News 10 Mar 2015

White Night – Recensione

OSome Studios è un giovane studio francese davvero indipendente. Indipendente quanto lo possono essere tre ragazzi appassionati di videogiochi, Alone in the Dark in primis, e di qualsiasi cosa graviti attorno alla cinematografia noir. Avete presente quelle pellicole meravigliose dirette da Alfred Hitchcock, coi protagonisti avvolti da impermeabili logori e cappello a tesa larga perennemente incollati al capo, dove un jazz cupo come la notte fa da cornice a storie intricate di alcool, amore e omicidi? Non è certo un caso se il battesimo videoludico di questo talentuoso team, White Night, rappresenti il fil rouge digitale tra queste passioni lontane soltanto all’apparenza. Non è certo un caso se quel bianco e nero che a Hollywood ha fatto storia diventi l’assoluto protagonista di una vicenda a metà strada tra la follia e il sovrannaturale, il racconto graffiante dettato con una maestria ai limiti dell’encomiabile da una voce ruvida come l’asfalto. E non è certo un caso se, nel ruolo di Publisher, scopriamo un vecchio lupo come Actvision – che tutto è tranne che l’ultimo arrivato nell’Industry.

Proprio come quei sassofoni malinconici nelle serate cupe di una Chicago anni 30, White Night cerca di proporsi protagonista ambiguo e accattivante, pur senza riuscire a nascondere quella vena acerba tipica di un regista alle prime produzioni. Perché in un’incalzante danza bicromatica sui passi dei classici del terrore si sa, è facile inciampare: ma anche un vecchio grammofono divorato dalla polvere, di tanto in tanto, merita di essere ascoltato sino alla fine.

White Night

Piattaforma: PC, PS4, Xbox One

Genere: Survival Horror

Sviluppatore: OSome Studios

Publisher: Activision

Giocatori: 1

Online: Assente

Lingua: Testi in italiano, Audio in inglese

Versione Testata: PS4

Nulla è quel che sembra al pallido chiaror di luna. Quella strada che separa casa dall’ultimo whiskey della sera, quel quarto di miglio che conosci a menadito e, metro dopo metro, sembra volerti sbattere in faccia tutti gli insuccessi della tua vita, di colpo può esserti fatale. E l’ultima sbronza delle tante in un’America attraversata dalProibizionismo si trasforma nel lasciapassare per un incubo ad occhi aperti. Una figura esile e luminosa in un mondo divorato dall’oscurità è l’ultima cosa che vedi a pochi metri dal cofano della tua auto, prima di finire fuori strada contro un albero e, poco dopo, di risvegliarti dolorante in fin di vita. Inizia così l’avventura del nostro eroe senza nome, un Humphrey Bogart tutto impermeabile e Borsalino alla ricerca di aiuto in una casa disabitata all’apparenza, ma che cela al suo interno orrori inimmaginabili. Un regno dove l’oscurità ha preso il sopravvento, e dove il fioco illuminare di un cerino o di una lampada può non essere sufficiente.

Inizia così l’avventura del nostro eroe senza nome, un Humphrey Bogart tutto impermeabile e Borsalino alla ricerca di aiuto in una casa disabitata solo all’apparenza

Se di norma la componente grafica rappresenta uno degli elementi conclusivi di gran parte delle nostre recensioni, difficile questa volta non iniziare proprio dalla direzione artistica del titolo OSome Studios. Impossibile non restare ammaliati dalla penetrante bicromia di White Night, che “colora” ogni elemento su schermo esclusivamente di bianco e nero abbandonando senza remora alcuna ogni sfumatura intermedia. Luce e oscurità sono l’elemento portante non solo in questa peculiare ottica artistica, ma trovano la propria collocazione naturale anche in un contesto ludico. Per evitare di essere inghiottiti dalla tenebra sarà necessario trovare una fonte luminosa, unica concessione cromatica in questo affresco ad alto contrasto, sia essa una provvidenziale lampada nel cuore di una stanza, sia essa la flebile fiammella di un fiammifero. E proprio questi ultimi, come vedremo a breve, rappresentano l’ancora di salvezza del nostro silenzioso protagonista.

White Night è un survival horror vecchia scuola, dalle fortissime reminiscenze alla Alone in the Dark – con cui condivide quel set di telecamere fisse destinato a divenir legge nei primi Resident Evil o Silent Hill. Le regole di cui si compone il gameplay sono semplici, basate su un mix di esplorazione e risoluzione di enigmi ambientali complessivamente vari e ben congegnati. Non c’è in White Night una componente action vera e propria: il titolo OSome Studios è un horror story driven, che chiede al giocatore di essere affrontato a piccoli passi osservando qualsiasi elemento lo scenario abbia da offrire. Il tutto, inutile dirlo, a patto di avere abbastanza fiammiferi a disposizione: quella “sporca dozzina” di cerini di cui saremo equipaggiati tende ad affievolirsi alquanto rapidamente, e a rimanere completamente al buio si rischia di impazzire.

L’oscurità, tuttavia, non rappresenta il nostro unico problema. Immerse nell’ombra, figure spettrali dalle fattezze femminili attendono minacciose, condannando il nostro alter ego a morte istantanea qualora vi fosse un contatto. A meno di non trovare una fonte di luce elettrica funzionante (una situazione normalmente legata alla soluzione di uno specifico enigma), l’unica cosa da fare per non incappare in un game over prematuro rimane fuggire a gambe levate, sperando di avere fiammiferi a sufficienza per raggiungere una zona sicura. O, dovesse arriderci la fortuna, un punto di salvataggio, una polverosa poltrona immersa nella penombra che, per essere “attivata”, richiederà di sprecare l’ennesimo fiammifero.

