Negli ultimi anni l’industria “indie” ci ha regalato moltissime perle che si sono distinte per la loro direzione artistica, per le magiche ambientazioni in cui ci hanno portato o per il fantastico level design. Quando Vane si è mostrato un paio di anni fa alla PlayStation Experience con un trailer a dir poco evocativo, i paragoni non sono mancati: molti hanno pensato che sarebbe stato il prossimo Journey, probabilmente per via del meraviglioso deserto che presentava, altri hanno paragonato la colonna sonora a quella di Furi, mentre altri ancora hanno visto nel suo stile un chiaro richiamo a ICO (e in effetti lo zampino di un paio di membri del Team ICO c’è).
La triste verità è che sebbene Vane abbia alcune caratteristiche valide, che possono anche ricordare alcuni fantastici giochi passati, non si avvicina neanche lontanamente al loro splendore. Più che Vane, il prodotto di Friend or Foe Games finisce per essere Vain: vuoto, vano ed anche vanitoso, cercando di mascherare le lacune di gameplay e contenuti con tonnellate di make-up.
Dopo 10 minuti, però, il trucco si scioglie e ci si rende conto di quanto la top model che avevamo davanti non sia effettivamente in grado di mettere due parole in croce. Una gigantesca, terribile, delusione.
L’inizio di Vane è, a tutti gli effetti, fantastico. Il giocatore si ritrova catapultato in una tempesta apocalittica, tra fulmini, sabbia vorticante e detriti volanti in ogni direzione: l’illuminazione e la colonna sonora rendono il tutto ancora più suggestivo e per un momento siamo convinti di trovarci davanti a un capolavoro. Poi la tempesta passa, ci ritroviamo nei panni di un uccello in mezzo al deserto e i difetti cominciano ad emergere uno dopo l’altro.
L’incontrollabilità della telecamera è la prima cosa che dà fastidio. Tralasciando che è possibile invertire solo l’asse Y e non l’asse X, la telecamera fa un po’ quel che le pare, come avvicinarsi all’ala in determinati momenti solo per farti vedere quanto sono belle le penne in movimento compromettendo il campo visivo, perché ovviamente non è importante avere la miglior visuale possibile mentre state cercando qualcosa in un deserto tutto uguale. La cosa peggiora quando più avanti ci si addentra in luoghi chiusi, dove la telecamera è più libera ma i muri e gli oggetti si mettono di mezzo ostacolando la vista del personaggio. Spesso muovendo la telecamera è anche possibile vedere attraverso le superfici, come nei vecchi giochi PS1.
Vane è un inno alla vanità: un bellissimo palcoscenico, costruito per raccontare il nulla
Anche i personaggi, o meglio le due forme del protagonista – bambino e uccello – sono alquanto incontrollabili. Molte volte far aggrappare l’uccello a un appiglio è un incubo: questo infatti resta spesso sospeso praticamente immobile a un millimetro da dove vorreste farlo atterrare, continuando ad andare avanti con la pura forza della metafisica. Il bambino ha invece una precisione nel salto imbarazzante; bisogna dire che fortunatamente non gli è richiesto di compiere chissà quali imprese da platform, ma quelle poche volte che serve è davvero fastidioso.
Ma in cosa consiste in pratica il gameplay di Vane? Come abbiamo accennato, il protagonista è in grado di assumere due forme, di bambino e di uccello. Per trasformarsi in uccello basta lanciarsi nel vuoto (anche da mezzo metro), mentre per tornare bambino è necessario trovare una strana sostanza dorata (unite ai problemi dei controlli e capite già dove sta il problema, vero?). Ovviamente il gioco è basato sul risolvere puzzle passando da una forma all’altra, giusto? Sì, circa un capitolo e mezzo su quattro, dove il mezzo serve solo per esplorare la zona e trovare il punto in cui si deve effettivamente risolvere il puzzle.
C’è qualcosa che si salva in questo gioco? Sì: la direzione artistica
C’è però da dire che la seconda meccanica che incontriamo nel gioco, che trasforma il mondo circostante con una specie di manipolazione dello spazio-tempo è davvero affascinante. Peccato che anch’essa non manchi di bug che ci hanno costretti a tornare indietro varie volte, come quando siamo caduti attraverso una scala perfettamente formata, e anche che i bambini che dovrebbero aiutare nello spostare e far funzionare la mistica palla dorata con questo potere hanno gli stessi tempi di reazione della mia nonna ultra-novantenne.
C’è qualcosa che si salva in questo gioco? Sì: la direzione artistica. Una colonna sonora meravigliosa, uno stile grafico affascinante e un finale ad effetto che dona un minimo significato al nostro girovagare senza apparente motivo per 4 ore.
Vane è un inno alla vanità: un bellissimo palcoscenico costruito per raccontare il nulla. Friend or Foe Games cerca di costruire un mondo affascinante e renderlo magico con uno stile grafico unico e una colonna sonora davvero bellissima, ma si perde in un bicchiere d’acqua quando si passa al gameplay. L’incontrollabilità della telecamera e dei personaggi rendono tutta l’esperienza estremamente frustrante. Esperienza che, tra l’altro, non è neanche poi così divertente di per sé: infatti il level design raramente regala puzzle interessanti, sprecando completamente le meccaniche che avrebbero invece potuto fare la differenza se sfruttate in modo più intelligente. Un’enorme occasione sprecata, che lascia solo amaro in bocca e il vago ricordo di una meravigliosa tempesta di sabbia nel deserto. |
Commenti