Gli scherzi, quelli di pessimo gusto, hanno spesso degli esiti disastrosi: distruggono le amicizie, creano dissapori lunghi anche anni, e nei peggiori dei casi, possono persino portare a vere e proprie tragedie. Quel che aspetta ai protagonisti di Until Dawn, esclusiva PS4 in arrivo il 26 agosto, trascende però ogni umana conseguenza e punizione.
Tutto ha inizio durante una scampagnata tra amici nello chalet di montagna della famiglia Washington: un brutto scherzo giocato ad Hannah, uno dei membri della facoltosa famiglia, porta ad un’imprevedibile (e fatale) conseguenza, nella quale viene coinvolta, suo malgrado, anche la gemella Beth. Uno scherzo dello stesso destino, probabilmente, visti i segnali che sin dalla sequenza introduttiva, preceduta da una sigla in stile serial TV (che insieme ai recap alla “negli episodi precedenti” ribadiranno le velleità cinematografiche del titolo), sono stati disseminati dagli sviluppatori per trarvi in inganno, per alimentare i vostri sospetti, forse anche per farvi credere erroneamente di avere la situazione (e la soluzione) in pugno.
Il distrutto Josh, il fratello delle due vittime, per commemorare ed esorcizzare i tragici eventi che hanno colpito la sua famiglia, decide di invitare esattamente un anno dopo quell’infausta data, esattamente su quella montagna maledetta, quello stesso esatto gruppo di amici, colpevoli indiretti della scomparsa delle sue sorelle. Una montagna spettrale, pazzesca dal punto di vista tecnico come tutto il gioco, merito del prodigioso motore grafico di Killzone, che in cambio di un framerate al momento instabile (problema noto al team, il quale si sta concentrando sulla risoluzione, ci è stato assicurato) e qualche sporadico glitch, ripaga con un impatto grafico, soprattutto per quanto riguarda i volti dei protagonisti, semplicemente incredibile. E non è un dettaglio da sottovalutare, visto che la precisione nella realizzazione delle loro espressioni, merito dell’avanzatissima tecnologia di motion capture e delle sublimi e realistiche animazioni facciali, garantisce al giocatore quell’immersione a cui un prodotto che vuole avere il piede in due scarpe (come Until Dawn) deve ambire.
La missione del team prende la forma di un intrigante ibrido: da una parte, vuole essere un film horror (interattivo) dalle classiche tinte a stelle e strisce, brutale, non troppo psicologico, e con qualche elemento sovrannaturale che non guasta mai, tra tavole Ouija, maledizioni indiane e il classico gioco del gatto col topo tra killer spietato e studenti americani in piena tempesta ormonale che rispettano ogni cliché del genere. Strutturalmente e tecnicamente è invece un’avventura simile a quelle di Telltale (Walking Dead, Wolf Among Us, Game of Thrones etc), una versione moderna e più “movimentata” delle vecchie avventure punta e clicca con tanto di movimenti volutamente rigidi e macchinosi, e nessun inventario. Si passa da uno degli 8 personaggi all’altro con disinvoltura, seguendo il filo conduttore della trama, che li vede impegnati con uno (uno? ndr) psicopatico (non entriamo troppo nei dettagli, ma la vendetta sarà un tema ricorrente), e li si muove liberamente nelle ambientazioni, da esplorare a caccia di indizi ed elementi con i quali interagire (segnalati da fioche luci divorate dall’oscurità perenne).
Grande importanza viene data ai Quick Time Event, molti dei quali a tempo, ai quali sono legati delle scelte e delle reazioni a breve e lungo termine, che oltre ad avere un impatto sulla narrazione, influenzeranno i rapporti tra gli 8 protagonisti, ognuno dotato di una personalità propria e di affinità (consultabili dal menu) con gli altri compagni di sventura. Inutile dire che il team farà di tutto per farvi odiare ed amare alcuni di loro, rendendo spesso fin troppo semplice le decisioni che arrecheranno disgrazie e disturbi alle antitesi dei vostri beniamini, in piena tradizione cinematografica (c’è la bambolina antipatica, il macho mascellone, il nerd simpatico e così via). Ma avrete il coraggio di peggiorare la loro triste condizione?
La loro disperazione, fissata su ogni primo piano, e su ogni fotogramma, è dovuta al loro ritrovarsi ancora una volta in un terribile sogno andato storto, in una prigione di cristallo impreziosita dalla poesia di una foresta immersa nel buio più totale, che può regalare una splendida vacanza immersi nella natura e senza influenze dal mondo esterno, così come un incubo ad occhi aperti lungo una notte, alcune ore “prima dell’alba” che sembra però durare un’eternità.
E se… e se quello scherzo fosse stato solo un contrattempo all’interno di un piano più vasto e sadico? E se il triste destino di quelle quattro coppie di ragazzi fosse in realtà già stato scritto col sangue sulla candida neve che, incessante, si ostina a coprire i dintorni della baita in cui hanno deciso di passare una notte che, almeno i più fortunati, non dimenticheranno mai?
