Los Angeles. Quando i Dontnod hanno annunciato che il loro prossimo titolo sarebbe stato un gioco di ruolo estremamente dark, ambientato in una Londara vittoriana e con protagonista un vampiro in molti si sono chiesti se gli sviluppatori di Life is Strange fossero del tutto nel pieno delle loro facoltà. Del resto Life is Strange non è stato solo un incredibile successo di critica, ma ha trovato anche una buona accoglienza tra il pubblico che ha apprezzato non solo i personaggi incredibili creati dal team francese, ma anche lo stile così peculiare di narrazione, vicino alle avventure grafiche, ma senza quella rigidità e lentezza tipica del genere. In mondi si sarebbero aspettati un sequel (che molto probabilmente prima o poi arriverà) o un progetto quanto meno simile, ma i ragazzi di Dontnod sono abituati alle sfide e così dopo un action innovativo (Remember Me) e un’avventura molto originale (Life is Strange), è ora la volta di un gioco di ruolo (Vampyr), che però abbiamo scoperto non essere poi così diverso dall’avventura di Max Caulfield e Chloe Price.
La presentazione a cui abbiamo assistito ci ha mostrato Jonathan Reid in azione: il protagonista di Vampyr è un dottore che vive a Londra durante l’epoca vittoriana (1918, per la precisione): la città è flagellata dall’influenza spagnola e il nostro Jonathan si ritrova ad essere qualcosa che avrebbe mai pensato potesse esistere, un vampiro. Gli sviluppatori stessi ci hanno spiegato durante l’intervista come Jonathan sia un personaggio combattuto da sentimenti contrastanti: è sempre stato fedele alla scienza, ma ora devi avere a che fare col vampirismo che lo porta ad altri dubbi morali ben più dilanianti. In quanto vampiro infatti Jonathan dovrà costantemente decidere di chi nutrirsi: chi merita di morire e chi è lui per deciderlo?
Dubbi morali di questa leva li abbiamo proprio apprezzati in Life is Strange e improvvisamente i due titoli non sono più così distanti. Anche il modo in cui Jonathan esplora la città e cerca di conoscere i suoi abitanti aveva un non so che di familiare, mentre quel che è completamente inedito è il sistema di combattimento. Jonathan dovrà infatti vedersela sia con alcuni cacciatori di vampiri che con altri membri della sua specie, molto diversi tra loro (ci è stato detto). Essere un vampiro per il nostro protagonista comporta sia una responsabilità che si tramuta subito in un peso (il dilemma su come nutrirsi), ma offre anche dei benefici, come tutta una serie di poteri che può usare sia in combattimento che durante i dialoghi. Gli scontri sembrano offrire una buona dose di varietà di approccio, tra armi bianche, armi da fuoco e poteri paranormali. Il più usato tra questi è una sorta di schivata che permette di materializzarsi velocemente in un punto vicino, utile sia per evitare di incontrare dei nemici, che per sorprenderli durante i combattimenti.
Dai nemici potrete anche raccogliere del sangue, ma non loro non saranno la vostra unica fonte di nutrimento: il resto della Londra esplorabile (suddivsa in aree in quarantena per la febbre spagnola) e i suoi cittadini sono a vostra disposizione. Ma a differenza di Life is Strange non potrete tornare indietro nel tempo, quindi prima di decidere da chi cibarvi dovrete sempre fare molta attenzione, valutando l’impatto che la morte di quel personaggio avrà sui suoi cari e sugli altri abitanti. In una sequenza mostrata, Jonathan decide di cibarsi di una persona poco piacevole, salvo poi però scorprire che era comunque un padre e ora quel bambino rimarrà solo, obbligandovi ad intervenire per trovare una soluzione.
Per evitare situazioni come questa è quindi necessario sfruttare i poteri da vampiro, analizzare i cittadini, studiare le loro routine e le loro relazioni prima di procedere alla cena meritata. Il giocatore sarà quindi costantemente combattuto tra un bottino facile (il sangue degli abitanti che fornisce moltissima esperienza) e il sangue ottenuto dalla lotta (sudato, letteralmente, ma che dà meno esperienza). La quantità di cittadini aiutati e/o uccisi infine influenzerà anche il livello di stato di benessere del quartiere, che da prospero e sereno può velocemente trasformarsi in un incubo popolato da strane creature e piagato da malattia e povertà. Starà a noi quindi gestire la città, bilanciando sempre l’aiuto che riusciamo a dare e il sangue che dovremo necessariamente riscuotere.
Piuttosto che una totale svolta rispetto a Life is Strange, Vampyr ne sembra un’evoluzione
Piuttosto che una totale svolta rispetto a Life is Strange, Vampyr ne sembra un’evoluzione: un progetto più complesso, più ricco e dotato di un sistema di combattimento forse non rivoluzionario (alla fine si presenta come un action nella norma), ma capace comunque di offrire una sfida e proporre a livello di gioco un dilemma interiore che ci accompagnerà lungo tutta l’avventura. Della storia ovviamente non si è quasi parlato: gli sviluppatori si sono trincerati dietro battute come “il principale nemico di Jonathan è il suo lato oscuro”, ma siamo sicuri che Vampyr da questo di vista non ci deluderà. Purtroppo non abbiamo alcun inidizio sull’uscita su PlayStation 4, Xbox One e PC, se non un generico 2017: i presupposti per un successo pari a quello di Life is Strange ci sono, ora non ci resta che aspettare.
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