News 07 Giu 2014

Watch Dogs – Recensione

Ci vuole coraggio, oggigiorno, ad uscire sul mercato con un action open world. Ce ne vuole davvero tanto quando il tuo nuovissimo open world, in lavorazione da cinque anni buoni e già noto alle masse da almeno un paio, non si nasconde dietro alcuna maschera e grida a gran voce la propria sfida a quel gorilla da svariate tonnellate che risponde al nome di Grand Theft Auto. Dopo una lunga serie di annunci e scene di isteria collettiva dovute ad un rinvio inaspettato e capace di siglare nuove vette di hype, Watch Dogs è finalmente arrivato nei salotti dei giocatori old e next-gen: una IP nuova di zecca per la mai doma Ubisoft, che ancora una volta dimostra non solo di saperci fare, ma di avere nervi, cervello e cuore al posto giusto. Peccato che l’unica falla nel codice di questa sua nuova creatura, alla fine della fiera, finisca per insidiarsi proprio nel suo cuore.

Watch Dogs, la tanto attesa new entry nell’universo del free roaming, mette il giocatore nei panni (o meglio, nel trasandato impermeabile di pelle) di Aiden Pearce, un talentuoso hacker avvezzo alla fraudolenza digitale, capace però di menare sonori cazzotti e di districarsi elegantemente con una miriade di armi da fuoco. Un ibrido tra un nerd solitario e un vendicatore mascherato la cui sorte imbocca una piega tragica durante un colpo al Merlaut, esclusivo hotel della città del vento al cui interno – assistito in remoto da un losco complice – cerca di mettere a segno un furto epocale. Sfruttando una falla nel codice del ctOS, futuristica infrastruttura informatica che governa e monitora la sicurezza dell’intera città e dei propri abitanti, il buon Pearce è in grado di connettersi a qualsiasi dispositivo elettronico dotato di chip direttamente dal proprio telefono cellulare. Chiaramente non stiamo parlando di un Nokia 3310, come altrettanto chiaramente qualcosa va storto nel mezzo del colpo: Aiden si trova dunque costretto a interrompere la connessione al ctOS, rendendo però sé stesso e la propria spalla identificabili da un secondo hacker, presente in zona per gli stessi poco nobili motivi. Braccato da un’organizzazione criminale ultra-tecnologica, Aiden vede morire la propria nipote Lena di soli 7 anni in un incidente stradale non proprio causale: inizia così la sua vendetta personale, un piatto da servire gelido e, vista l’occasione, con un buon ctOS come contorno.

Ebbene sì, in Watch Dogs ci saranno molte cose da hackerare. La natura strategica e per certi versi “puzzle based” del gameplay rende gli attacchi informatici di Aiden non solo naturali e ragionati, ma estremamente accessibili, tanto che sarà possibile violare qualsiasi dispositivo semplicemente previa la pressione di un tasto: accedere ai conti correnti degli NPC, rubare denaro dai bancomat, intercettare comunicazioni audio e sms oppure entrare in possesso di dati estremamente personali di qualsiasi essere umano nei nostri paraggi semplicemente “puntandolo” col nostro prodigioso cellulare. Questa implementazione dona al gameplay una dimensione inedita tutto tranne che indifferente: il combattimento, ad esempio, non si estingue in un semplice corri e spara. Al contrario, si tratterà di analizzare la situazione nell’ombra, progettando un attacco iniziale rigorosamente elettronico. Potremo far esplodere valvole o quadri elettronici restandocene ben al riparo da sguardi indiscreti, azionare montacarichi o ascensori per distrarre le forze nemiche, persino infiltrarci nelle loro comunicazioni radio o inviare finti messaggi per renderli temporaneamente inoffensivi. Poi per carità, nessuno vieta di imbracciare un uzi o un AK 47 e far piazza pulita degli avversari in perfetto stile Rambo, ma la presenza di una manipolazione ambientale sfruttando le falle del ctOS rappresenta quel valore aggiunto nel gameplay che, anche a “main story” completata, vi farà tornare per le strade di Chicago. Una Chicago che non incarna un semplice spettatore passivo, ma valuta Pearce a seconda delle azioni intraprese. Volete raggiungere i vostri obiettivi creando caos e disordine per la città, oppure eliminare le mele marce in modo, per certi versi, stealth? Meglio indossare i panni di un giustiziere leale e valoroso o, al contrario, sarete allo stesso tempo giudice e giuria eliminando ogni ostacolo, anche il più innocente, si frapponga nella vostra vendetta?

