wolfenstein: youngblood
25 Lug 2019

Wolfenstein: Youngblood – Recensione

I roboanti anni ’80 sono un periodo davvero apprezzato, ritornato in auge negli ultimi tempi grazie a libri, serie TV, film e videogiochi. Persino la serie Wolfenstein non ha saputo trattenersi dallo sfruttare il potenziale dei ritmi synth e delle indimenticabili ambientazioni di quel decennio, ed ecco quindi che MachineGames ci porta nei suoi personalissimi anni ’80 alternativi con Wolfenstein: Youngblood. Annunciato durante l’E3 dello scorso anno, Youngblood è stato una sorpresa: non solo il protagonista non è più l’amatissimo B.J. Blazkowicz, ma il gioco è per la prima volta completabile assieme a un amico in modalità cooperativa.

Come vi dicevo, siamo negli anni ’80 alternativi della serie Wolfenstein: i nazisti hanno vinto la seconda guerra mondiale imponendo il loro dominio sul mondo, ma non per molto. Grazie al tostissimo B.J. i tremendi tedeschi hanno perso ben tre leader (Wilhelm “Deathshead” Strasse, Irene Engel e anche Adolf Hitler) e persino gli Stati Uniti d’America, ora conosciuti come America Liberata. Sono passati vent’anni dalla guerra per gli USA: i nazisti si sono trincerati in Europa, un territorio sempre più instabile per via delle numerose cellule della resistenza all’occupazione germanica.

In patria, un più vecchio B.J. Blazkowicz è inquieto: forse insoddisfatto dalla “calma” vita rurale di tutti i giorni, di punto in bianco scompare senza avvertire la moglie Anja e le due figlie, le gemelle Jessica e Sophia. Forse spinto dalla voglia di tornare in azione, il nostro nerboruto omaccione sparisce in Europa, mandando in panico la sua famiglia. Ma le due ragazze non si danno per vinte e decidono di andare alla ricerca del padre fino a Parigi, l’ultima città che il buon B.J. sembra aver visitato prima della sua scomparsa. Jess e Soph sono le due protagoniste di Youngblood: due ragazze giovani e inesperte ma con il sangue dei Blazkowicz nelle vene e l’innato talento nel massacrare nazisti.

Wolfenstein: Youngblood

Lo ammetto, Wolfenstein: Youngblood è abbastanza coraggioso nel voler abbandonare l’amatissimo B.J. a favore delle sue figlie: Jess e Soph sono personaggi praticamente sconosciuti, eppure il primo contatto con loro restituisce un feeling familiare. Tuttavia il gameplay, per quanto simile nei comandi e nelle reazioni al “vecchio” modello, si discosta totalmente dalla serie per quanto riguarda il sistema di progressione del personaggio. Le sorelle Blazkowicz avranno infatti un livello di combattimento, esattamente come in un gioco di ruolo occidentale. Uccidendo nemici e compiendo missioni guadagneremo esperienza per aumentare di livello e avere così accesso a nuove skill da comprare con i punti guadagnati nel gioco. Per quanto sembri interessante sulla carta, questo sistema di progressione non mi ha convinto per niente: le skill sono molto semplici (+25 armatura, +25 salute, scarto laterale ecc) e il livello attuale del personaggio “blocca” l’avanzamento nell’albero delle abilità se non si raggiunge un determinato requisito (per le skill di secondo grado serve raggiungere almeno il livello 20 e via dicendo).

Le sorelle Blazkowicz hanno un livello del personaggio, esattamente come in un gioco di ruolo occidentale

Insomma, è come se MachineGames non abbia creato un sistema di progressione ad hoc per Wolfenstein: Youngblood ma avesse semplicemente compresso, modificato e revisionato quello presente in The New Colossus per adattarlo alla struttura simil-GDR del nuovo capitolo. Una scelta che si ripercuote anche sui nemici, che adesso avranno un livello più o meno alto a seconda delle zone di Parigi che visiterete: questo significa che se per caso finite nella zona sbagliata (specie a livelli bassi) troverete nemici in grado di uccidervi in un solo colpo o quasi, non importa quanto bravi siate negli shooter o quanta bassa sarà la difficoltà impostata. Questa particolarità imporrà un po’ di grinding prima di cimentarsi nelle missioni più impegnative, pena una morte reiterata e frustrante nelle zone più calde della mappa.

