world of warcraft legion
08 Set 2016

World of Warcraft: Legion – Recensione

C’è un’enorme spada di Damocle che incombe sul capo di World of Warcraft: Legion. Una spada enorme tanto quanto l’aspettativa di un esercito di fedelissimi, quello della celebre miniera d’oro targata Blizzard, vittima sì di un’emorragia significativa di sottoscrizioni negli ultimi dodici mesi ma, allo stesso tempo, difficilmente pareggiabile in termini schiettamente numerici. Perché è inutile girarci troppo attorno: l’eco della precedente espansione di WoW, la famigerata Warlords of Draenor, ancora oggi risuona non certo note piacevoli. Una partenza eccellente, forse persino al di sopra delle aspettative della stessa software house californiana, destinata a scemare progressivamente per poi mutare forma e assumere i toni del rammarico, delle aspettative deluse dall’assenza di contenuti a lungo termine. In molti hanno pensato che l’inizio della fine di WoW fosse alle porte, con un pallido presente privo di acuti memorabili che viveva del solo riflesso di un glorioso passato difficilmente replicabile. Ma difficile non significa certo impossibile: e nonostante la tiepida accoglienza iniziale ricevuta, la mission di Legion è esattamente questa. Portare nuovamente World of Warcraft al massimo della forma, dimostrando non solo che Blizzard può recuperare ampiamente il tempo perduto, ma che il calar di sipario nell’iconico universo dell’Orda e dell’Alleanza è un’evenienza ancora molto lontana.

World of Warcraft: Legion, passateci il momento poetico, è al contempo un’opera mastodontica e un atto di umiltà di Blizzard verso i propri utenti, un titolo dal potenziale inedito che, dopo una lunga e attenta gestazione, vuole far perdonare tutti gli errori della passata espansione. E sarà che l’esperienza al colosso di Irvine non manca di certo nel campo dei MMORPG – del resto, siamo di fronte alla sesta reiterazione ufficiale dell’IP: ma in oltre dieci anni di onorata attività non ci siamo mai ritrovati tra le mani un’espansione così completa, avvincente e ricca come Legion. Alla faccia di chi ancora ne parla male …

World of Warcraft Legion

Rispetto al passato, Legion ha nella propria narrativa un vantaggio tutto tranne che marginale: parte piano, forse troppo piano, ma finisce col botto. Con un botto memorabile e apocalittico, se state dalla parte dell’Alleanza. Spoiler a parte, che possiamo garantirvi non incontrerete da qui alla fine di questa recensione, i primi passi nell’universo di Legion rischiano di lasciare spiazzati. Non per carenze oggettive di gameplay: piuttosto, l’assenza di criticità, di quella tensione palpabile che caratterizzava le battute iniziati della precedente espansione. Del resto, in Warlords of Draenor c’era da rimanere col fiato sospeso da subito: difficile dimenticarsi di quell’incursione in un territorio ostile dov’era apparentemente impossibile anche solo stabilire una zona “sicura”. La sinfonia numero 6 di Blizzard parte invece con più calma, regalando un paio d’ore introduttive dove il pericolo è una contingenza ragionevolmente remota e dove, sequenza iniziale a parte, di drammaticità se ne vede tutto sommato poca. Al che verrebbe anche da farsi qualche domanda: non fosse che basta avventurarsi pochi metri nelle regioni inedite e iniziare a districarsi tra le molte quest disponibili per accorgersi di come, mai questa volta, l’apparenza inganni.

Ciascuna delle nuove aree create dal team di sviluppo denota un’esperienza tanto narrativa quanto – e soprattutto – di level design ai massimi livelli. Queste zone sono estasianti, e catapultano il giocatore ancor prima che se ne accorga in un tunnel morboso di quest da cui difficilmente riesce ad uscire. Dalle meravigliose lande bagnate dalle acque di Azsuna, senza dubbio tra le location più ispirate di Legion, si passa a rovine elfiche sospese nel tempo, i cui cupi relitti sembrano evocano una bellezza malinconica. Una malinconia che incontreremo più e più volte nel corso di questa espansione, e che in quest secondarie come quella del principe fantasma alla ricerca di redenzione cerca di dare quell’ulteriore pizzico di maturità e profondità nello story-telling che, a conti fatti, arricchisce l’esperienza del giocatore. Giocatore che, nonostante la frequente desolazione a cui andrà incontro, non potrà fare a meno di divertirsi come (se non addirittura più) ai vecchi tempi.

