Virginia – Recensione

Cinema e videogiochi vengono sempre più frequentemente accostati tra loro, ma forse mai come in questo caso i due mondi si intersecano per formare un ibrido che non è né l’uno né l’altro. Virginia è un videogioco. No, Virginia è un film. Uhm, quasi: Virginia è un film interattivo. Nemmeno, Virginia è qualcosa di unico, nel bene e nel male, qualcosa che per ora è difficile da associare ad un genere.

Giochi come Gone Home, Firewatch, Dear Esther, ma soprattutto Fragments of Him, sono senz’altro molto vicini a Virginia, ma il titolo di 505 Games va oltre, in alcuni casi quasi ad indispettire il videogiocatore… Potreste innamorarvi così come potreste odiarlo, ma difficilmente Virginia vi lascerà indifferenti. Proveremo a spiegarvi il perché.

Vestiremo i panni di Anne Tarver, neo agente dell’FBI a cui viene affidato il suo primo caso: investigare sulla scomparsa di un ragazzo. Non sarà da sola, ma verrà affiancata da Maria Ortega, agente che a quanto pare nasconde più di un segreto, visto che il nostro capo ci chiederà allo stesso tempo proprio di indagare anche su di lei. Insomma, come primo (duplice) caso non si prospetta proprio come una passeggiata, e proseguendo nell’avventura vi renderete conto quanto nella vita sia difficile trovare il giusto equilibrio tra “dovere e piacere”, tra quello che si deve fare e quello che è giusto fare. Non riteniamo giusto raccontarvi altro della trama, anche perché la snocciolerete (almeno in superficie) all’incirca in un paio di ore.

Due ore molto intense, accompagnate da una colonna sonora da Oscar, che però potrebbero lasciarvi interdetti in più di un’occasione, e per più di qualche motivo. Virginia non si avvicina al mondo del cinema, ma sfonda quella barriera che lo separa da quello dei videogiochi, ed in alcuni momenti quello che ci troveremo a “giocare”, sarà proprio un film. Come nei giochi citati poco sopra, vivremo il tutto con una visuale in prima persona; potremo esplorare ciò che ci circonda ma, attenzione, solo fino ad un certo punto. Eh sì, perché ci capiterà che mentre camminiamo o mentre stiamo per fare qualcosa, ciak, taglio, scena successiva. Così, senza alcun preavviso, senza minimamente aspettarcelo. In alcuni momenti non avremo la possibilità di scegliere cosa fare, potremo camminare ed esplorare, ma non saranno le nostre azioni ad incidere sugli eventi, a determinare quando è ora di “andare avanti” nell’avventura.

La prima volta la cosa ci ha spiazzato, in un certo senso piacevolmente. Ma all’ennesima volta, avvenuta proprio quando stavamo girando in cerca di indizi, di qualcosa che potesse farci comprendere meglio cosa fosse successo o semplicemente il contesto in cui ci trovavamo, questo “taglio” ci ha in parte urtato. Non ve lo abbiamo detto precedentemente, ma in Virginia non ci sono dialoghi. Questo non significa che non ci sia comunicazione tra i personaggi, anzi, dimostra come i gesti possano comunicare più delle parole. Il problema è che per capire fino in fondo il gioco, è fondamentale cogliere tutti quei dettagli disseminati nell’ambientazione, leggere con attenzione quelle poche righe scritte su qualche documento o oggetto. Ecco, il problema forse è che succede che proprio nel momento in cui vorremmo vedere, scoprire, capire o ragionare di più, veniamo spiazzati (e spezzati) dal passaggio ad un’altra scena.

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Non vogliamo dire che questo sia per forza un difetto, perché verremo letteralmente trasportati dagli eventi e dalla colonna sonora, senza avere il tempo di “respirare” un attimo. E’ che da videogiocatori, ci siamo sentiti “privati” di quello che spesso e volentieri distingue un gioco da un film: l’interattività. In Virginia ci saranno delle cose da fare, oggetti e persone con cui interagire, ma in alcuni casi vi sembreranno quasi fini a sé stesse. L’interazione stessa non è guidata dal vostro intuito, vedrete l’indicatore cambiare forma, il che vuol dire che quell’oggetto o persona è la possibile chiave per procedere; ma il modo in vi cui interagiremo è totalmente affidato allo script del fil… ehm gioco. Insomma, quello che dovrete fare a livello di gameplay non sarà nulla di complicato o intrigante: camminare, esplorare e cliccare, saranno perlopiù dei passaggi da fare per far scorrere la storia.

Storia che è quindi il fulcro del gioco ed attorno a cui ruota tutto, ma che usa comunque delle immagini e dei suoni per essere raccontata (soprattutto in Virginia, vista l’assenza dei dialoghi). Per quanto minimalista, lo stile grafico di Virginia è piacevole e dalle tonalità azzeccate. Nulla da far gridare al miracolo, soprattutto in termini di framerate, impostato di default a 30fps, proprio per renderlo ancor più “cinematografico”. Avendolo giocato noi su PC, dobbiamo bacchettare gli sviluppatori perché nonostante una 1080, siamo dovuti scendere a qualche compromesso per poterlo giocare in 21:9 ad una risoluzione di 3440×1440. Sono dettagli, soprattutto in questo genere videoludico, ma parliamo di un gioco che è graficamente “essenziale” e sicuramente poteva essere ottimizzato meglio.

Virginia non si avvicina al mondo del cinema, ma sfonda quella barriera che lo separa da quello dei videogiochi

Una standing ovation va invece fatta per la colonna sonora, straripante, composta da Lyndon Holland e suonata dall’Orchestra Filarmonica di Praga. Come già detto, sarà lei a tenervi per mano durante il corso del gioco, e sarà lei ad esaltare i momenti clou, o a rendere più affascinanti quelli più lenti. Anni fa, quando la creatività dal punto di vista grafico era limitata dalla potenza delle macchine da gioco, gli sviluppatori si concentravano più spesso sulla colonna sonora. Negli ultimi anni è diventato un aspetto per così dire “secondario”, quando invece una colonna sonora ben realizzata, può innalzare il livello qualitativo, ma soprattutto immersivo di un videogioco; proprio come è per Virginia. Se volete un assaggio di una delle colonne sonore dell’anno, potete ascoltarlo qui.

 

 

Conclusioni

Virginia aggiunge un nuovo tassello al genere delle avventure di ultima generazione, quelle in prima persona, quelle in cui si cammina, si esplora ed in cui la trama è al centro del gioco. Qui la trama, in alcune circostanze più criptica che misteriosa, non solo sarà l’elemento chiave dell’esperienza, ma sarà il gioco stesso. Quello che ci limiteremo a fare noi, sarà compiere una serie di azioni che permetteranno alla stessa di procedere, talvolta in maniera brusca, interrompendo proprio quello che stiamo facendo.

Unendo la sua “cinematograficità” ad una colonna sonora memorabile, il risultato che ottiene Virginia è quello di lambire come non mai il confine tra videogioco e cinema. E non per forza questa deve essere intesa come una cosa negativa, starà al singolo giocatore trarre le proprie conclusioni. Noi ci siamo lasciati trasportare dalle note di Virginia in una storia che non ha saputo raggiungerci nel profondo, forse anche a causa degli eccessivi tagli che in alcuni momenti ci hanno lasciato interdetti. Allo stesso tempo però invitiamo chiunque sia appassionato del genere, a provare quest’esperienza davvero “al limite”.

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