Wolfenstein Cyberpilot immagine in evidenza

Wolfenstein Cyberpilot – Recensione

C’è solo una cosa più goduriosa del massacrare orde di nazisti digitali: massacrare orde di nazisti digitali a bordo di un mech d’assalto, magari in realtà virtuale, grazie alle potenzialità offerte da PlayStation VR.

Wolfenstein Cyberpilot si presenta così, come un prodotto semplicemente irrinunciabile per chi è cresciuto detestando la dittatura tedesca e guardando innumerevoli anime giapponesi con protagonisti giganteschi robot armati di tutto punto per difendere deboli ed innocenti.

Eppure, contro qualsiasi pronostico, la produzione Bethesda è semplicemente un prodotto mediocre, deludente, tutt’altro che in linea con il nuovo e sorprendente corso intrapreso dalla serie, inaugurato nel 2014 con Wolfenstein: The New Order.

Le premesse, se non altro, riescono nell’intento di illudere l’ignaro utente. Nei panni di un hacker costretto in sedia a rotelle, potrete dare una mano alla Resistenza controllando, per l’appunto, un terzetto di armatissimi robot, al fine di propagare morte e distruzione per le strade di Parigi. Al pari del recente Wolfenstein: Youngblood, difatti, il gioco è ambientato nella capitale francese, sempre nel 1980, configurandosi così come una sorta di spin-off.

Nulla da recriminare per la banalità dell’incipit di per sé, né per la piattezza dell’intreccio narrativo in generale, non fosse che si individuano immediatamente ben due, grossissimi, difetti. L’avventura non solo si conclude in meno due ore, ma tale lasso di tempo è ben lontano dall’essere memorabile, emozionante, adrenalinico.

La scelta di una coppia di Move come unico sistema di input se da una parte favorisce l’immedesimazione, non fosse per l’ormai cronica imprecisione degli ormai arretrati controller di Sony, dall’altra ha costretto gli sviluppatori a sacrificare il ritmo d’azione.

L’azione è lenta, a tratti ragionata, nei peggiori dei casi resa difficoltosa da alcuni ostacoli da aggirare goffamente

A bordo di lenti mech, mossi da una combinazione fortunatamente azzeccata di pulsanti, non c’è spazio per l’esplorazione, visto che il percorso da seguire sarà sempre e solo uno, né per corse forsennate dettate e guidate unicamente dall’istinto di abbattere e distruggere ogni cosa che ostacoli il proprio percorso.

Al contrario, l’azione è lenta, a tratti ragionata, nei peggiori dei casi resa difficoltosa da alcuni ostacoli da aggirare goffamente.

Nei quattro livelli che compongono la campagna potrete controllare tre diversi mech. Il Panzerhund si fa strada grazie al suo lanciafiamme ed è in grado di abbattere interi schieramenti di soldati con il suo attacco malee. Il Drone, dal canto suo, sottende un gameplay più votato allo stealth, contando nel suo arsenale solo un raggio elettrificante a corto raggio ed un dispositivo grazie al quale può hackerare i terminali nazisti. Il Zitadelle, infine, giustifica la sua immensa mole montando una mitragliatrice gatling su un braccio ed un lanciarazzi nell’altro.

Per quanto il gioco si sforzi di offrirci la possibilità di mettere a ferro e fuoco ambientazioni ed interi plotoni di soldati, la ridottissima interattività dello scenario e la rudimentale I.A. che controlla i nemici mortificano ogni slancio, ogni entusiasmo.

Come se non bastasse, tra una missione e l’altra dovrete sorbirvi i lunghissimi monologhi dell’operatrice Maria, la quale, non contenta, vi affiderà persino minuscoli incarichi ripetitivi e frustranti, utili a rimettere in funzione i robot che poi andrete ad utilizzare sul campo di battaglia.

 

Conclusioni

Graficamente tutt’altro che esaltante, enormemente penalizzato da un level design quanto mai lineare e da un’I.A. estremamente limitata, Wolfenstein: The New Order si configura come un pessimo FPS in realtà virtuale anche a causa di un sistema di controllo non particolarmente preciso e di una longevità quasi ridicola.
Per quanto si possa essere fan della saga, per quanto si possa trovare eccitante l’idea di manovrare un potente mech d’assalto, votato esclusivamente allo sterminio di nazisti, non c’è una ragione realmente valida per imbracciare i Move, indossare il PlayStation VR ed immergersi in quest’avventura.
Vomitare piombo sui soldati nazisti a bordo di un gigantesco Zitadelle regala certamente un minimo di divertimento, ma il prezzo da pagare, considerando tutto il resto, resta comunque troppo alto.

Recensioni correlate

Tutte le recensioni