Non ci siamo mai ritrovati tra le mani un’espansione così completa, avvincente e ricca come Legion.

Da un punto di vista di meccaniche di gioco, le quest in Legion ricalcano quanto già visto in precedenza focalizzandosi sui più tradizionali aspetti legati all’eliminazione dei nemici e alla raccolta di loot utile al proseguo dell’avventura. Blizzard però mantiene le promesse, e riesce nel difficile compito di trasformare ciascuna missione in un rebus di sciarade il cui esito difficilmente è prevedibile. Anzi, saranno molte le occasioni in cui il giocatore faticherà ad immaginarsi cosa lo attenda di lì a pochi metri, ben prima di completare la quest. Non mancherà di ritrovarsi nel mezzo di un attacco, magari sotto fastidiosi siluri di fuoco sparati da un mago non particolarmente benevolo, per accorgersi della presenza ravvicinata di qualche personaggio stravagante bloccato in una situazione ai limiti dell’assurdo. Nel corso del nostro playthrough ne abbiamo contato una dozzina buona – ma siamo sicuri che, in condizioni temporali meno strette, avremmo scoperto molti più casi umani.

Diciamo pure che dopo aver assistito a dei giganti che usavano come strumento di singolar tenzone un branco di marinai scoraggiati, facendoli combattere uno contro l’altro a mo di mostriciattoli giapponesi tascabili, pur non avendo visto “tutto” possiamo ritenerci soddisfatti. C’è umorismo, nonostante siano i toni epici e apocalittici a caratterizzare la storyline principale, e la volontà di mescolare le carte rendendo anche una banale missione secondaria imprevedibile e memorabile: un compito che non è facile nemmeno sulla carta, ma che i quest designer di Blizzard hanno saputo portare a termine come si deve. Il che, a ben vedere, è tutto tranne che un aspetto secondario: proprio come la differenza che esiste dal considerare uno dei numerosi punti di domanda presenti sulla mappa come l’ennesimo “compito per casa” per raggiungere il level cap di 110 o, piuttosto, un invito ad un più sano e diretto divertimento.

World of Warcraft Legion

Parlando proprio di endgame, il grosso delle incursioni e del divertimento per i giocatori più skillati tarderà ancora un po’, all’incirca un paio di settimane. Possiamo però fornire già da ora alcuni dettagli alla base del funzionamento delle World Quest, che in Legion si configurano come una furba rivisitazione delle tradizionali quest giornaliere: una trovata che certo, non sopperirà in alcun modo alla necessità di aggiornamenti critici nei mesi successivi alla release, ma allo stesso tempo dovrebbe garantire una costante “freschezza” all’espansione nelle settimane di attesa. L’imperativo è evidente: evitare una stagnazione palese di contenuti e di materiale giocabile, prevenendo così possibili delusioni e defezioni anticipate da parte dei giocatori. Le citate World Quest ricalcano la struttura della Modalità Avventura di Diablo III, con le intere Isole Disperse come teatro di gioco una volta raggiunto il fatidico 110: niente più aree circoscritte ove ripetere all’infinito le stesse missioni, insomma. La varietà di una mappa dalle dimensioni ragguardevoli, unita ad una altrettanto significativa varietà di obiettivi (anche giornalieri) che garantiranno al giocatore un bottino dalla bontà sempre crescente, dovrebbero bastare a scongiurare ogni eventuale impasse in stile Warlords of Draenor. Certo, se ne riparlerà a tempo debito quando avremo più chiaro l’andamento a regime di Legion: ma se una cosa è sicura, è che Blizzard ha imparato la lezione. E difficilmente commetterà gli stessi errori in questa fase.