Durante la vostra “partita” (se proprio vogliamo usare un termine che sta un po’ stretto al gioco di Supermassive Games) vi ritroverete non poche volte a domandarvi “e se…?”: colpa, anzi, merito, delle numerose scelte, infime e gigantesche, innocue e fatali, che il team di Guildford, precedentemente conosciuto per conversioni e, dispiace dirlo, soprattutto alla luce della loro nuova ed importante fatica, robetta, tra Move e PSVita, metterà a vostra disposizione. Il loro sottile gioco psicologico, al pari di un aguzzino tipico dei film ai quali si sono ispirati per il loro Until Dawn, prende varie, diaboliche forme: in primis ci sono i totem, manufatti che richiamano costantemente i legami che quel roccioso lembo di terra ha con gli Indiani d’America. E lo sappiamo tutti cosa succede quando c’è un cimitero indiano di mezzo…
Queste oscure reliquie, di vari colori, non saranno un semplice collezionabile: portano infatti con sé dei presagi, delle visioni dal futuro, prossimo o remoto, che daranno al giocatore la sensazione di controllare il destino degli 8 protagonisti. Un pericolo da sventare, o perché no, da rendere ancor più disastroso; un suggerimento su come comportarsi, da seguire oppure ignorare totalmente; un evento nefasto che difficilmente potrà essere evitato, un reminder del proprio fallimento che potrebbe pendere la forma della morte di uno dei protagonisti, tutti sacrificabili, e probabilmente tutti salvabili. Non possiamo e non vogliamo svelarvi nello specifico come questi presagi influenzeranno la vostra esperienza, essendo Until Dawn legato a doppio filo alle scelte multiple del giocatore tanto sotto forma di Quick Time Event il più delle volte a tempo, quanto di semplice approccio all’esplorazione (seguire le richieste del gioco stesso, oppure esplorare liberamente ed attivare un altro ciclo di eventi?). C’è però la teoria dell’Effetto Farfalla, già menzionata nella nostra precedente anteprima risalente all’E3, a chiarire quanto impatto avrà il giocatore sulla trama, e dalla lunga prova che ha coperto i primi 4 capito li dell’avventura, la prima impressione è che, salvo alcuni eventi chiave, la nostra influenza scatenerà reazioni a volte imprevedibili (soprattutto per l’effetto a lungo termine di alcune decisioni).
Questo fattore, forse uno dei più importanti per un titolo così story-driven, verrà però debitamente analizzato in fase di recensione: ci è stato impossibile ripetere il lungo playthrough una seconda volta, ma confrontandoci con altri colleghi presenti, è stato piacevole scoprire quante diverse sfumature e quanti eventi del tutto differenti si sono verificati anche in seguito a delle scelte apparentemente minime. Nulla però in grado di stravolgere l’evoluzione della narrazione, ed è lì che Supermassive Games dovrà mostrare i muscoli.
L’elemento che più di tutti ci ha incuriosito (e tormentato) è però il Dr. Hill, interpretato dal bravissimo ed inquietante Peter Stormare, attore svedese dalla filmografia sconfinata (da Constantine a The Million Dollar Hotel, passando per il nostrano Educazione Siberiana, Chocolat, e Il Grande Lebowski). Tra un capitolo e l’altro, l’analista con le sembianze del noto attore ci sottoporrà dei test psico-attitudinali, le cui risposte sembrano avere una qualche influenza, seppur apparentemente lieve, nell’avventura principale (la nostra aracnofobia per nulla nascosta al dottore ha casualmente portato qualche ragnetto di troppo sul “set”: un caso?), decisamente più marcata, invece, nei successivi interrogatori, con lo studio che cambia e assume via via i connotati di una prigione gestita da uno psicopatico, ed elementi d’arredo sempre più ripugnanti e disturbanti. Abbiamo già in mente qualche ipotesi sul suo ruolo all’interno della narrazione, ma custodiremo gelosamente le nostre speculazioni fino a che non potremo mettere le mani sul codice completo. Peccato per il doppiaggio italiano, nel suo e in altri casi non all’altezza dell’originale, che stempera un po’ l’efficacia degli incredibili movimenti della sua bocca e della sua lingua “biforcuta”.
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Non possiamo che ritenerci soddisfatti delle tre ore passate con Until Dawn, ma sono ancora tanti i quesiti, ai quali risponderemo in fase di recensione, che la curiosa opera di Supermassive Games porta con sé: il bilanciamento generale tra “gioco” e “film”, una delle chimere del “genere”, promette di essere uno dei suoi punti di forza, nonostante il ritmo estremamente lento e dilatato dei primi tre capitoli (ma il quarto capitolo, che si è concluso con l’elettrizzante scena – almeno per noi – finale di “Saw-iana” memoria, con molta probabilità uno degli eventi impossibili da evitare, dà il via alla danze). Una lentezza che però contribuisce alla morbosità dell’atmosfera, condita da jump scare che ci hanno tolto qualche anno di vita (nonostante la prevedibilità, lo ammettiamo, chi vi scrive è un po’ un fifone ndr), arricchita da un dosaggio preciso alla goccia di azione estremamente minimale, evoluzione della trama e momenti adrenalinici.
Le tre ore, di certo non così innovative, né tanto meno trainate da una trama originale, ci hanno però lasciato con l’acquolina in bocca, ed è sicuramente un punto a favore: come andrà a finire la notte eterna degli 8 protagonisti? Chi ha messo lì quei totem ad indicarci la via? Quanto controllo avremo sull’effetto farfalla, che come una “mappa” potremo arricchire con nuovi sentieri decisionali, e verso dove ci condurranno questi sentieri? Non vediamo l’ora di ottenere le risposte a queste domande, giocando Until Dawn tutto d’un fiato, “fino all’alba”.
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