18 Apr 2016

Welkin Road – Anteprima

Abbiamo atteso 8 anni per poter indossare ancora una volta pantaloni comodi, scarpe ben allacciate, e una sana dose di coraggio, pregando chissà quale divinità affinché realizzasse il sogno di tornare a praticare parkour sulle lande digitali dei nostri PC e delle nostre console. E a un mese dal ritorno di Faith con Mirror’s Edge: Catalyst, cosa succede? Che Gregor Panič, one-man-army dall’indubbio talento, ti sforna un più che valido clone di quella adrenalinica gemma firmata dai ben più numerosi ragazzotti di DICE più di un lustro prima. Sia chiaro: allo stato attuale delle cose, difficilmente urterà le vendite dell’illustre padre putativo, e per ovvi limiti tecnici, sarebbe ancor più impensabile anche solo immaginare una cosa del genere, ma qualche anno fa, in piena astinenza da Mirror’s Edge (e ben prima dei primissimi annunci del sequel/prequel), avrebbe probabilmente fatto molto più clamore questo Welkin Road.

Come avrete inteso da queste prime righe, il parkour e la visuale in prima persona sono gli elementi portanti del gioco in questione. Ma dove Mirror’s Edge proponeva una storia, una certa atmosfera ben distinguibile, e un mix di meccaniche votate non solo all’azione, ma anche al combattimento (senza stare a disquisire sull’effettiva bontà o utilità delle stesse), Welkin Road mette tutto da parte, e si propone al pubblico in forma di Early Access, ad un prezzo scontato, come un puzzle game davvero infame e molto tecnico, un po’ realistico, eppure al contempo molto surreale. Perché da una parte richiede una precisione a tratti estrema, con la necessità da parte del giocatore di sfruttare momentum, rincorsa, e quant’altro, resi in maniera convincente dal motore di gioco, senza poter godere di alcuno sconto, né di appigli automatici o indicazioni (in tal senso, il tutorial pare quasi una generosa donazione), ma al contempo è composto da 11 livelli che per essere completati, richiedono di raggiungere dei fasci di luce posti alla fine degli stessi, superando indenni dei percorsi fatti da piattaforme e muri sui quali camminare e saltare, collocati al di là delle nuvole. Una trovata dal punto di vista creativo splendida, perfettamente calzante con lo stile minimale delle strutture (tutte bicromatiche, un colore per livello alternato col bianco, altro prestito concettuale dal celebre titolo di DICE), ma che indubbiamente stanca dopo un po’.

A contribuire all’atmosfera surreale ci pensano poi delle sfere poste a mezz’aria, dai differenti utilizzi (tra le rosse classiche, le verdi che fanno ruotare le piattaforme circostanti, o le blu che “spariscono” dopo qualche secondo, ad esempio), alle quali il giocatore dovrà appendersi grazie ad un rampino/flusso di energia attivato tramite il tasto destro e quello sinistro del mouse (niente supporto al joypad, per il momento), uno per braccio dell’anonimo protagonista: in tal modo, potrà spostarsi agilmente nel livello ed evitare così di piombare nel vuoto cosmico. Una soluzione che spezza sì la monotonia di un freerunning verso una meta ma senza uno scopo, ma che presenta non pochi problemi, sia concettuali che di realizzazione: il giocatore dovrà infatti saltare e cogliere il momento giusto in cui attivare il “rampino”, segnalato non proprio nel migliore dei modi, spesso troppo tardi. Il che si traduce in una overdose di frustrazione, a tratti davvero insopportabile, che si respira in tutto il gioco.

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I comandi che richiedono una precisione a volte eccessiva, i salti da calcolare soltanto dopo un minimo quantitativo di fallimenti, le cadute controllate a un passo dal baratro, gli atterraggi un po’ a casaccio su aste collocate sul vuoto, dove basta scordarsi di attivare la ben più controllata camminata per sperare di arrivare alla fine della sezione incolumi, sono tutti “fastidi” all’ordine del giorno in Welkin Road. Non ci fossero dei checkpoint “intelligenti”, posizionati poco prima di ogni salto, staremmo parlando di un gioco quasi ingiocabile, colpa anche dell’obbligo di utilizzare mouse e tastiera, in uno sforzo che definire “cthulhu-iano” è davvero un eufemismo. È intransigente, e richiede tonnellate di tentativi per poter raggiungere la fine del livello. Una volta però superato il primo, bruschissimo, impatto, con l’impostazione brutalmente fedele al vero parkour del gioco, la necessità di sfoggiare tempismo, riflessi e totale disprezzo della gravità, e l’aumento della capacità del giocatore di adattarsi con più scioltezza ai vari wall jump, così come di intuire immediatamente la strada da seguire, i suoi movimenti si trasformano quasi in una danza (l’agilità e fluidità della musa ispiratrice, anche e soprattutto in termini di qualità delle animazioni, sono ancora lontane), e l’opera prima di Gregor Panič tira fuori emozioni in grado di mozzare il fiato dopo aver superato una sezione particolarmente complessa, soddisfazione estrema per un salto compiuto (considerato apparentemente impossibile qualche secondo prima), delizia per il tempismo perfetto con il quale si è lasciata una sfera e si è raggiunta una piattaforma.

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Il gioco è ancora in Early Access (esclusiva PC), completo nei contenuti ma ancora aperto ad alcuni mesi di beta testing intenso da parte degli utenti, quindi gran parte dei problemi menzionati in fase di anteprima, potrebbero tranquillamente assottigliarsi (se non sparire, tranne forse la sensazione di ripetitività) da qui all’uscita. La sensazione però resta quella che Welkin Road voglia essere un titolo realmente estremo e complesso, un paradiso degli speedrunner più hardcore (e la presenza di una modalità ad hoc la dice lunga) che richiede impegno, memorizzazione dei percorsi e profonda dedizione per essere padroneggiato e goduto a dovere.

Per ora Welkin Road ha sicuramente un suo perché, e i momenti ad alto tasso adrenalinico sono semplicemente impagabili, resi ancor più intensi dalla visuale in prima persona. Al contempo però, alcune scelte di design appaiono discutibili ed esageratamente intransigenti, e l’esperienza risulta a tratti troppo frustrante, con livelli che richiedono anche 40 minuti, tra un retry e l’altro. Con il giusto bilanciamento e un pesante lavoro di smussatura, potrebbe seriamente rappresentare il sogno bagnato degli amanti del parkour e delle sfide.