Le premesse per un concept rivoluzionario all’interno del panorama sandbox ci sono tutte. Peccato che, nello scorrere dei cinque atti (più epilogo) che compongono Watch Dogs, si fa sempre più forte l’impressione che Ubisoft non abbia sfruttato completamente a proprio vantaggio tutto questo. Le meccaniche di gameplay sono robuste e divertenti, grazie soprattutto a quel grado di libertà raggiunto dalla combinazione di combattimento “old school” e futuristico (o futuribile?) hacking che rende il tutto estremamente dinamico. Anche le implicazioni morali del gioco pesano nell’intera economia, confermandosi un fattore questo non trascurabile visto che obbligheranno il giocatore a compiere scelte possibilmente contrarie a quelli che sono i suoi principi o ideali: rubare ad un malato o frugare nei segreti di un tentato suicida, per quanto ci si muova in un contesto prettamente videoludico, non sono scelte così leggere. Il paradosso, tuttavia, risiede nel fatto che pur potendo conoscere gran parte dei segreti degli abitanti di Chicago, alla fine dell’avventura continueremo a sapere poco, se non pochissimo, del suo protagonista: il che, inutile girarci troppo attorno, lascia un pizzico di amaro in bocca, anche alla luce di un tessuto narrativo generale che parte bene per poi perdersi per strada sino ad apparire un po’ troppo frammentato. Per carità, per molte triple A multimilionarie una narrazione come questa sarebbe tutto tranne che “superficiale”: ma ancora una volta, considerando la natura ambiziosa della produzione Ubisoft e le enormi premesse pre-lancio, l’avventura di Pearce appare un po’ troppo stretta.

Il nodo cruciale di questa critica, condivisibile o meno che sia, investe proprio Aiden Pearce. Che un hacker dal passato tormentato debba essere avvolto in un’aura di mistero è più che lecito, trattandosi di una scelta che – almeno in linea teorica – giova non poco nel donargli un carisma peculiare e identificativo. Tuttavia passerà davvero troppo tempo senza che sia possibile scrutare Aiden nel suo intimo, senza poter intuire cosa renda così determinanti le sue motivazioni. Detta più semplicemente, il vero Aiden Pearce emerge troppo lentamente, e mai in modo incisivo e memorabile. Alle volte si ha quasi l’impressione di muovere un personaggio monocorde e monodimensionale in un universo virtuale progettato per essere tutt’altro. Poi per carità, i malati di perfezionismo potranno perdere le giornate cercando di scoprire maggiori dettagli su questo oscuro anti eroe nella caccia al 100% (che, come vedremo a breve, sarà tutto tranne che facile): che vi piaccia o no, finirete comunque per trovarvi faccia a faccia con un alter ego frammentato e meno accattivante di quello che, sulla carta, avrebbe potuto essere.

Concentrarsi eccessivamente sulla storia e sul charachter design di Watch Dogs, oggettivamente, sarebbe un errore. Del resto stiamo parlando di un action open world, un genere che nella stragrande maggioranza dei casi non offre colpi di scena degni della migliore letteratura o sentieri narrativi eccessivamente tortuosi. Quando si parla di sandbox si parla di gameplay, indiscutibilmente uno dei meriti migliori del titolo Ubisoft. Le cose da fare in questa Chicago futuristica sono così tante che ne perderete rapidamente il conto: potremmo tranquillamente affermare di essere di fronte al titolo open world con il maggior numero di missioni, compiti e diversivi attualmente disponibile su console, con buona pace di Rockstar Games, e difficilmente sbaglieremmo. Poi chiaro, alcune di queste missioni presentano un pattern comune e obbligheranno il giocatore a compiere più volte determinate sequenze di gioco. Ma prima di parlare inutilmente di eccessiva ripetitività nello schema di gioco, non è forse questo uno dei tratti più comuni nel panorama sandbox?

Dall’ouverture al Merlaut all’epilogo del sesto atto ci sarà sempre qualcosa di inatteso da fare. Per godersi appieno quanto inserito dagli sviluppatori sarà dunque necessario dedicare una buona fetta del proprio tempo all’esplorazione e alla scoperta, fermo restante che il giocatore verrà premiato con punti esperienza ogniqualvolta porti a termine qualcosa. Il grosso del merito va alla stessa Chicago, magari non accattivante e facilmente riconoscibile come una New York o una Los Angeles ma parimenti (se non addirittura di più) capace di ricreare un agglomerato urbano vivo e brulicante al cui interno può succedere di tutto, anche nel mezzo di una banale passeggiata per le strade. Gli NPC non sono degli zombie senza cervello abili nell’ignorare il giocatore sino a quando quest’ultimo scatena qualche disastro, da cui essi scapperanno a gambe levate: al contrario sono entità parzialmente senzienti, che si adattano dinamicamente alle mosse di Pierce. Certo, alla luce degli annunci del Publisher e delle potenzialità delle console next gen, più che lecito aspettarsi una maggiore autenticità nel comportamento delle comparse. Ma se da PS4 o Xbox One stavamo pretendendo una maggior “credibilità” nel contesto di gioco, con Watch Dogs abbiamo un primo, lodevole assaggio di quello che potrà essere il futuro. Un futuro che si prospetta decisamente intrigante.

