Los Angeles – Marcus è un tipo strano. Un tizio alla moda, coi famigerati risvoltini alle caviglie e un cappello da baseball perennemente incollato al capo. Uno a cui piace la musica hip hop, che gesticola come un matto quando parla e in cui, così a prima vista, potrebbe identificarsi una buona parte dell’attuale generazione post-teenager. Un tipo figo, magari dall’abbigliamento opinabile ma, nonostante tutto, in grado di stare al mondo, Marcus però ha un’altra dote, un talento informatico a dir poco spiccato. Così spiccato che è inevitabile finire “vittime” delle lusinghe del lato oscuro della rete, quello che ti regala un cellulare “leggermente” diverso dagli altri e ti permette di accedere indisturbato e a debita distanza a qualsiasi dispositivo dotato di processore elettronico. Marcus è un hacker e, oramai l’avrete capito, il protagonista del nuovo Watch Dogs 2. Un titolo di peso per la ragguardevole line up di Ubisoft, sulle cui spalle grava la missione di dare nuova vita generazionale ad un franchise travolto dalle aspettative dei proprio fan. E, proprio per questo, è necessario reinventarsi, rinnovarsi, trovare quel pizzico di novità capace di mantenere alta la curiosità del pubblico, senza però tediarlo con difetti di programmazione e tediose missioni destinate a ripetersi.
Se da un lato è ancora presto per rispondere a questi leciti dubbi, dall’altro una cosa è evidente. Watch Dogs 2, di carte in tavola, ne ha cambiate parecchie. E non solo in termini di locations – senza nulla togliere a San Francisco: una città riprodotta maniacalmente anche nel più piccolo dettaglio geografico, in grado di regalare scorci meravigliosi ogniqualvolta si levi il nostro drone dal suolo (tranquilli, di questo ne parleremo a breve) e che, tra Silicon Valley e Golden Bridge, di cose da dire ne ha davvero molte. Moltissime, forse, considerando che l’area di gioco è all’incirca raddoppiata dai tempi di Adan Pierce.
La rivoluzione di Watch Dogs 2, se così la possiamo chiamare, parte piuttosto dalle sue fondamenta. Che sono sinonimo di gameplay e giocabilità: servivano intuizioni, a Ubisoft, un pizzico di spregiudicatezza e la voglia di osare, persino correndo il rischio di strafare, per regalare al gioco una sfaccettatura e una profondità ludica assenti in modo eloquenti anni or sono. E, lo ribadiamo, pur essendo i tempi ancora acerbi per una conferma definitiva, di carne al fuoco in questo nuovo sistema di Hacking ce ne sono parecchi.
Grazie al nostro dispositivo, aggiornato come si deve per l’occasione, potremo controllare gran parte del mondo elettronico di San Francisco. Autoveicoli, telecamere, telefoni cellulari, persino i collari elettronici dei cani che affiancano gli addetti alla sorveglianza. Basta un buon riparo, il giusto tempismo e una leggera pressione del dorsale sinistro per un hack “automatico” (quello di default, per capirci) per aprire un’alternativa, una possibilità, una nuova strada verso il nuovo obiettivo. Ma così sarebbe troppo facile, ammettiamolo: e allora basta tener premuto il medesimo dorsale per accedere alla “ruota dell’hack“, sfruttando appieno la tecnologia in nostro possesso e decidere cosa far fare al nostro bersaglio elettronico. Qualcosa come accendere una macchina, farla andare in retromarcia o farla sfrecciare a tavoletta; oppure farla impazzire nel senso stretto del termine, e farla ruotare attorno a sé stessa per la gioia del gommista.
Questo, ovviamente, si affianca alle cose più tradizionali. Far squillare un telefono qualsiasi, prosciugare il conto in banca del poveretto di turno sfruttando la falla di sistema del ctOS, intercettare messaggi e comunicazioni per fini non sempre così nobili. La normalità per Marcus, figlio della generazione Social e YouTube: il classico smanettone che si crea le “armi” in casa guardando i tutorial della rete, che apprende dal sotto-mondo che lo circonda, lo rielabora e lo reinventa a proprio vantaggio. Bombe a scarica elettrica, pistole stordenti, droni… Proprio i droni rappresentano una delle novità più interessanti del titolo: uno, il classico “elicotterino” che conosciamo tutti, permette a Marcus di raggiungere virtualmente luoghi alti o inaccessibili, senza allertare la presenza nemica nelle zone vietate: viene da sé che la tecnologia del drone è la stessa del famigerato cellulare, rendendo di fatto possibile hackerare a distanza lontano da sguardi pericolosi. Il secondo è un bumber, un giocattolino su ruote in grado di saltare e particolarmente abile nel disattivare sistemi di sicurezza. Entrambi i dispositivi non solo possono essere individuati (e badate, alle volte questa potrebbe essere una valida opzione: liberarsi di una guardia, intenta a rincorrere il nostro bumper, potrebbe essere una manna dal cielo), ma potranno essere distrutti se raggiunti dal nemico. Toccherà dunque aspettare un tempo fisiologico di “ri-creazione” dell’oggetto, prima di poterlo usare nuovamente.
