In un periodo di forti polemiche nel mondo dei videogiochi, non ultima quella che riguarda l’importanza o meno del comparto online in una specifica produzione, uno sparatutto grandioso come Wolfenstein II risalta ancora di più.
La scelta (coraggiosa) di non inserire per una seconda volta una qualsivoglia modalità online nel titolo sviluppato da MachineGames è un passo importante, soprattutto se si pensa che ormai tutti i più moderni shooter in prima persona basano la loro fortuna sugli scontri multigiocatore.
Ma una saga come quella di Wolfenstein non ne ha mai avuto bisogno (o quasi): il carisma di B.J. Blazkowicz, la longevità della campagna e le collaudate dinamiche di combattimento sono tutti fattori intrecciati con una maestria senza pari, impreziositi da una trama articolata e mai banale, che tiene incollati fino alla fine. Wolfenstein II: The New Colossus rappresenta tutto ciò che ci si aspettava dal seguito di The New Order, confermando la bravura e l’inappuntabile qualità del lavoro svolto dalla software house svedese in maniera universale.
La narrazione di Wolfenstein II non si perde in inutili preamboli, ma riprende esattamente dov’era terminata la nostra ultima avventura nei panni insanguinati di “Terror Billy” che, dopo la morte di Deathshead, giace morente in attesa dei soccorsi. Soccorsi che per fortuna non tardano ad arrivare e nonostante le gravi ferite, riescono a salvare il Capitano. Nel delirio post-operatorio, Blazkowicz rimembra alcuni travagliati avvenimenti del suo passato, tra cui le continue violenze perpetrate dal padre su di lui e sua madre, entrambi di origine ebrea.
I mesi passano e la resistenza anti-nazista, grazie anche alle nostre azioni, riesce a rubare un gigantesco sottomarino dell’esercito chiamato Il Martello di Eva, che fungerà in seguito da vera e propria base operativa e potrà essere liberamente esplorabile poco dopo il frenetico prologo.
Il recupero di BJ è infatti molto lento e le sue condizioni di salute, per quanto stabili, sono preoccupanti. Per di più, un’improvvisa imboscata nemica costringe il nostro eroe a risvegliarsi prematuramente, obbligandolo a dispensare piombo niente poco di meno che da una sedia a rotelle. Stanco, debole e svilito dall’apparente inesauribile potenza nemica, Blazkowicz si fa strada nei freddi corridoi del sottomarino con innaturale debolezza, in parte dovuta alle precarie condizioni di salute e in parte alla sieda che in termini di gameplay, ci rallenta e rende i movimenti e la mira estremamente imprecisi.
Tuttavia l’inizio dell’avventura è adrenalina pura e attraverso alcuni passaggi riesce anche a fare da rapidissimo tutorial per i giocatori meno esperti, sublimando in uno dei momenti più violenti e drammatici dell’intera esperienza, che segnerà Blazkowicz nel profondo, rendendolo più determinato che mai a porre fine all’egemonia tedesca una volta per tutte.
In alcune occasioni l’IA ostile ci è sembrata migliorata rispetto allo scorso capitolo
Che Wolfenstein sia sempre stato un gioco ostico da affrontare, lo sappiamo, ma con questo The New Colossus, MachineGames setta nuovi livelli di difficoltà che si palesano attraverso scelte di gameplay che non esitiamo a definire “crudeli”: un esempio è l’energia del protagonista che per buona parte dell’avventura non salirà mai sopra ai 50/100, il che vuol dire che senza protezioni basteranno un paio di colpi per andare al tappeto. Questo spinge obbligatoriamente verso un approccio più ragionato, calmo, quasi da stealth-game, cercando di sfruttare al meglio l’ambiente circostante e l’abbondante equipaggiamento fornitoci. Da una parte, un level design ispirato e suggestivo permette di ricorrere ad escamotage ingegnosi, come una botola per allontanarsi di soppiatto o un contenitore esplosivo per mettere fuori gioco più soldati in un colpo solo, dall’altra le tantissime armi disponibili (ognuna delle quali può essere potenziata con appositi kit sparsi nei vari livelli) assicurano una insuperabile potenza di fuoco, a patto di muoversi con velocità e scaltrezza, senza mai sostare a lungo nello stesso punto. Questo perché le truppe nemiche si muoveranno in maniera intelligente e cercheranno sempre di aggredire da più direzioni per non lasciare scampo.
In alcune occasioni l’IA ostile ci è sembrata migliorata rispetto allo scorso capitolo, grazie ad un miglior sfruttamento delle coperture e una soglia d’attenzione fuori dall’ordinario; è comunque possibile sorprendere i nemici e aggredirli agilmente alle spalle, ma soprattutto ad alte difficoltà, agire senza ragionare vi porterà quasi sempre alla morte. Molte delle aree da esplorare sono intervallate da zone ad alta densità nemica, dove solitamente sono presenti anche i comandanti, gli unici capaci di attivare un allarme che trascinerà immediatamente sul luogo decine di nazisti dal grilletto facile. A meno che non vi piaccia ripetere un determinato checkpoint fino allo sfinimento, sarete praticamente obbligati a muovervi nell’ombra ed agire nel più totale silenzio.