Se il grinding spietato in ogni anfratto delle Isole Disperse dovesse mai preoccuparvi potete stare tranquilli, Blizzard ha una soluzione anche per questo. Una delle novità principali introdotte da questo Legion è rappresentata dalla cosiddetta Enclave di Classe, una sorta di quartier generale – rigorosamente suddiviso per classe di personaggio – al cui interno sarà possibile tirare il fiato per qualche minuto e dimenticarsi delle centinaia di missioni che ci attendono là fuori. In termini riduttivi potremmo paragonare le Enclavi alle Guarnigioni di Warlords of Draenor, laddove le prime godono di un’immediatezza e di una facilità di gestione nettamente maggiori: avremo ancora dei seguaci (stavolta chiamati campioni) alle nostre dipendenze da mandare da una parte all’altra del globo a caccia di avventure, ad esempio, ma non dovremo gestire più di cinque elementi in luogo delle dozzine presenti all’interno delle Guarnigioni. Il giocatore potrà inoltre allestire una piccola squadra di fedelissimi che, invece di svolgere le più svariate imprese al suo posto, potranno accompagnarlo nell’avventura, scoprendo nuove zone da esplorare. Non dovremo più preoccuparci nemmeno di erigere muri e aumentare il “livello” delle nostre costruzioni: piuttosto, potremo investire tempo e attenzione in un dedicato sistema di ricerca, che permette di potenziare la nostra base con specifici upgrade dedicati. Più snelle e gestibili delle precedenti installazioni, le Enclavi saranno inoltre “popolate” dai nostri fedeli amichetti: non che questo abbia alcuna influenza sul gameplay e sulle meccaniche di gioco all’interno delle basi, ma tornare a casa la sera e trovare qualcuno che vi aspetta (si fa per dire) è sempre meglio che fissare il soffitto di una Guarnigione in silenzio.

Se una cosa è sicura, è che Blizzard ha imparato la lezione.

Inutile sottolineare la presenza di una quantità generosa di missioni associate a ciascuna classe, una scelta oculata che contribuisce ad aumentare ulteriormente questo rinnovato senso di identità e appartenenza. Missioni ed esplorazione permettono di approfondire la lore della propria stirpe, apprenderne la tradizione e capirne il presente analizzandone le origini passate: e, ovviamente, permettono di utilizzare abilità, poteri speciali o incantesimi rari, che difficilmente avremmo potuto apprezzare al di fuori di questo contesto. Un sistema che funziona come un orologio svizzero e che regala soddisfazioni inedite all’interno di World of Warcraft: fare cose precluse ad altre classi, in effetti, giova non poco al proprio orgoglio. E proprio questo è uno dei principali punti di forza di Legion: un senso di appartenenza totale, destinato a tramutarsi quasi in affetto per il personaggio che si va ad impersonare. In Legion, insomma, non giocherete soltanto nei panni di un Druido o di un Cacciatore di Demoni: finirete per sentirvi davvero tali.

Ed è esattamente nei panni del nuovo personaggio di Legion che questo concetto di “identità” viene spinto al massimo. Il Demon Hunter è senza dubbio la classe più affascinante e meglio realizzata che, ad oggi, Blizzard abbia creato nel proprio fortunato franchise – nonostante la natura cupa con pericolose virate alla corrente emo sia stata bersaglio di critiche (più o meno “ironiche”, a ben vedere) da parte delle frange di affezionati più storici. Diciamo pure che quando vedrete questo simpaticone all’opera, trasformato in una mostruosità dal potere inimmaginabile e capace di friggere orde di Murloc vomitando raggi dai laser dagli occhi, probabilmente il suo stile opinabile passerà in secondo piano. A rendere il Cacciatore di Demoni così divertente, considerata la sua evidente natura da Damage-Dealer, è quell’agilità sovrumana che ne caratterizza i movimenti sia all’interno delle fasi combat, sia al di fuori. Che si tratti di un tuffo in volo rasente al suolo contro una piccola batteria di nemici, di un salto mortale all’indietro per evitare l’attacco avversario o, semplicemente, di utilizzare le ali da pipistrello per planare nell’aria e sferrare un attacco critico dall’alto, siamo indubbiamente di fronte ad una delle cose più belle e divertenti (tanto da vedere quanto da giocare) presenti in quel di Azeroth.
World of Warcraft Legion

