, pur tradendo lo spirito della saga, poteva anche essere buona, sulla carta, ma l’esecuzione è totalmente insufficiente. I livelli da affrontare sono una manciata, e anche ben studiati e con architetture strutturate, oltre che possibilità di gameplay molto varie, benchè le missioni siano sempre banali: trova quell’oggetto, uccidi quel mob. Il problema principale rimane l’afflizione continua di bug e glitch: ci sono mancanze elementari proprio dove il gioco dovrebbe eccellere, ovvero sulla fisica e sulla dinamica del personaggio nelle sue azioni. A questo aggiungiamo rifiniture assenti, un sistema di salvataggio praticamente inutile e il pasticcio è completo, abbiamo un gioco palesemente incompleto, sembra un progetto iniziato con molte aspirazioni ma terminato svogliatamente e lasciato andare a se stesso. Questo lo dimostra anche l’assenza di Otherside Entertainment, visto che ci si aspettava, quantomeno, una serie di patch nei giorni successivi al lancio, atte a sistemare i problemi più gravi tempestivamente, che ad oggi non sono arrivate. Difficile comunque che il gioco, anche con pesanti patch migliorative, possa arrivare oltre la sufficienza. Rimettendolo a nuovo potrebbe diventare un dungeon crawler sufficiente, ma nulla più. Staremo a vedere, ma dalle personalità che ci hanno regalato capolavori e titoli seminali come System Shock (di cui tra l’altro lo studio sta realizzando il terzo capitolo) ci aspettavamo, e ci aspettiamo, decisamente di più. |
Good
Possibilità di affrontare in maniere diversificate, gli ostacoli. Creazione di un avatar versatile.Bad
Motore grafico mal ottimizzato. Bug e glitch a profusione. Sistema di salvataggio. Niente a che vedere con la serie Underworld.
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