Il gameplay di The New Colossus non rappresenta una vera e propria rivoluzione, bensì un aggiornamento di quanto di buono si era già visto in The New Order. Tralasciando alcune piccole novità legate alla corazza che indosserà BJ Blazkowicz (che preferiamo non rivelarvi), il sistema di miglioramenti rimane legato a tutta una serie di sfide che, se completate andranno automaticamente a potenziare alcune abilità specifiche. Ad esempio, eliminando un determinato numero di nemici senza essere visti consentirà di muoversi più rapidamente da accucciati, oppure l’uccidere con colpi alla testa migliorerà la precisione delle armi e così via. Una volta vicini al completamento, il vostro punteggio comparirà sullo schermo, permettendovi anche di capire quanto siete vicini all’obiettivo della sfida. A questo si aggiungono i kit per le armi che invece vanno trovati, raccolti e installati prima di poter essere utilizzati. Questi kit permettono di perfezionare alcuni aspetti bellici in maniera sostanziale, cosa da non sottovalutare in quanto le forze del Führer diventeranno sempre più forti man mano che la campagna proseguirà: droni d’assalto, cani rabbiosi, soldati corazzati e robot dotati di artiglieria pesante sono solo alcune delle tipologie nemiche che sarete chiamati ad affrontare, per cui un adeguato equipaggiamento è prerogativa fondamentale per riuscire a superare le (moltissime) difficoltà che incontrerete.
Anche in questo sequel è possibile impugnare due armi contemporaneamente (uguali o diverse) per raddoppiare la già elevata potenza di fuoco e falciare decine e decine di luridi fascisti, a scapito della precisione e delle scorte di munizioni: non il massimo in termini di comodità, ma vogliamo mettere la soddisfazione?
Possiamo ammirare il catastrofico risultato dell’ucronia ideata da MachineGames
Abbiamo già parlato del Martello di Eva, sottomarino nucleare che i compagni di Blazkowicz sottraggono ai nazisti durante la sua convalescenza. In termini di gameplay, la base rappresenta un po’ l’HUB principale del gioco e ci permetterà di riempire i tempi morti parlando con i carismatici personaggi secondari, raccogliere collezionabili come bozzetti o carte della fortuna, migliorare le nostre prestazioni al poligono di tiro oppure svolgere alcuni dei compiti secondari che ci vengono assegnati, tra cui quella di decifrare i codici Enigma ritrovati sui corpi dei comandanti nemici, che permettono attraverso un simpatico minigioco di identificare importanti bersagli a cui successivamente dare la caccia (attività che potrà essere svolta anche dopo la fine dell’avventura, che arriva dopo circa 16 ore). Ciò rappresenta senza dubbio uno dei principali valori aggiunti della produzione svedese, che anche dopo l’end-game prolunga l’esperienza del giocatore, grazie ad una serie di attività facoltative interessanti che ben si amalgamano con tutto il resto.
Lo stesso si può dire per la direzione artistica, di altissimo livello, soprattutto a causa di ambienti molto più vasti e complessi rispetto al passato. Al di là delle asettiche basi naziste, rappresentate quasi sempre con lugubri corridoi metallici, stanze grigie e spente, e hangar ricolmi di misteriosi armamentari, Wolfenstein II propone molte affascinanti ambientazioni che ci permettono per la prima volta di ammirare il catastrofico risultato dell’ucronia ideata da MachineGames, tra i palazzi di una Manhattan devastata dalla bomba atomica, tunnel metropolitani abitati ormai solo dagli scheletri dei pochi fortunati sfuggiti alle radiazioni, fino ad arrivare al cuore del Reich, fatto di basi sotterranee e armamenti bellici avanzati.
In questo 2017 così florido dal punto di vista videoludico, Wolfenstein II si erge alla pari dei più grandi
Pur trattandosi di un’opera fittizia, la desolazione è così ben rappresentata da risultare palpabile in alcuni punti, complici le ottime cut-scene d’intermezzo recitate in maniera convincente, dove gli sviluppatori sono riusciti a concentrare tutti gli elementi necessari al giusto impatto emotivo. Per non parlare di Frau Engel, un personaggio dalle straordinarie sfaccettature, una figura cardine di questo titolo, la cui genuina malvagità esplode già dopo i primissimi minuti di gioco e vi costringe a mettere in discussione il significato stesso di “orrore”. Insomma, anche dal punto di vista narrativo, Wolfenstein II colpisce lì dove siamo più sensibili e lo fa dannatamente bene. Dal punto di vista tecnico, pur non essendo rivoluzionario, The New Colossus supera dignitosamente la prova: su PlayStation 4 Pro i 60FPS sono granitici, i caricamenti rapidissimi ed il colpo d’occhio, soprattutto all’aperto, è molto soddisfacente. Abbiamo notato alcune compenetrazioni poligonali e piccole imperfezioni nei movimenti degli NPC, ma nulla che faccia gridare allo scandalo. Plauso anche alla direzione del doppiaggio italiano, perfettamente gestito e molto professionale, andando ad accostarsi ai sempre più numerosi esempi di eccellenza nostrana in campo videoludico.
Wolfenstein II: The New Colossus è un vero gioiellino. Uno sparatutto in prima persona deliziosamente old-school che non faticherà a far breccia nei cuori degli appassionati di vecchia data, quanto in quelli dei giocatori più giovani. La sua forza risiede in un gameplay estremamente funzionale e dinamico, in una narrazione completa ed articolata (cosa per nulla scontata nel genere d’appartenenza) e nel fatto che ammazzare i nazisti non passa mai di moda. Avremo preferito maggior coraggio nella diversificazione delle situazioni che BJ si trova a dover affrontare di volta in volta, ma tutto sommato la formula funzionava bene prima e funziona bene ancora oggi. La decisione di focalizzarsi esclusivamente sulla campagna single-player ha dato ancora una volta ragione alla software house svedese, che dopo tre anni e mezzo di astinenza sforna un’altra gemma, ulteriore motivo di orgoglio per una saga che già col precedente gioco aveva ritrovato il consenso del pubblico. In questo 2017 così florido dal punto di vista videoludico, Wolfenstein II si erge alla pari dei più grandi. |