Doveste decidere di affrontare Legion come Cacciatore di Demoni, fareste bene a tenere a mente che ciascun PG di questa classe parte dal livello 98: per poterne creare uno, sarà necessario avere almeno un personaggio esistente di livello maggiore o uguale a 70 sul server prescelto. Per dovere di cronaca, vi segnaliamo che un Demon Hunter potrà essere soltanto un Elfo della Notte o un Elfo del Sangue: sarà tuttavia possibile personalizzarne svariati aspetti (in perfetto stile Blizzard), che spaziano dai corni alle bende, passando per tatuaggi, colore della pelle o dei capelli. Il suo armamento primario è composto dalle leggendarie Lame della Guerra di Azzinoth (Illidan Grantempesta ne sa sicuramente qualcosa), fermo restante che sarà possibile equipaggiarlo con pugnali, armi bianche, spade o asce ad una mano – per ciascuna delle quali saranno possibili i tradizionali transmog. Della sua agilità sovrumana abbiamo già accennato prima, ma tra le sue mosse speciali vale la pena ricordare il Doppio Salto, ideale in accoppiata con il Glide (planata) per accedere ad aree segrete, e la Vista Spettrale, che permette di identificare nemici e tesori – entro un range di spazio ben definito – anche se nascosti dietro solide barriere.

L’ultima grande introduzione di questo Legion è rappresentata dagli Artefatti: ciascuna tra le classi disponibili potrà infatti godere di un’arma speciale e “unica”, che accompagnerà inesorabilmente il nostro PG sino alla prossima espansione crescendo al suo fianco. Gli artefatti disponibili sono 36, raggruppati per spec, più un trentasettesimo comune a ciascuna razza utile alla pesca. Si tratta di “ultimate weapons“, come recitato nel corso dello stesso playthrough, dal potere così elevato che non esiste un’altra arma tradizionale capace di eguagliarle: un colpo diretto al cuore degli irriducibili di World of Warcraft, che potranno godere di cimeli leggendari quali il MartelFato o il Brandicenere. Piano con l’entusiasmo: mettere le mani sull’Artefatto richiede di affrontare una quest specifica (che, come oramai avrete intuito, varia completamente in base alla scelta del personaggio effettuata), volta ad enfatizzare le abilità uniche derivanti dalla classe del nostro PG e a rivelare dettagli interessanti sulla lore degli appartenenti più celebri. Completando alcune missioni facoltative sarà possibile sbloccare forme “alternative” per l’Artefatto, alcune delle quali completamente differenti dal modello iniziale: si tratta tuttavia di modifiche estetiche, una sorta di trasmogrificazione esclusiva dell’Artefatto che però non va ad alterarne le statistiche.

Sarà difficile fare meglio di Legion.

Ogni Artefatto può essere interpretato come un albero di talenti aggiuntivo, il cui sviluppo è legato all’utilizzo dei cosiddetti Artifact Power (AP) – una sorta di moneta virtuale con cui verremmo ripagati dopo aver portato a termine determinate quest, completando dungeon speciali, lootando con la giusta dose di fortuna e via dicendo. Il meccanismo di upgrade è abbastanza intuitivo, e permette di sbloccare un Tratto dell’Artefatto investendo la quantità di AP richiesta: più “potente” sarà il Tratto che desidereremo sbloccare, maggiore sarà l’esborso di AP richiesto. Trattandosi di un processo non certo immediato (stiamo parlando di investimenti di milioni di AP come se piovesse, senza nemmeno progredire eccessivamente nella narrazione principale), sarà possibile velocizzare la manovra sfruttando alcune “scorciatoie”: potremo affidare un Word Order della durata di cinque giorni ai nostri campioni all’interno dell’Enclave, al fine di recuperare maggiori informazioni sulla fantomatica Arma – tradotti nell’acquisizione di quantitativi variabili di AP e nell’aumento della statistica Conoscenza dell’Artefatto. Più alto sarà il valore di questa stat e maggiore sarà il quantitativo di AP ulteriormente guadagnabili, oltre ad un boost di alcune caratteristiche dell’arma – aumento che sarà disponibile soltanto raggiunto uno specifico livello di conoscenza, per ora cappato a 25.
World of Warcraft Legion

