Los Angeles – Tra le riproduzioni di Vault e stanze vittoriane, l’Incredibile Hulk in versione LEGO e tante altre amenità (in senso positivo, sia chiaro), c’era anche un piccolo stand nell’affollatissimo Convention Center, con una quindicina di postazioni tutte compatte, ma non per questo meno interessanti di quelle posizionate presso i booth di titoli più blasonati ed affermati. La missione di Versus Evil, publisher texano attivo da pochissimo tempo (poco più di due anni), trascende però le dimensioni contenute del suo piccolo “tempio”: fondato da un veterano dell’industry, l’ex-Bethesda Steve Escalante, intende offrire agli indie più meritevoli lo spazio che meritano, in un mare sempre più pieno di pesci di ogni dimensione. Vi basti sapere che la loro prima scommessa vedeva come protagonista un terzetto, anch’esso texano, composto anch’esso da veterani dell’industry, che al caldo mostruoso del sud degli USA preferiva le fredde lande nordiche: parliamo di Stoic Studio e del suo The Banner Saga, new entry dello scorso anno che avrete sicuramente visto nelle Top 10 di fine anno di tante testate, riconoscimenti meritati per il valore indubbio di una delle sorprese più piacevoli del 2014.
Con l’E3 di quest’anno, il publisher ha mostrato ulteriormente i denti, portando con sé ben 6 titoli, tra i quali figurano anche un certo Afro Samurai 2, precedentemente in mano a Namco, segno che le loro scommesse hanno e stanno portando i loro frutti. Eccovi un resoconto di quel che abbiamo provato, tra titoli riusciti, altri decisamente meno, tutti però accomunati da una certa originalità e personalità di fondo.
The Banner Saga 2
Parte di una trilogia, la gemma di Stoic fu un vero fulmine a ciel sereno, uscito dal nulla più completo: offriva un combat system profondo ed appagante che pescava a piene mani da un capolavoro come Final Fantasy Tactics, un design ispiratissimo ed una trama avvolgente, plasmata per davvero dalle scelte compiute dal giocatore, proposte prima di ogni singolo gesto, da un semplice rumore percepito durante il “trekking” (automatico) da un villaggio all’altro (ignorare una potenziale minaccia e rischiare di ritrovarsi in un’imboscata l’indomani, o tentare di stanarla nonostante l’inferiorità numerica?) a decisioni più drastiche che andavano ad influenzare il party stesso. Il secondo capitolo si presenta in maniera molto familiare per chi viene dal primo (e dato che potrete importare il vostro savegame, non dovrete averlo necessariamente giocato, ma sicuramente vi permetterà di cogliere ogni sfumatura di questo nuovo episodio), ambientato poco dopo il finale. Evitiamo spoiler, ma abbiamo potuto provare due possibili “scenari”, per un breve playthrough che ha messo in mostra delle prime, gradite novità: i combattimenti ci sono parsi sin da subito più vivi, scenografici e complessi, con dialoghi tra un turno e l’altro, e nuovi nemici, sempre facenti parte della misteriosa razza dei “Dredge”, che hanno sistematicamente fatto la loro comparsa proprio sul più bello, quando la vittoria sembrava ormai in pugno. Prima i Dredge Skullkers, simili a lupi, affamati e letali, visibili soltanto per qualche secondo durante gli spostamenti sulla “scacchiera” di combattimento, e un’unita simile ad uno sciamano, che rendeva quasi invincibili i suoi alleati, ma che una volta ucciso ci avrebbe garantito la vittoria. Come impostare il combattimento? Eliminare un nemico alla volta, o tentare di colpire da subito il più forte? Una delle tante scelte che non si limiteranno più alle sole fasi “gestionali/narrative”, ma che diventeranno più importanti nell’economia degli scontri. Presenti poi nuove classi e nuovi comprimari, ma non mancano meccaniche e volti noti, anche se, al varco, è chiaramente attesa l’intricata trama più di ogni altra cosa, e per quella non si può che attendere l’uscita.
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Skyshine’s BEDLAM
Altra sorpresa inattesa, un po’ come fu al tempo The Banner Saga, è questo BEDLAM del team Skyshine, che col titolo degli Stoic condivide più di un elemento: a partire dalla natura del team, piccolo ma dalle grandi ambizioni e composto da veterani dell’industry (seppur non dal portfolio così pregiato come quello dei texani), al motore di gioco, lo stesso, passando per le meccaniche di base. Ma la generazione procedurale lo rende molto meno attaccato alla narrazione e all’atmosfera, diametralmente opposta rispetto a quella a base di vikinghi e terre del nord, e molto più al gameplay, tanto nell’esplorazione della mappa di gioco che nei combattimenti, similissimi in tutto e per tutto a Banner Saga ma lievemente più liberi (due mosse per ogni turno, per muoversi o attaccare, o le barre dell’armatura e della vita). C’è ancora una carovana, ma questa volta prende le sembianze di un blindato sperduto in un deserto post-apocalittico che deve raggiungere il lato opposto di una landa spartita tra varie fazioni, piena di nemici ed insidie, gran parte delle quali casuali, con eventi (a dir la verità ancora un po’ simili tra loro, sperando che nella versione definitiva ci sia molta più varietà) influenzati da ogni decisione affidata al giocatore, che deve tener conto della salute delle unità di civili e combattenti che stiamo trasportando. E ci sono gli agenti atmosferici, tra nubi tossiche o di cenere che influenzeranno gli scontri, con campi di battaglia disseminati di difese, carburante e cibo, ma anche di pallottole nemiche. C’è anche la permadeath, bastarda quanto quella di XCOM, ma alleggerita dal loop continuo di morti e di nuovi arrivati, che vivranno abbastanza da poter diventare più potenti (eseguendo due attacchi in una stessa battaglia) ma non da potersi affezionare a loro.
L’estrema velocità degli incontri (tanto quelli pre-calcolati che quelli casuali), degli scontri, del passaggio da un punto di interesse all’altro (contrassegnato da un punto esclamativo sulla mappa), ma anche l’atmosfera schizzata ed esagerata, con nemici ripugnanti, scherzi della natura frutto dell’esagerata esposizione alle radiazioni, e una desolazione generale che rende ogni briciola di cibo fondamentale per la sopravvivenza, lo rendono un titolo davvero promettente: derivativo, ma con quel pizzico di personalità malata che fa chiudere un occhio sulle somiglianze e i tributi. Ne parleremo sicuramente in futuro, quindi stay tuned.
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