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Editoriale 10 Dic 2024

Vent’anni di Nintendo DS, la console che ha osato più di tutte – Editoriale

Nintendo Difference, Nintendo Difference ovunque

Il Nintendo DS in questi giorni ha ufficialmente spento venti candeline. Sono passati due decenni da quel 21 novembre del 2004, quando debuttò ufficialmente la seconda console più venduta della storia, capace di piazzare quasi 155 milioni di esemplari in tutto il mondo, un successo strepitoso che nessuno aveva previsto, soprattutto considerando le specifiche tecniche di PSP, ben più performanti, piattaforma che a detta di molti avrebbe sottratto alla Grande N il dominio degli handheld.

Del resto, prima di quella fortunata ed emozionante era videoludica, nessuno si era spinto tanto oltre in termini di feature legate all’hardware di una console, né si era mai spostato l’accento così spiccatamente sul gameplay, tralasciando le pure prestazioni. Era difficile, insomma, sul tramonto di quel 2004, scommettere su quello che veniva già identificato come un outsider, un device che avrebbe indiscutibilmente fatto la gioia dei fan di Super Mario, ma che avrebbe lasciato piuttosto indifferente il grande pubblico, desideroso, nelle previsioni di molti, di approcciarsi anche in portabilità alle stesse produzioni di stampo cinematografico e dai toni maturi che avevano fatto la fortuna delle prime PlayStation.

I numeri, ma anche il sentire comune dell’epoca, raccontano un’altra storia. Perché se è vero che la piccola di casa Sony seppe farsi rispettare e rappresentò una valvola di sfogo per alcuni team particolarmente creativi, Patapon e LocoRoco ne sono due esempi piuttosto lampanti in questo senso, l’indiscusso vincitore di quella generazione di console fu il Nintendo DS, araldo di una Nintendo Difference che se fino a quel momento aveva raccolto molto meno di quanto meritasse, con il Game Cube non andò benissimo, con il portatile dotato di due schermi seppe far combaciare originalità e successo commerciale.

Oggi le immagini di Nintendogs sembrano estremamente povere tecnicamente, ma all’epoca riuscivano a restituire un barlume di realismo

Tutto era già palese con Nintendogs. Puccioso passatempo dal divertimento evanescente per molti, autentico manifesto di quello che sarebbe stato da lì in poi il Nintendo DS che, prima e meglio del diretto concorrente, anche per merito di un’esperienza maturata grazie a Game Boy e Game Boy Advance, seppe dare forma concreta a cosa cercasse il pubblico in una console portatile. Che non era di certo l’effetto cinema garantito dalle PlayStation domestiche, quanto esperienze immediate, persino contenute purché inedite e a loro modo bizzarre.

Nintendogs era tutto questo. Ereditava la struttura dal Tamagotchi, ne eliminava l’aspetto più macabro, rendeva il tutto ancora più empatico grazie ad una buona grafica e, soprattutto, all’illusione del contatto, del rapporto emotivo con un mucchio di poligoni che in qualche modo poteva anche diventare fisico. Si poteva richiamare l’attenzione del cucciolo sullo schermo con la propria voce e tramite pennino ci si poteva prendere cura di lui in vari modi. Immediato, alla portata di chiunque, relativamente mai visto. Ben più del Tamagotchi, Nintendogs seppe diventare un titolo trasversale, capace di fare la gioia di bambini e adulti proprio a fronte della maggior complessità e capacità di interazione con il mondo digitale.

Si trattò del primissimo tassello di una strategia ben più ampia, una strategia che tra l’altro non escludeva produzioni di stampo estremamente differente, già dal giorno del lancio della console. Super Mario 64 DS, difatti, era lì per ribadire che Nintendo DS non voleva dimenticarsi, né non sarebbe stata in grado di supportare e proporre esperienze più classiche, rivolte ai videogiocatori di lungo corso che volevano pur sempre godersi in formato portatile le avventure a cui la Grande N li aveva abituati nel tempo.

Più di ogni altra cosa, Nintendo DS è stata la console di tutti e per tutti

Da questo punto di vista, gli esempi si sprecano, grazie anche al copioso coinvolgimento delle terze parti, un tasto divenuto dolente ai tempi del Nintendo 64. Affianco ai vari The Legend of Zelda, Super Mario in ogni salsa, persino Metroid e Star Fox, pullulavano i Final Fantasy, i Dragon Quest, persino gli Assassin’s Creed e i Call of Duty, pur con risultati altalenanti e non sempre all’altezza delle aspettative.