Contestualizzate all’interno dell’universo open world di San Francisco, queste meccaniche si traducono in una libertà di azione davvero sopra le righe. La tecnologia in nostro possesso, per gentile concessione della crew DedSec, permette di variare in modo esemplare il nostro approccio alla missione. Potremmo stordire il nemico, magari rendendolo temporaneamente “non operativo” violandone il telefono per poi colpirlo con la pistola “elettrizzante”, oppure distoglierne l’attenzione interagendo a distanza con un dispositivo elettronico nell’area. E di gingilli con cui interagire, San Francisco è piena: scale mobili, ascensori, porte elettroniche, strutture esplosive comandabili a distanza: se si vuole raggiungere un luogo, in un modo o nell’altro, ci sono almeno una dozzina di alternative comode che non richiedono nemmeno particolare sforzo. Poi ovvio, ci sono le armi – magari sarà un po’ hipster, ma Marcus ha comunque una buona mira, fondamentali quando la situazione degenera all’improvviso: e ci sono anche i droni, grazie ai quali taggare i bersagli (ulteriormente evidenziati dalla visuale Hack offerta dal gioco) per poi muoversi in base alla relativa dislocazione.
Tutti fattori che abbiamo usato in entrambe le missioni affrontate nell’hands on odierno: la prima, che richiedeva di infiltrarci in un’area vietata per reperire informazioni preziose e mandare al diavolo il mainframe “nemico”, e la seconda, una missione cooperativa on line con un secondo giocatore, decisamente più votata all’azione (seppur affrontabile in stealth) che richiedeva di eliminare due “boss” armati barricati in un area sotto stretta sorveglianza. Hacking, droni, qualche esplosione elettronica e un pizzico di creatività sono state il fil rouge delle due partite, divertenti e convincenti sotto praticamente tutti i punti di vista. Persino quello più critico della precedente declinazione del gioco, la guida, affidata questa volta alle sapienti mani dei ragazzi di Reflections e, finalmente, in linea con le aspettative del giocatore moderno.
Watch Dogs 2 colpisce dritto al cuore. Speriamo non si tratti di un colpo di fulmine passeggero.
Dal punto di vista narrativo, al momento poco sappiamo. La storia di Marcus, in quanto ad appeal, pare soffrire il confronto con quella di Aiden Pierce: l’assenza di una vendetta personale, destinata piuttosto a lasciar spazio all’appartenenza ad un “gruppetto” di casinari informatici, per quanto affascinante non convince ancora appieno. Lo stesso protagonista, per quanto scanzonato e a tratti accattivante, non ha quel carisma e quel fascino maledetto che contraddistinguevano Aiden. Quanto visto oggi, va sottolineato, è ancora troppo poco per delineare un profilo completo di Marcus: ma se, come nella vita reale, la prima impressione è quella che conta, forse siamo di fronte all’aspetto più rischioso dell’intera produzione. Lo stesso, fortunatamente, non vale per il comparto tecnologico: al netto di qualche bug fisiologico, trattandosi comunque di una versione iniziale del gioco, la resa visiva di Watch Dogs 2 è entusiasmante. San Francisco, lo ripetiamo, è bella da vedere e (quasi) da respirare, verde, luminosa, ricca di fascino e storia. L’illuminazione generale è sontuosa, e va a ravvivare le architetture urbane regalando senza avarizia scorci da cartolina e visuali davvero memorabili. Sulla stessa linea la modellazione dei personaggi principali, dettagliatissimi e fluidi nelle animazioni, a fronte di un calo naturale del dettaglio per gli NPC – che si assestano su standard comunque significativi. Nel complesso, insomma, Watch Dogs 2 colpisce dritto al cuore. Speriamo non si tratti di un colpo di fulmine passeggero.