Galassie in pericolo, pianeti invasi, coloni da salvare, alieni da abbattere… al centro di tutti questi scenari c’è sempre lui: lo Space Marine.
Che ci si lanci in un frenetico sparatutto in prima persona o in un convulso rts o in un appassionate rpg la sua figura, in qualunque modo venga identificata, rimane l’unico vettore che permette al giocatore di proiettarsi in scenari di fantascienza dove a comunicare sono i disintegratori e non il ditone luminoso di un E.T. bonaccione. Ma da dove giunge la moderna figura del Marine Spaziale ormai caposaldo della videoludica degli ultimi venti anni?
La genesi del soldato spaziale è nella penna di Robert A. Heinlein che nel 1959 firma il romanzo Starship Troopers: in un mondo quasi totalmente militarizzato e stretto da regole ferree se non sei un soldato sei solo un civile, se non contribuisci al combattimento e allo sterminio dei nemici vali meno di zero e l’unico modo di affermarti è distinguerti in battaglia. Quale presupposto migliore per affondare le radici della creatività per giochi e videogiochi?
Nel 1980 Brian Ansell crea un gioco da tavolo, Laserburn, in cui soldati dello spazio si scontrano con alieni attraverso l’uso di dadi e miniature. Il successo è immediato, tanto che nel 1987 Rick Priestley, designer inglese della Workshop, edita Warhammer 40.000: Rogue Trader ispirandosi a Laserburn, ma ampliandone nettamente le possibilità ludiche. Warhammer 40.000 diviene immediatamente un successo planetario e l’industria dei videogiochi, a caccia di novità, non si fa sfuggire l’occasione.
Nel 1988 Julian Gollop, programmatore inglese di origine indiana e amante dei giochi da tavolo, riprende il tema di Laserburn e crea un videogioco innovativo: LaserSquad, uno strategico a turni che vedeva una colonia spaziale terrestre ribellarsi all’impero.Un grande successo che indusse i fratelli Gollop a bussare alle porte di Microprose per proporre LaserSquad II, ma un dirigente della casa editrice ritenne il progetto troppo futuristico e consigliò di ridimensionare il tutto proponendo un’invasione aliena sulla terra.
Nacque così una delle pietre miliari della videoludica strategica, UFO: Enemy unknown, ma per la vastità del progetto e per alcune politiche della Microprose i giocatori non ebbero il piacere di battere gli invasori prima del 1994.
I Marines Spaziali intanto crescevano, sia sui tavoli dei giocatori con la seconda edizione di Warhammer 40000 che introduceva tabelle, modificatori e nuove razze come gli Orki, sia nei videogames.
E’ del 1993, infatti, il primo videogioco proveniente direttamente dal mondi di Warhammer: Space Hulk di Electronic Arts per PC e Amiga.
Altamente innovativo nella grafica, Space Hulk, vedeva i marines spaziali di Warhammer muoversi in claustrofobici labirinti per liberarli da entità aliene non proprio amichevoli.
Avvalendosi di grafica sia in 2D che in 3D, il giocatore poteva controllare la squadra operando sui singoli elementi e creare tattiche e strategie adatte all’occasione e al terreno di scontro. Il tandem Warhammer miniature/Warhammer videogame funziona e nel 1995 sempre EA edita Space Hulk: Vengeance of the Blood Angels per varie piattaforme, compresa playstation, ampliando grafica e possibilità in questo sparatutto tattico. Nel 1997, SSI celebre casa di strategici, esce con Warhammer 40000: Final Liberation, introducendo la novità del tattico a turni.
Sempre più giocatori si appassionano al tema e alla figura del Marine Spaziale o futuribile, grazie anche al cinema che sforna film sul tema (da Aliens a Starship Troopers e Universal Soldier), così SSI tra il 1998 e il 1999 da vita a due nuovi strategici a turno: Warhammer 40000: chaos gate e Rites of war.
Lo Space Marine dell’universo convulso e cupo di Warhammer è ormai una realtà seguita sia sui tavoli da gioco sia attraverso i monitors, alimentandosi a vicenda e sfociando nel 2003 con il suo primo sparatutto in prima persona: Warhammer 40000: fire warrior di THQ. Gli appassionati di Warhammer 40K non si limitano più a “guidare” strategicamente il proprio soldato, ma diventano essi stessi ciò che fino a poco prima erano sprite più o meno definiti o miniature amorevolmente dipinte. L’opera è divertente e per il suo periodo ben realizzata, ma non è quella pietra miliare che si aspettava sopratutto per la scelta di THQ di limitare il giocatore a solo una razza, i Tau, abbattendo l’interesse degli appassionati.
La peculiarità di questo universo ludico è proprio quella di poter trasferire le proprie truppe e beniamini da un mondo virtuale a quello più tangibile delle miniature dove lo sfidarsi non è solo il lancio di dadi o la potenza sulla tabella, ma anche la capacità del giocatore di trasferire il proprio tocco sulle miniature, attraverso la pittura e le rifiniture apportate con grande pazienza.
Nel video, avvalendoci di un abile miniaturista, iniziamo un percorso che ci porterà a forgiare un letale Space Marine in grado di affrontare le più temibili prove nel caotico mondo di Warhammer 40.000 partendo da anonimi componenti di plastica agganciati su ancora più anonimi blister. Nel prossimo articolo non solo daremo l’anima al “cuore di plastica” del nostro soldato, ma concluderemo il percorso storico che ha fatto di Warhammer 40.000, insieme al suo gemello fantasy Warhammer, la risposta europea ad Advanced Dungeon&Dragons e una delle più belle realtà del mondo ludico e videoludico degli ultimi trenta anni.
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Warhammer 40000: cuore di plastica, anima d’acciaio – Approfondimento
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Gianluigi “Darkman” Fedeli
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