Anche nelle sue forme più classiche, il videogioco in formato Nintendo DS non fu mai banale. The Legend of Zelda: Phantom Hourglass stimolava a scrivere sul touch-screen i propri appunti, a soffiare sulla console, a disegnare letteralmente i fendenti di Link. Final Fantasy, dal canto suo, non lesinò sulla sperimentazione, tra remake, cambi di genere, come accadde con lo strategico a turni Final Fantasy XII Revenant Wings, e la pura sperimentazione, si prenda come esempio il bizzarro e teneroso Final Fantasy Fables: Chocobo Tales. Anche quelle che potremmo definire trasposizioni dei vari Call of Duty e FIFA, pur con le dovute distanze e differenze rispetto alle versioni per le console casalinghe del tempo, cercavano di sfruttare intelligentemente touch-screen e doppio schermo.

Le stesse performance relativamente contenute di Nintendo DS giocarono a favore dell’accrescimento della libreria software. Sviluppare sulla console della Grande N era semplice, non richiedeva enormi quantità di denaro o di tempo. Due esempi in questo senso. Da una parte la trilogia di Castlevania, composta da Dawn of Sorrow, Portrait of Ruin e Order of Ecclesia, pubblicati tra il 2005 e il 2008, con un’alternanza tra un sequel e l’altro paragonabile a quella dei bei tempi della prima PlayStation. Dall’altra potremmo citare il curioso caso di Dementium: The Ward, FPS dalle tinte horror del 2007. Gli esordienti Renegade Kids, potendo contare su un budget assolutamente contenuto, tirarono fuori il meglio possibile dall’hardware di Nintendo DS, con risultati sbalorditivi bissati da Moon, la loro seconda creatura ancora più convincente sul profilo prettamente grafico.

Indubbiamente il Nintendo DS Lite diede ulteriore slancio alla console, a fronte di un design davvero elegantissimo

Va da sé, tuttavia, che ricordiamo con tanto affetto il Nintendo DS per tutta una lunga serie di altri software. Senza per forza di cose soffermarsi più del dovuto su Brain Training del Dr. Kawashima, fenomeno di massa che dimostrò come la definizione di videogioco necessitasse di una pronta revisione, ce ne sarebbero tantissimi altri da citare. La Guida In Cucina: Che si Mangia Oggi?, quando ancora gli smartphone non erano così diffusi come oggi, mise in chiaro come una console potesse avere anche usi pratici e utili nella vita di tutti i giorni. Impara con i Pokémon: avventura tra i tasti, venduto in bundle con una pratica tastiera Bluetooth, utilizzava le creature di Game Freak per insegnare a scrivere velocemente al PC. Prova del 10: Avventure nel mondo della Matematica, dal canto suo, forniva le basi dell’aritmetica, immergendo il videogiocatore in un mondo artisticamente vibrante e coinvolgendolo in una narrazione estremamente fantasiosa.

Che dire, poi, di quello che il Nintendo DS seppe fare con la musica? Electroplankton fu un esperimento unico nel suo genere, che consentiva agli utenti di creare evanescenti motivetti utilizzando delle creature marine e altri elementi dello scenario per generarli. Elite Beat Agents fondeva gameplay e narrazione, adeguando l’andamento della trama alle prestazioni del videogiocatore. Guitar Hero: On Tour era venduto in coppia con una periferica da inserire nello slot destinato ai giochi del Game Boy Advance, provvisto di tasti da premere in maniera del tutto simile a quanto accadeva con la classica chitarra del brand nelle edizioni del gioco per console domestiche.

Non va poi assolutamente dimenticata l’attenzione che la softeca del portatile dedicò al pubblico di giovani e giovanissimi. Cooking Mama è riuscito a vendere sia tra i bambini che tra i più adulti. La serie Giulia Passione, fonte di infiniti meme all’epoca, meriterebbe una consistente rivalutazione visto l’enorme successo avuto e il numero incredibile di iterazioni proposte sul mercato.

Più di ogni altra cosa, Nintendo DS è stata la console di tutti e per tutti. L’hanno comprata i videogiocatori più navigati, quelli di primo pelo, tantissimi che fino a quel momento non avevano mai stretto un pad tra le mani.  Dalle produzioni che proponevano meccaniche complesse, ai generi più disparati, passando per esperienze più leggere, il portatile della Grande N aveva il gioco adatto a qualsiasi palato.

Nintendo DS resta un caso unico nella storia dei videogiochi

Eppure, a distanza di vent’anni, se conserviamo un ricordo speciale di Nintendo DS, lo si deve proprio all’energia creativa e innovativa che immise nel mercato. Non è del tutto un caso se, due anni dopo, l’azienda di Kyoto lanciò Nintendo Wii già più consapevole delle sue potenzialità in termini commerciali, premendo ulteriormente l’acceleratore su quella Nintendo Difference che, purtroppo, già una generazione di console dopo, con Nintendo 3DS e Wii U, si era ampiamente affievolita.

Nintendo DS resta un caso unico nella storia dei videogiochi, un successo che va ben oltre i dati vendita, un traino per tutta l’industria che, per la prima volta nella sua storia, seppe guardare realmente al di là di quelli che sembravano essere i suoi confini di pubblico di riferimento e di idee. E anche per questo, vale la pena ringraziare calorosamente la piccola console a due schermi giapponese.

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