Wolfenstein: Youngblood

Anche la personalizzazione delle armi è penalizzata dal sistema di progressione: il vostro arsenale necessiterà di monete per essere migliorato, ma la maggior parte dei potenziamenti sarà bloccato dietro al muro del livello, costringendovi (nuovamente) al grinding per raggiungere i requisiti richiesti. Diverso il caso delle skin di gioco, le quali invece possono essere acquistate con le monete reperibili sul campo di battaglia. Insomma, il potenziale del gioco sembra leggermente castrato da un sistema di progressione che appare a tratti forzato; probabilmente MachineGames volendo “spingere” la giocabilità quasi interamente sul comparto multiplayer ha pensato di modificare il sistema di progressione per renderlo più simile a un gioco di ruolo online, senza però la stessa accessibilità. Se in un GDR ci sono equilibri e meccaniche ben precise, con skill e poteri/magie, in uno sparatutto in prima persona l’idea di azzerare l’abilità del giocatore (con nemici impossibili da abbattere) per forzare la crescita del personaggio appare sbilanciata e poco pratica (e a tratti frustrante).

Se finite nella zona sbagliata troverete nemici in grado di uccidervi in un solo colpo o quasi

L’hub di gioco di Wolfenstein: Youngblood è situato nelle catacombe di Parigi, e funziona in maniera simile al Martello di Eva di The New Colossus. Nel rifugio della resistenza francofona troveremo diversi personaggi non giocanti con cui scambiare due parole, vari oggetti nascosti da trovare e nuove missioni secondarie da portare a termine nei quartieri parigini. Inoltre c’è una postazione, gestita da Abby Caldwell/Walker (la figlia di Grace Walker di The New Colossus), dedicata alle sfide giornaliere e settimanali. Dalla base segreta della resistenza potremo raggiungere i vari quartieri di Parigi per completare gli incarichi e cercare così di liberare la città.

Wolfenstein: Youngblood

Durante le nostre scorribande in città potremo imbatterci nella solita pletora di collezionabili da raccogliere, più altre “mini quest” che spunteranno qui e là (una chiamata ci avverte dell’arrivo di un gerarca da eliminare, una bomba da piazzare e via dicendo). In caso la nostra salute finisca a zero avremo a disposizone un po’ di tempo per cercare di farci rianimare da nostra sorella; in caso anche lei fosse ferita perderemo una vita condivisa (ne possiamo avere al massimo tre), esaurite le quali sarà game over e saremo costretti a ricominciare da capo il livello.

Va detto che giocare in cooperativa è caldamente consigliato ma non obbligatorio; nel menù principale potremo infatti decidere se ospitare una partita, unirci a qualcuno oppure giocare offline. In quest’ultimo caso l’altra sorella sarà gestita dall’intelligenza artificiale (che non è delle più sveglie: se la vostra salute finisce a zero in posti poco accessibili come balconi o sopraelevate, lei non riuscirà a rianimarvi) per permettere anche a chi non ama il multigiocatore di godersi l’esperienza offerta da Wolfenstein: Youngblood.

Tecnicamente il gioco si presenta graficamente gradevole e l’ambientazione parigina è resa molto bene. C’è un po’ di legnosità su alcuni modelli ma nulla di così incisivo: generalmente le espressioni dei personaggi sono rese al meglio. Da rivedere lo spawn dei cattivoni, che è capitato apparissero letteralmente dal nulla di fronte a me iniziando a sparare urlando in tedesco. Qualche bug e qualche sbavatura qua e là sono facilmente correggibili con una patch, che probabilmente arriverà in tempo per il day one di domani. Ottimo invece il comparto audio, con un doppiaggio di buon livello in italiano (ma superbo in inglese) e musiche adatte al periodo storico, con ottimi pezzi a base di sintetizzatore che scaturiscono l’inconfondibile vibe anni ’80.

Conclusioni

Wolfenstein: Youngblood è un’aggiunta interessante alla serie, che si prende il coraggio di lasciare da parte il protagonista principale per aprire una nuova porta in un’epoca sconosciuta al franchise fino ad ora. Jess e Soph sono carismatiche quanto basta per prendere il posto del padre senza farcelo rimpiangere, e devo ammettere che l’ambientazione parigina è davvero ottimamente realizzata, credibile e ben collocata nel contesto di una distopia anni ’80.

Peccato per il sistema di progressione, che a mio avviso poteva essere realizzato diversamente e implementato in modo da non rendere alcuni scontri troppo frustranti o letteralmente impossibili. Ma i contenuti offerti da Youngblood sono così tanti e vari che si passa facilmente sopra a questi difetti, anche considerando il prezzo di lancio che è forse uno fra i più invitanti (40,98 euro per la Deluxe Edition) per un capitolo della serie.

 

 

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