Colonia – Non riesco ancora a capacitarmene. Un colosso grosso e cattivo come EA mi ha fatto sfrecciare sulle strade di mezzo mondo, dar calci ad un pallone, volare tra stelle e pianeti pieni di insidie e minacce, nei panni di cavaliere Jedi o di onorevole comandante di umani e alieni, ma non mi ha mai scaldato il cuore per davvero, né regalato uno dei personaggi più “teneri” che mi sia capitato di controllare.
Come resistere ad un piccolo esserino (letteralmente) raggomitolato, rosso fuoco e dagli occhi bianchi come la neve che, a cadenza sin troppo regolare, copre le fitte foreste svedesi? In una di quelle selve (o almeno è così che immagino il “quartier generale” di Martin Sahlin e soci), tra uno studio di registrazione e una sala prove degli Entombed, c’è Casa de Coldwood, l’ufficio dei creatori di uno dei platform più promettenti tanto dell’E3 quanto della gamescom.
A renderlo unico è un ossimoro: un gioco che fa del sentimento e dell’irrazionalità la sua bandiera, basa il suo essere su un qualcosa di freddo e razionale come la “fisica”. Unravel è infatti un platform in 2 dimensioni relativamente classico, che vede il protagonista muoversi da un punto all’altro del livello, fatto di ostacoli da superare aguzzando l’ingegno. La peculiare natura del protagonista, Yarni, che sotto una coltre di lana nasconde un cuore pulsante, ci costringe ad un ulteriore sforzo per “srotolare il bandolo della matassa” (semi-pun intended, ndr): il filo rosso che lo segue pedissequamente è infatti lo strumento che gli permetterà di raggiungere il suo obiettivo, da sfruttare per creare ponti, trampolini elastici e liane con le quali poter proseguire.
Impersonando un pupazzo grande quanto una lattina di birra, anche un masso o una panchina (il gioco è ambientato nel nostro mondo) diventano ostacoli insormontabili, ed è lì che entra in gioco il filo: in appositi punti (messi in risalto da un luccichio confortante) sarà possibile creare dei nodi. Connettere due di questi punti permetterà di raggiungere una posizione elevata, camminando, sfruttando l’elasticità del filo (caricando con la levetta sinistra verso il basso) o arrampicandosi come dei provetti scalatori, quest’ultimo un modo perfetto per correggere un salto mal calcolato.
È purtroppo proprio in quei (per ora rari) casi che la frustrazione fa capolino, così come quando la lunghezza limitata del filo impone di ripetere alcuni passaggi per evitare “sprechi” di tessuto e poter proseguire nell’avventura, almeno fino al prossimo chiodino che custodisce del prezioso filo attorcigliato, necessario per avanzare, ma allo stesso tempo è la prova del livello di difficoltà per nulla infimo che un titolo così “carino” dà inevitabilmente (e superficialmente) a vedere. La soluzione per avanzare non mi è parsa mai scontata o semplice, e per quanto lineare, la sperimentazione (e il fallimento) nell’intessere il percorso non è stato un processo automatico, né suggerito in alcun modo dagli sviluppatori. Un indubbio punto a favore, almeno in questa sede di prova, che non può che far piacere a chi teme che Unravel rischi di essere il classico bel gioco da vedere, ma noioso o banale da giocare.
A scaldare il cuore sono però i dettagli, i piccoli gesti che questo esserino così magico trasforma in esplosioni di tenerezza: la paura e la curiosità scaturite allo stesso tempo da un’innocua farfalla, lo sforzo erculeo prodigato nello spostare una mela da usare come “zattera” per superare un “burrone” riempito all’improvviso da acqua, letale ed oscura, o da delle pigne con le quali avvicinarsi ad una sporgenza, oppure una rete che, come manna dal cielo, offre la chance di raggiungere gli altissimi rami di uno dei tanti alberi che riempiono il livello, uno spettacolo della natura nascosto nello spettacolo stesso che è la grafica di gioco, magica ed incantata come Yarni e la sua avventura. I ricordi sullo sfondo, che appaiono all’improvviso come degli ologrammi e si depositano nel suo piccolo cuoricino sfolgorante e stracolmo di vita ed emozioni, non fanno altro che dare il colpo di grazia ad un altro cuore, quello del giocatore, trafitto da così tanta tenerezza.
Il trailer dell’E3 e l’annuncio ufficiale ad opera di un tremante ma genuino sviluppatore, hanno istantaneamente garantito a Yarni e alla sua avventura un posto d’onore nel cuore di pubblico ed addetti ai lavori: un platform delizioso, dal comparto grafico toccante, e struggente in ogni suo dettaglio, dalla potenza espressiva di un pupazzo di lana privo di bocca alla tragedia da lui vissuta del dover affrontare ostacoli infimi per un umano, ma insormontabili per una creaturina così piccola, così “insulsa” al cospetto di un albero, di una panchina, o persino di un cestino dell’immondizia.
Unravel è un incantesimo che scalda il cuore, che si mostra irresistibile già da ora, e che punta dritto all’anima di ogni giocatore, dal più emotivo al più burbero guerrafondaio. Ero curioso di provarlo con mano, e il terrore di Yarni al primo contatto con quella farfalla (e il brivido lungo la schiena che ho sentito) lo scorderò con molta difficoltà.
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