Un gioco, per far effettivamente parlare di sé, deve stupire alla prima vista, essere un colpo di fulmine: We Happy Few ci è riuscito, in un modo però molto inusuale. Il primo impatto è stato della serie “dafuq?”, in un contesto però positivo, che tiene alta l’attenzione e riesce a mantenere il controller nelle mani di chi sta provando il gioco.
[adinserter block=”1″]
Pochi sono i dettagli diramati sulla trama, una storia di droga, controllo della popolazione, resistenza e sopravvivenza: a Wellington Wells, una cittadina inglese retro-futuristica, i paesani sono soggiogati dal Joy, uno stupefacente usato dal governo per tenere tutti a bada. Chi si rifiuta, illegalmente, di assumere tale sostanza è denominato Downer e mal visto dalle altre persone: questo stile di vita richiede capacità di adattamento, azioni stealth, crafting e mimetizzazione in una popolazione corrotta dalla droga.
Il gioco è sicuramente ancora ignoto in molte delle sue sfumature, ma indubbiamente suscita interesse per lo stile grafico particolare e l’inquietudine che i suoi personaggi possono scatenare in tutti coloro che prendono in mano il controller.
We Happy Few è un titolo molto difficile da inquadrare anche dal punto di vista del gameplay: la visuale in prima persona, gli elementi RPG, le meccaniche stealth e la presupposta modalità survival non fanno capire con certezza cosa aspettarsi dal gioco. La stessa descrizione da parte degli sviluppatori è un mix di frasi senza apparente senso compiuto, ma che fanno capire quanta oscurità e perversione ci sia dietro le bianche maschere che i personaggi sfoggiano sulle loro facce.
Tra i vari titoli indie provati dopo la conferenza Xbox, indubbiamente questo è il gioco che mi ha lasciato maggiormente perplesso, ma nel senso positivo della parola: la demo non lasciava grosso spazio alla trama, concentrandosi piuttosto sul gameplay e sul funzionamento di alcune meccaniche. Non è trasparito alcun dettaglio sulla storia, ma dopo pochi minuti di vagabondaggio in un quartiere di Wellington Wells, un po’ mi è dispiaciuto lasciare il posto a chi veniva dopo di me.
Non appena arrivato alla schermata di gioco, la mente è andata istantaneamente a ripescare le somiglianze con Bioshock e Dishonored, per lo stile grafico molto simile e sicuramente ispirato ai due titoli. Le immagini si fermano però a quel livello, visto che l’esperienza di gioco si è rivelata completamente diversa, senza elementi sovrannaturali.
La grafica non è sicuramente paragonabile a giochi di livello più alto, ma bisogna tenere conto di due fattori: il gioco provato è ancora in versione pre-alpha, dunque acerbo oltremisura; non si può nemmeno pretendere dettagli minimali da un gruppo di sviluppatori indie. Le textures non sono ben rifinite, ma vanno benone per lo stile grafico e si fondono a perfezione con l’ambiente creato.
Vagabondare in questo quartiere semi distrutto del paese mi ha lasciato a bocca aperta soprattutto per l’assenza di obiettivi e di cose da fare: contrariamente a quanto esposto negli scorsi mesi, gli abitanti non indossavano alcuna maschera e si facevano vedere con la loro effettiva espressione visiva, più simile a quella di uno zombie che non ad un umano. La droga utilizzata per il controllo della popolazione è infatti presente in molte aree della città ed atta a rendere tutti più felici e passivi, ma con sporadici episodi di schizofrenia: guardare direttamente qualcuno per pochi secondi fa scattare infatti la violenza e costringere al combattimento o alla fuga.
Ciò che regna sovrano in tutta l’esperienza è il contrasto tra la città idilliaca voluta dal governo e la bruta realtà della condizione umana: avere una società perfetta comporta i suoi rischi e a volte costringe alla violenza per raggiungere l’obiettivo finale.
Anche il trailer in sé trasuda inquietudine ed angoscia da tutti i pori, seminando però curiosità ed attesa di avere maggior informazioni. We Happy Few dovrebbe uscire a Giugno 2016, quindi ha ancora quasi un anno per rivelarsi nel migliore dei modi e confermare le aspettative dei giocatori e dei backers che l’hanno finanziato su Kickstarter. Una cosa è però sicura: per quanto conturbante e terrificante esso sia, la voglia di giocarlo per intero è tanta.
Commenti