Muoversi per le strade di Chicago, insomma, è un’autentica gioia. L’elemento morale che ruota attorno a ciascuna mossa di Aiden, unito all’imprevedibilità che governa questa metropoli alla mercé del ctOS fanno sì che il giocatore sia costantemente coinvolto, anche in termini emotivi, con quanto sta osservando sullo schermo. A rovinare questo eccellente quadretto, purtroppo, ci pensa una fisica delle sezioni di guida un po’ troppo incerta e altalenante. L’andamento dei veicoli su strada è quanto di più imprevedibile e inaffidabile possiate immaginare, specie se paragonato al diretto rivale made in R*. Alcuni mezzi sono nettamente più gestibili di altri, anche se in termini globali la guida appare incerta e altamente instabile. Ed è un vero peccato, visto che per quanto un giocatore possa abituarsi rapidamente a tali imperfezioni, la componente “driving” rappresenta da sempre una delle meccaniche più importanti in un contesto open world.

Fortunatamente, la presenza di un’offerta contenutistica notevole mitiga almeno in parte il burrascoso passato da scuola guida di Aiden. A fianco della citata “main quest” sarà possibile cimentarsi in una pletora invidiabile di missioni secondarie, disseminate con generosità nella vasta mappa di gioco – che ricordiamo essere interamente accessibile sin dall’avvio del gioco. Un po’ come sperimentato nei recenti Assassin’s Creed o nell’ottimo FarCry 3, gran parte delle attività extra vengono dipanate in modo progressivo al giocatore, che dunque non si troverà mai troppo sopraffatto dalla mole di cose da fare ma, al contrario, avrà le armi giuste per muoversi con la naturalezza necessaria. Perfezionisti, ora parlo a voi: portare a casa il perfect score in Watch Dogs sarà probabilmente la missione peggiore in cui vi imbarcherete. Tra hacking su antenne ctOS, intrusioni sui dispositivi domestici per spiare innocenti (si fa per dire) cittadini, indagini collaterali, corse in macchina, contratti fixer, partite a poker, gare di bevute e molto altro ancora, il vostro soggiorno in quel di Chicago rischia di estendersi ben oltre le aspettative. Se a tutto questo aggiungiamo gli ottimi digital trips, una sorta di “giochi nel gioco” a realtà aumentata dove dovremo sterminare zombie a bordo di bolidi ingestibili oppure, che so, indossare i panni di un mostro meccanico che distrugge la città, e l’immancabile applicazione social con la quale effettuare i check-in (100, per la precisione) dai punti più interessanti di Chicago in perfetto stile Foursquare, la dimensione della to do list rischia davvero di scoraggiare anche i più temerari. Fortunatamente, ciascuna di questeattività collaterali porta in dono un gruzzoletto variabile di punti esperienza, da spendere (in concomitanza al classico level up) in un apposito skill tree dove potremmo affinare le tecniche di combattimento, hacking, guida o “fai da te” del nostro alter ego.