In alternativa potremo ricorrere all’utilizzo delle Reliquie, gemme tanto rare quanto preziose che, una volta incastonate nell’artefatto, ne aumentano il livello e ne potenziano alcuni Tratti specifici. Le Reliquie possono essere craftate, anche se normalmente verranno droppate in instance o, per intenderci, ci arriveranno come loot più o meno casuale (esistono Reliquie Leggendarie per le quali sono previste specifiche quest, anche se nessuno vieta di imbattersi in una di esse durante un’esplorazione libera): sono presenti dieci tipologie di gemma – Arcane, Blood, Fel, Fire, Frost, Holy, Iron, Life, Shadow e Storm, ulteriormente suddivise nelle categorie Non Comuni, Rare e Epiche. Che dalla categoria dipenda la bontà della Reliquia rinvenuta è cosa abbastanza scontata, ma sappiate ce non tutti i tipi di Reliquia saranno compatibili con l’arma in nostro possesso. A tal proposito, ciascun Artefatto presenta tre spazi ove incastonare le Reliquie, con due di essi dello stesso tipo e il terzo facente storia a sé: sarà pertanto possibile combinare gemme di tipologia differente, sperimentandone direttamente in battaglia gli effetti. Largo alla sperimentazione, insomma, nella speranza che il loot almeno stavolta ci sia propizio.

Se dunque questo intricato meccanismo, tastiera alla mano, sembra funzionare molto più che egregiamente, non possiamo non tacere sull’unico dubbio legato alla new entry di Blizzard: la perdita di esclusività degli Artefatti. Perché è normale, in questi primi giorni di Legion la gara per impadronirsi del Brandicenere (l’arma prediletta dai Paladini) brucia i cuori di milioni di giocatori: gli stessi giocatori che da qui a pochi mesi vedranno una “svendita” generalizzata della propria arma prediletta. Certo, le customizzazioni (sia estetiche, sia tramite Tratti e Reliquie) degli Artefatti dovrebbero garantire una varietà ragguardevole negli armamenti di giocatori appartenenti alla medesima classe, ma è comunque innegabile come, alla lunga, il fascino legato ad un ammennicolo raro vada a sparire del tutto, specie quando esso così raro non lo è più. Ma è ancora presto per dare un giudizio: di sicuro, in casa Blizzard le idee non mancano.

Conclusioni

La nostra gloria più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta“. Questo diceva Confucio in tempi non sospetti, questo proclama oggi a gran voce Blizzard con World of Warcraft: Legion. La sesta espansione del MMORPG più famoso di tutti i tempi parte da fondamenta tutto tranne che solide visti i risultati sul lungo periodo di un colpevole predecessore: ma l’impasse precedente e l’accoglienza tiepida di un pubblico, mai come in questi ultimi mesi lontano dall’IP del colosso di Irvine, non hanno turbato il team di sviluppo, capace di sedersi attorno ad un tavolo con la lucidità e la maestria dei tempi migliori. E, soprattutto, capace di tirar fuori dal cilindro quel World of Warcraft che in tantissimi, da troppo tempo, aspettavano. Narrazione avvincente che attinge a piene mani da un universo smodato, che ripesca quella lore che da oltre un decennio affascina milioni di giocatori e porta alla superficie una storia indimenticabile, cupa e apocalittica ma davvero in perfetto stile WoW. Legion è questo e molto altro: l’attenzione riservata alle new entries, dal Cacciatore di Demoni alle Enclavi e agli Artefatti, denota la volontà di Blizzard di chiudere una pagina poco felice della propria storia recente e, con tutta l’umiltà del caso, di scriverne una nuova e meravigliosa.

Una pagina il cui intento è chiaro: allontanare ogni ragionevole spettro sul futuro incerto dell’Orda e dell’Alleanza, e al contempo richiamare a sé quel pubblico deluso da Warlords of Dreanor. Non possiamo ancora sapere se, da qui a un anno, Legion manterrà la parola data – lo stesso fece lo scorso anno, del resto: quanto abbiamo visto in questa prova, l’impegno che trapela da ogni modello sullo schermo, l’attenzione dedicata già da ora all’endgame e, soprattutto, la volontà di rivalsa della stessa Blizzard fanno però convergere le nostre supposizioni verso un’unica risposta. Che sì, forse sbagliavamo a dare World of Warcraft per morto: anche perché non avevamo ancora visto Legion. E sarà difficile fare meglio di così.

 

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