What Remains of Edith Finch – Recensione

Di strade se ne percorrono tante nei videogiochi, così come nella vita, e What Remains of Edith Finch non fa eccezione. Le proverbiali strade, metaforiche e non, sono l’essenza stessa del videogioco. Sebbene negli ultimi anni si sia scoperto il piacere e le potenzialità di avere mondi apparentemente sconfinati da poter esplorare, il videogioco avrà sempre delle strade, che andranno percorse dal giocatore per arrivare ad un fatidico punto d’arrivo.

Spesso la strada è una sola, e il punto di arrivo è prestabilito e inequivocabile: What Remains of Edith Finch è questo, uno dei tanti “walking simulator” che si affacciano al mercato, e che vuole raccontare al giocatore la sua storia; anzi, le sue storie, perché nel lavoro di Giant Sparrow (autori del delizioso Unfinished Swan) le strade diventano i rami di un grandioso albero genealogico, e di un racconto che ne esplora le vite e il loro significato.

Inizia così What Remains of Edith Finch, con una barca che si muove nel vasto oceano al tramonto, e con un diario: una voce che si racconta e racconta le vite straordinarie della famiglia Finch, apparentemente maledetta, e le cui vite sembrano costrette a terminare, prima o poi, in modo tragico. Ci sarà del vero in questo? La nostra esplorazione dell’isola e della casa in cui la famiglia è vissuta per quasi un secolo, ci darà uno scorcio delle loro vite, e delle loro tragiche dipartite. Il titolo di Giant Sparrow si pone fin da subito come un classico walking simulator: si esplora la casa e i suoi segreti, in un labirintico percorso ricco di personalità, e si interagisce con essa e con le storie che la circondano attraverso dei diari sparsi per l’ambientazione.

What Remains of Edith Finch è un piccolo gioiellino

Ci facciamo strada quindi per questa bizzarra villa, con le sue stanze chiuse e i suoi piccoli passaggi segreti, che avevano probabilmente divertito i bambini che un tempo ne calpestavano i pavimenti, e scopriamo un mare di piccoli e splendidi dettagli: la casa della famiglia Finch è una delle protagoniste assolute della vicenda, è la base su cui ruotano tutte le storie di chi l’ha abitata nel corso del tempo. Ed è per questo che trabocca di personalità, dall’arredamento, all’architettura, agli accostamenti d’arredamento: Giant Sparrow non ha semplicemente confezionato un “simulatore di camminata” per gettare addosso al giocatore una storia lineare, ma come un buon libro, o un buon videogioco, ha saputo schioccare le dita e dare vita ad una piccola magia, fatta di dettagli, colori e odori che raccontano storie in silenzio. E non sempre in silenzio, a dire il vero, visto che la voce narrante (splendidamente recitata in inglese) della nostra Edith ci accompagnerà nell’esplorazione e nella scoperta dei segreti di questa particolare famiglia. Ci teniamo a precisare che il gioco è completamente in inglese, anche i sottotitoli, che proprio per la creatività nella loro presentazione, potrebbero rendere poco godibile l’esperienza a chi non mastica la lingua della regina.

Dove What Remains of Edith Finch brilla è nel suo ricordarsi di essere videogioco, non limitandosi a raccontare quelle piccole storie (il titolo si finisce agilmente in circa 2 ore), ma dando al giocatore la possibilità di viverle. E allora, nel racconto di Edith, c’è spazio per le vite della sua famiglia: dalla bambina prodigio che sogna di trasformarsi in svariati animali, allo zio che si rifugia nella sua mente per non soccombere al vuoto mentale della catena industriale. Queste storie, e molte altre, vengono date in mano al giocatore, che le vive come un ricordo, un po’ sfocate e confuse, ma spesso potentissime.

Perché le storie familiari di What Remains of Edith Finch non fanno piangere, né ci provano: sono silenziose, ti entrano dentro e continui a pensarci mentre i titoli di coda illuminano il tuo viso. Nel titolo di Giant Sparrow si parla di famiglia, di vita e di storie, di quanto siano importanti per andare avanti, anche se fanno malissimo. Di quanto sia importante poter risalire alle proprie radici, al proprio passato e a condividerlo con chi verrà, magari proprio attraverso un diario. E’ questo che rimane di Edith Finch e della nostra particolare esperienza con la sua storia: la malinconia.

Un ricordo breve, ma bellissimo

Ma non è solo la casa a traboccare di personalità, nel titolo Giant Sparrow, perché viene incredibile constatare quanto un team piccolo come questo sia riuscito a confezionare un’esperienza così visivamente convincente. Non tanto per la presentazione grafica, che riesce a regalare scorci indimenticabili anche con una mole poligonale limitata e un livello di dettaglio non eccezionale, ma che lascia spazio ad una cura estetica e artistica eccezionale, ricercata e ricca di personalità. What Remains of Edith Finch è un piccolo gioiellino, ed è un dettaglio che salta subito all’occhio, appena i “sottotitoli” si mescolano all’ambiente, e il racconto prende vita come la pagina di un libro.

Conclusioni

What Remains of Edith Finch è solo l’ultimo di una lunga serie di esperimenti narrativi che il medium del videogioco permette: è una storia familiare, che va a scavare in modi inaspettati nel passato di Edith e nelle storie che riecheggiano nelle pareti, nelle porte e nelle stanze di questa grande, bizzarra villa.

Un passato sofferto, forse maledetto, ma cruciale per conoscere sé stessi e per affrontare il futuro. Il racconto di Edith Finch ci ha ricordato, attraverso una marginale ma pur sempre efficace interattività, l’importanza delle storie nella nostra vita. Cosa rimane di Edith Finch? Un ricordo breve, ma bellissimo.

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