Per quanto concerne la porzione online, il risultato può dirsi soddisfacente. Si parte da Decrittazione, emblema della filosofia di Watch Dogs e di quell’ “Everything is connected” che tanto abbiamo sentito negli ultimi giorni. Posto che sarà possibile subire o effettuare tale “attacco” in qualsiasi istante di gioco, a patto ovviamente di essere connessi alla rete (è comunque possibile disabilitare tale opzione dal menu opzioni, fermo restante che in questo modo vi precluderete una comoda via per racimolare esperienza), essa coinvolge due giocatori, dove il primo cerca di violare da una posizione il meno visibile possibile il telefono del secondo, che correrà come un disperato nell’area indicata per bloccare l’hacking prima dello scadere del tempo. Qualora quest’ultimo dovesse stanarlo anzitempo, lo sgradito ospite dovrà darsela a gambe levate cercando quantomeno di salvare la pelle. Nulla di trascendentale, anche se l’integrazione trasparente di una battaglia competitiva all’interno della modalità per giocatore singolo merita sicuramente il nostro plauso. Lo stesso vale per Pedinamento, dove – come sottinteso dal titolo – l’invasore dovrà cercare di pedinare la vittima senza farsi scoprire. Nettamente più interessante è l‘integrazione della companion app per dispositivi Android e Apple nel contesto multigiocatore: sarà infatti possibile dare vita ad una peculiare gara di corsa sincrona, dove il giocatore su console dovrà superare una serie di checkpoints entro l’arco di tempo stabilito mentre quello su dispositivo mobile, potendo far affidamento all’intero set di risorse del ctOS, farà di tutto per impedirglielo – scagliando contro auto o SUV della polizia, attivando dissuasori o alterando il normale funzionamento dei semafori per causare spettacolari incidenti. Ancora una volta sarà possibile disattivare da apposito menù ogni eventuale incursione, ma vista la propensione del team di sviluppo a premiare i giocatori online più attivi rischiereste di non godere di una modalità non solo interessante, ma anche remunerativa.

Non potevamo non chiudere questa disamina su Watch Dogs con uno degli aspetti più criticati, portato sotto le luci dei riflettori ancor prima dell’uscita effettiva del gioco: il comparto tecnologico. Se le versioni PS3 e Xbox 360, considerando i limiti intrinseci dell’hardware di riferimento, sono al limite dell’impressionante, le versioni next per PS4 e Xbox One sono sì degne di nota, ma nettamente meno stupefacenti. Senza considerare che, in nessuna delle due versioni “pompate”, viene infranto lo scoglio del full HD. Il ricorso a texture ad alta risoluzione e l’utilizzo congiunto di un sistema di particellari di prim’ordine unito ad un motore di illuminazione generale davvero encomiabile, tuttavia, rendono meno evidente la mancanza dei 1080p, regalando invece istantanee impressionanti che danno il proprio meglio nelle situazioni di pioggia (il gioco dei riflessi luminosi sulle strade bagnate è estasiante) e in quelle notturne. Sul fronte sonoro, ancora una volta niente da eccepire. La localizzazione in italiano effettuata da Ubisoft è convincente, con un voice over di qualità e una traduzione complessivamente elegante. Ottimo il comparto FX, che supera brillantemente la difficile prova imposta da una Chicago viva ed in grandissimo spolvero. Chiudiamo con un ultimo appunto sulla colonna sonora, che ben si sposa al mood narrativo delle avventure di Aiden: non sarà memorabile come quella del rivale più agguerrito (che in Vice City ha raggiunto un livello impareggiabile da qui a molti anni), ma si fa ascoltare più che volentieri.

IN CONCLUSIONE

Nel futuro, gli occhi e le orecchie elettroniche saranno ovunque. Un sistema informatico chiamato ctOS vede e sa tutto: i dati personali, i segreti di tutti non sono più al sicuro e, sotto la scure della sicurezza pubblica, le persone vivono nella paura. Una paura che non è visibile sin dall’inizio, ma che è destinata ad aumentare ansiosamente nel procedere dell’avventura: questo forse è uno dei meriti migliori di Watch Dogs, che tenta di raggiungere qualcosa che nessun altro ha mai raggiunto prima nel panorama dell’open world trasformando il giocatore nella parte attiva di un ambientazione virtuale popolata da entità che, per certi versi, sembrano anch’esse dannatamente reali, ciascuna con una propria vita, un passato e magari qualche neo da nascondere.

Watch Dogs avrebbe il potenziale per confermarsi un capolavoro, un’esperienza interattiva tra le più avvincenti e coinvolgenti della storia. Questo però al netto di una piccola manciata di difetti, che finiscono inevitabilmente per livellarne il giudizio finale: una storia e un character design incapaci di sfruttare appieno gli assi nascosti del titolo, un comparto grafico (su next gen) sicuramente ragguardevole ma che, ammettiamolo, potrebbe fare ancora di meglio e, non ultima, una fisica e un control schema nelle sezioni di guida che faranno rimpiangere a molti il vecchio Carmageddon. Eppure è impossibile non provare un minimo di ammirazione per Ubisoft Montreal e i suoi sviluppatori che con Watch Dogs hanno quasi cercato di sparare alla luna, portando sul mercato un gioco (che, mercato insegna, ben si presta a nuove installazioni o a episodi cadenzati)  basato su una formula ben collaudata ma, allo stesso tempo, narrata e presentata sotto un punto di vista completamente differente. E chissà, forse è davvero questo il futuro dei vari sandbox open world.

Voto: 8/10

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