White Night è un survival horror vecchia scuola, dalle fortissime reminiscenze alla Alone in the Dark.

Alla luce di tutto questo, muoversi nei sei livelli di cui si compone White Night appare un’impresa facile solo a parole: la scarsità perenne di fiammiferi a nostra disposizione (presenti tuttavia in ragionevole abbondanza nelle stanze della magione) e, linearmente con l’avanzare del playthrough, la presenza massiva di entità inattaccabili,aumentano vertiginosamente l’ansia del giocatore obbligandolo a valutare di volta in volta se valga la pena saltare nel buio (nel vero senso della parola) di una nuova stanza o, piuttosto, sprecare un paio di cerini in backtracking sino alla poltrona più comoda. Inutile dire che l’esplorazione ripaga enormemente, arricchendo di dettagli interessanti una narrazione esemplare. La contestualizzazione storica nella crisi dell’America anni ’30, narrata con spaccati, diari e lettere degli allor abitanti di questa villa maledetta, non è un semplice esercizio di stile dei ragazzi di OSome, che offrono al contrario una sceneggiatura veritiera, profonda e articolata al cui fascino è difficile, se non impossibile, restare immuni.

  • Qualche bicromatico scatto rubato da White Night.
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Al netto di una direzione artistica sui generis e di un tessuto narrativo quasi impensabile per una produzione dai natali comunque indie, tanta è la qualità, non possiamo chiudere un occhio su alcune “ombre” del gameplayche, in un modo o nell’altro, ridimensionano sensibilmente l’esperienza di White Night. Un po’ come accadeva con i vecchi survival horror, non capita così raramente di dover invertire bruscamente la direzione di marcia in concomitanza di un cambio di inquadratura: il che magari non è eccessivamente drammatico quando i fantasmi sono altrove, ma rischia di essere fatale già a partire dal terzo livello. Col proseguire dei capitoli, infatti, complessità degli enigmi e presenza nemica aumentano di pari passo: ma se i primi riescono ad offrire un livello di sfida stimolante per tutta la durata dell’avventura, numero e dislocazione degli spettri rischiano di indurre seria frustrazione in chi gioca. Non bastassero le morti improvvise causate da un’inquadratura beffarda, che nasconde sadicamente il nostro aguzzino, troppe volte basta un misero passo in più per finire tra le braccia spettrali e trovarsi a ricaricare l’ultimo check point. E considerando la dislocazione delle famigerate poltrone, tutto tranne che accomodante, non è così improbabile trovarsi costretti a ripercorrere allo sfinimento la medesima sezione.

Nelle parti avanzate di White Light, non è così improbabile trovarsi costretti a ripercorrere allo sfinimento la medesima sezione

Volendo essere puntigliosi, la scelta cromatica alla base di White Light rende alle volte difficoltoso reperire gli elementi atti a risolvere i vari enigmi, nonostante gli appositi indicatori su schermo. Per quanto possa essere tedioso girare in tondo per interi minuti senza aver ben chiaro in mente cosa fare, siamo tuttavia convinti cheparte della bellezza della componente esplorativa del titolo derivi anche dalla soddisfazione insita nel risolvere puzzle all’apparenza insormontabili. Riuscirci senza dover ricaricare la partita una dozzina di volte, purtroppo, è tutta un’altra storia. Nulla da dire, infine, per quanto concerne il sound design, strepitoso nel riprodurre quei rumori subdoli che contraddistinguono la più classica delle case stregate. Il tutto condito da unacolonna sonora indiscutibilmente magistrale, che pesca dal repertorio jazz più tormentato, alternando il tutto a brevi toccate di pianoforte. Struggente, graffiante, malinconica.

Il suggestivo trailer di White Night.

In conclusione…

Se un titolo indipendente arriva su PC, PS4 e Xbox One sotto etichetta Activision, un motivo ci deve essere per forza. E di motivi per essere apprezzato, White Night ne ha parecchi: una direzione artistica unica nel suo genere, una colonna sonora che non sfigurerebbe in gran parte delle pellicole noir più celebri, una trama narrata con una maestria degna del miglior sceneggiatore. Il titolo di OSome Studiosstupisce per un coraggio al limite dello sfacciato: non è facile terrorizzare, o comunque sobillare ansia nel giocatore, usando una palette cromatica bicolore. Ma tant’è, e nonostante alcune impasse di un gameplay dove lo stile è funzionale ai canoni del survival horror, White Night destabilizza, fa saltare sulla sedia, fa imprecare quando la conta dei fiammiferi precipita paurosamente verso quello zero impietoso che, ormai lo sapete, significa morte sicura.

Nel primo titolo dello sviluppatore francese c’è molto più di quello che si potrebbe pensare ad una rapida occhiata. Luce e ombra, bianco e nero, Bene e Male. Perchè, alla fine della fiera, White Night ricorda come in ciascuno di noi esista sempre un lato oscuro e uno luminoso: e non sempre basta un fiammifero per far sì che il secondo prevalga sul primo.

Voto: 8/10

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